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Cuneo ha pagato un prezzo pesante alla seconda ondata per di più con studenti a casa

CUNEO

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GUIDO CHIESA - Su giornali e tv dilagano i numeri sulla malattia pandemica. Negli ultimi giorni l’attenzione è concentrata ossessivamente sul tasso di positività, ossia il rapporto tra i nuovi contagi del giorno e i tamponi effettuati. In realtà questo parametro non serve per farsi un’idea sull’andamento del contagio. Anzi, tende a confondere le idee ai cittadini perché varia di giorno in giorno per i motivi più disparati.

Ben più utile è l’analisi dell’andamento di altri parametri, opportunamente modificati sulla base dei 7 giorni per eliminare la variabilità dei dati nel fine settimana. Utile è pure confrontarli con l’andamento degli stessi parametri durante la prima fase.

Cosa ci dicono queste analisi?

Ci dicono che la chiusura delle zone rosse e arancioni sono riuscite per il rotto della cuffia a contenere appena al di sotto dei picchi della prima ondata il numero settimanale dei decessi e della media dei letti di terapia intensiva occupati dai pazienti Covid (linee gialle e verdi grafico allegato).

Ci dicono che il virus non ha atteso le festività natalizie per riprendere ad espandersi. Da alcuni giorni i contagi hanno ripreso a salire, come pure i decessi, mentre si è arrestata la discesa del numero dei letti di terapia intensiva occupati da pazienti Covid. C’è solo da sperare che questa inversione di tendenza non sia già l’inizio della terza ondata.

Ci dicono che la provincia di Cuneo non è più l’isola relativamente felice che è stata durante la prima fase, ma che è diventata la provincia piemontese con il maggior numero di casi ogni 100.000 abitanti (4770) superando sia Torino che Alessandria, che era stata flagellata a marzo e aprile dello scorso anno per la vicinanza con la provincia di Lodi.   

Ci dicono che è ormai certo che, anche in assenza della terza ondata, supereremo i 100.000 decessi. Com’è certo che bisognerà attendere aprile-maggio per incominciare a vedere i primi effetti del vaccino, in concomitanza del miglioramento della stagione che abbiamo già sperimentato nell’anno appena concluso.

In questo quadro il ritorno a scuola degli studenti non può non essere fonte di preoccupazione. Ci sono anzi buone probabilità che si debba fare nuovamente retromarcia verso la didattica a distanza.

Questo è il punto. Dimenticate, per favore, il tasso di positività e la polemica sui vaccini. Che non aiutano ad affrontare le difficoltà dei prossimi mesi.

Guido Chiesa

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