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Contagi 0: perché la data slitta a inizio luglio per Cuneo e ad agosto nell'intero Piemonte

CUNEO

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GUIDO CHIESA - Nel dibattito sull’epidemia ha preso decisamente il sopravvento la corrente di coloro che spingono verso una liberatoria totale dei vincoli, sostenuti da pareri di illustri clinici. Vengono riportati i dati dei contagi in diminuzione e la situazione degli ospedali, che sono usciti dall’emergenza registrata nei mesi di marzo e aprile.

Sembrano dare fastidio i richiami alla prudenza. Coloro che se ne fanno portavoce sono accusati di avere una visione catastrofista del contagio e una volontà di auto flagellazione.

L’impressione è tuttavia che si tenda a semplificare i termini del problema e a rifiutarsi di fare i conti con il concetto di complessità. Che è invece quello a cui porta l’analisi di dettaglio dei numeri.

Partiamo dalle buone notizie. In provincia di Cuneo, alla data del 3 maggio (LEGGI QUI), il modello matematico portava ad un numero totale di contagi pari a 2800 mentre l’inizio del periodo con contagi intorno allo 0 si collocava intorno al giorno 11 giugno.

Un mese e mezzo dopo il numero totale dei casi previsti è pari a poco più di 2850 mentre l’inizio del periodo con contagi 0 si colloca nei primi giorni di luglio. Possiamo quindi con buona ragione pensare che il maggior numero dei contagi e lo slittamento della data del loro azzeramento siano l’effetto delle aperture che si sono succedute dal 4 maggio in poi, ma che tale effetto, pur con una eventuale coda, sia stato, tutto sommato, contenuto.

Se nei mesi di luglio e agosto fosse confermata la tendenza (ossia, fosse rispettata la prescrizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità dei 28 giorni a contagi 0 per dichiarare chiusa una fase dell’epidemia), le scuole, in provincia di Cuneo, potrebbero riaprire con sufficiente tranquillità, sempre mantenendo operative le norme di sicurezza imposte dal governo (lo consiglia caldamente il recente caso della ripresa dei contagi a Pechino).

Analogo discorso vale per il Piemonte. Alla data del 3 maggio il numero totale dei contagi previsti era di 31.000 mentre si collocava verso il 19 luglio l’inizio del periodo con contagi 0 (la situazione del Piemonte, nel suo complesso, è sempre stata più preoccupante di quella della provincia di Cuneo). Un mese e mezzo dopo i contagi totali previsti sono 31.325 e l’inizio del periodo con contagi 0  è slittato verso i primi di agosto.

Entrambi i casi sembrano confermare l’attendibilità del modello matematico prescelto, che si è viceversa rivelato meno preciso a livello nazionale. Alla data del 3 maggio il numero totale dei contagi previsti era di 230.000 e l’inizio del periodo con contagi 0 intorno a ferragosto. Un mese e mezzo dopo il numero totale è passato ad oltre i 240.000, con tendenza verso i 250.000, e l’inizio del periodo a contagi 0 a fine settembre.

In realtà il dato nazionale è fortemente condizionato dalla situazione del tutto anomala di una sola regione: la Lombardia. Lo dicono i numeri dei contagi giornalieri, che sono sempre compresi  tra il 50 e l’80% di tutti i contagi nazionali, e lo dice il fatto che la situazione delle altre regioni, inclusa la regione seconda per numero di contagi, ossia il Piemonte, è decisamente migliore.

A questo punto si pone doverosamente il problema di cosa sia successo e di cosa stia succedendo in quella regione (quante sono state, ad esempio, le autocertificazioni delle aziende che hanno voluto continuare a lavorare durante il lockdown?). La prudenza si impone, a maggior ragione, se si pensa che per un numero di casi pari alla metà di quelli registrati in questi giorni in Lombardia la città di Pechino ha immediatamente imposto il lockdown in alcuni quartieri della città. Il problema è tale da porre la questione di come sarà possibile in quella regione procedere alla riapertura delle scuole a settembre e se sia il caso di lasciar andare i lombardi in giro per l’Italia quest’estate.

Le notizie preoccupanti non finiscono però qui. Infatti, se analizziamo l’andamento del tasso di letalità (ossia il rapporto tra i deceduti e il numero totale dei contagi), abbiamo la sgradita sorpresa di constatare che il tasso è continuato a crescere sino a metà giugno e che solo in questa settimana si è stabilizzato. Ma sul valore massimo.

Questa constatazione porterebbe a due conclusioni in contrasto con tutto quanto viene dichiarato dai media nazionali e da illustri clinici: se nonostante la diminuzione del numero dei contagi il tasso di letalità sale, significa che muoiono percentualmente più persone di quante ne morivano nella fase precedente dell’epidemia. Di conseguenza non sarebbe quindi rispondente al vero il fatto che riusciamo ad intercettare i contagi in una fase iniziale dell’infezione, quella meno gravida di tristi conseguenze.

E’ questa una affermazione pesante, che smentirebbe chi dice che l’epidemia è clinicamente scomparsa. Andrebbe quindi verificata da chi ha molti più elementi per dare un giudizio molto più approfondito rispetto a quello di chi si basa esclusivamente sull’analisi dei numeri e non si confronta con la realtà concreta.

Che, come si diceva, è molto più complessa.

Guido Chiesa

(Foto tratta dal sito della Regione Piemonte)

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