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"Come ho visto il Pinocchio di Garrone: un assalto al tempio della virtù"

CUNEO

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SAVINO ROGGIA - Belle immagini, tanto realismo, ottime le musiche, rilevanti gli attori, innovative le scene, eppure alla fine lo scarso pubblico in una delle sale della provincia di Cuneo se n'è andato alla chetichella quasi mesto. Del molto da raccontare, il film narra poco delle cause e molto degli effetti che determinano le Avventure di Pinocchio.

 

Sorvola i motivi per cui l’arzillo falegname decide di costruire il magico burattino. Dice poco del giudice scimmione che forza Pinocchio, da derubato, a dichiararsi ladro. Non differenzia la scuola dell’abbecedario da quella comunale, né commenta la battaglia dei libri tra i monelli.

 

Molte, troppe le autonomie arraffate. Da quelle delle orecchie di Pinocchio (Collodi lo prevede senza e per precisi ragionamenti) a quella di insistere sulla miseria materiale.

 

Geppetto che si vende l’unica casacca che aveva addosso riferisce che non ne poteva più di toppe e rimedi alla sua persona. Si avverte conformato da troppe regole: quella casacca è una livrea che gli piaga l’animo. Per il senso che Pinocchio discende da un grande cercatore di senso, che per amore seppe privarsi degli orpelli della materialità non per stupire il vicinato, ma per essere quello che sentiva di essere: un uomo.

 

Non dico del resto dell’Opera rimasta inutilizzata e dell’inquietudine che possa fare la fine del Colosseo quale miniera per edificare ricoveri!

 

Savino Roggia

 

(Nella foto: l'installazione che si trova all'ingresso nord di Vernante, in Valle Vermenagna, progettata dall'architetto di Cuneo Michele Nasetta)

 

 

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