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Cuneo e Italia, occhio a quella Lettera dei 4 presidenti sull'Europa

CUNEO

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CLAUDIO RAO - Una recente notizia che ho colto da Cuneo alla chetichella, ma su un quotidiano credibile come Le Monde, mi ha turbato non poco sull'avvenire della nostra Europa. Nostra si fa per dire, visto che la notizia parlava della 'Lettera dei quattro presidenti'. E che la documentazione circolerebbe per ora soltanto tra Bruxelles e Francoforte, distillata molto parcamente agli organi di stampa europei che la comunicherebbero col contagocce in articoli molto discreti...

Questa «Lettera dei quattro presidenti» ci lascerebbe intravedere il futuro della Zona euro nel 2020. Il progetto sarebbe è redatto da Mario Draghi per la BCE, da  Donald Tusk per il Consiglio d'Europa, da Jean-Claude Juncker per la Commissione europea e da Jeroen Dijsslbloem per l'Eurogruppo. Il suo contenuto sarà presentato ai presidenti degli Stati europei i 25 e 26 giugno.

Stando a quanto ho letto, la «Lettera dei quattro presidenti» parte dalla constatazione che l'unione economica e monetaria sarebbe come una casa costruita, ma non ancora terminata e, anche se sotto le intemperie degli ultimi lustri sono stati rinforzati i muri e sistemato il tetto, è giunto il momento di consolidarne le fondamenta.    

I presidenti segnalano come si troverebbero dinanzi a delle richieste piuttosto difficili da soddisfare e tra loro contraddittorie : dalla rigidità tedesca, ai desiderata britannici di maggiore elasticità in determinate direttive UE; per non parlare delle rivendicazioni dei nuovi aderenti.

In base a quanto mi è parso di capire da Le Monde, l'orientamento sarebbe piuttosto rivolto a soddisfare la filosofia di Berlino che quella londinese. I governi nazionali rischierebbero dunque di perdere ulteriormente poteri. Lacrime e sangue, insomma.

Il documento ricorda l'impegno reciproco sottoscritto con l'Unione economica e monetaria : «La cessione di poteri legata all'adozione dell'euro deve favorire in contropartita la stabilità della moneta e consentire al mercato di essere più forte e competitivo».

Il declino dei poteri degli Stati nazionali, avvenuto sovente anche contro la volontà popolare, non ha tuttavia consentito di ottenere in contropartita un mercato unico forte e competitivo, capace di garantire ai Paesi membri dell'UE una crescita economica o un parafulmine contro le crisi. Ed è proprio per raggiungere questo obiettivo che – secondo questo documento – si renderebbe necessario rinforzare la Zona euro.

Si propone dunque un processo in due tempi, con un primo passo atto a placare le proteste antieuropeiste che si levano da parecchi Stati membri. « Inizialmente, tra il 1° luglio 2015 e il 30 giugno 2017 bisognerà rivalutare i testi dei trattati esistenti per meglio coordinare le politiche economiche e rinforzare la competitività della zona euro». Dopo questa sorta di luna di miele, si cambia tono: «In seguito, tra il 1° luglio 2017 e il 30 giugno 2019, l'Eurozona rinforzerebbe l'integrazione, se è necessario cambiando anche i trattati».

Basandosi sui criteri di Maastricht, i presidenti pensano di attuare dei nuovi criteri di convergenza che lascerebbero trapelare l'ipotesi della creazione di un budget europeo « nel dominio della competitività dei mercati e dei beni, dell'ambiente, degli affari e della coesione sociale » il cui rispetto sarebbe la conditio sine qua non  per accedere ai meccanismi di ridistribuzione europea!  

Secondo la pre-relazione, tuttavia, questi meccanismi sarebbero destinati a «aiutare ad ammortizzare gli chocs nella crescita di un paese, ma non a suffragare la carenza di riforme strutturali».

Sul piano sociale, sono anche evocate nuove misure per evitare le crisi e fronteggiare la difficoltà dell'UE a evitarle. Ne parla anche il giornale tedesco Die Presse che lo descrive come un meccanismo di riequilibrio per le istituzioni di previdenza sociale e precisa che gli Stati potrebbero rivolgersi a questa istituzione per fronteggiare un picco improvviso della disoccupazione che renderebbe insolventi le casse di detti organismi. Diversi criteri di convergenza verrebbero a garantirne il funzionamento per evitare che «la Germania si trovi a finanziare per lunghi periodi i sistemi di previdenza sociale di un altro paese» scrive il giornale.

La «Lettera» evoca altresì l'idea di una presidenza «rinforzata» dell'Eurogruppo e auspica una maggiore legittimità per le istituzioni dell'Unione. Nobili intenzioni. Si tratta di vedere con quali mezzi saranno realizzate.

Fronte a questi annunci, nulla dice come si pensa di adottare questi trattati di qui al 2019. Bisogna dire che ci sono segnali forti che invitano alla prudenza. Innanzitutto il rischio referendario. Inoltre gli Stati, dopo sette anni di crisi che hanno indebolito l'UE sia economicamente che politicamente e dei quali non si intravede la fine, sono restii ad ogni forma di accelerazione del processo d'integrazione.

Ora «i quattro presidenti» dovranno lavorare sodo per trovare il modo di dotare il loro pacchetto di proposte di una presentazione elegante prima di sottoproporlo ai dirigenti europei. A meno che nel frattempo la Grecia non dia forfait, creando un terremoto economico, ma soprattutto politico e costituendo un pericoloso precedente a una costruzione che - senza solide fondamenta - rischia di cadere con un effetto domino come un castello di carte.

Claudio Rao

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