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Come ci comporteremo se arriveranno dalla Libia migliaia e migliaia di profughi che scappano dalla guerra?

CUNEO

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PIERCARLO BARALE - La guerra in Libia ha sconvolto alcuni principi - sbagliati, ma diventati comuni e così accettati - in materia di immigrazione e soccorso in mare. Proprio ora che sono imminenti le votazioni per il rinnovo del Parlamento europeo, la strategia salviniana dei porti chiusi salta - come suol dirsi volgarmente.

Prescindiamo dalle illegittime chiusure, finora disposte con telefonate o concretate con illegittime direttive... In realtà, nessun porto può essere chiuso ai profughi che fuggono dalla guerra: siano essi aspiranti immigrati o libici, ancorché responsabili della custodia dei primi.

Se la guerra - più minacciata che combattuta - proseguirà e diventerà vera, distruttiva di vite umane, beni e attività economiche, compresa l'estrazione di idrocarburi, il Mediterraneo - più nei cieli che nelle acque - sarà attraversato da centinaia di migliaia di profughi. Dopo qualche giorno di guerra, si contano meno di 150 morti, circa 700 feriti, ma già 12 mila sfollati. Pochi i danni in linea generale, in quanto ci sono state scaramucce con i piccoli Toyota con mitragliatrice, appena usciti di fabbrica. Un vecchio aereo russo abbattuto da un missile terra-aria ed i piloti ricevuti come ospiti dai libici di Tripoli, non fatti oggetto del tiro al piccione o in pericolo di finire bruciati vivi in una gabbia d'acciaio sulla pubblica piazza, come avvenne in Siria. Frequenti autobombe o cinture esplosive anche applicate a bambini hanno provocato centinaia di vittime per ogni esplosione nelle guerre infinite e quasi dimenticate. Ma la guerra in Libia potrebbe - come è avvenuto per la Serbia e poi per la Siria, sfuggire di mano ai due comandanti rappresentanti le rispettive popolazioni in conflitto, che sono pur sempre libici e non si odiano per ragioni religiose o colore di pelle.

Dietro il generale di Misurata ci sono interessi di più Stati, con la Francia in veste di aizzatrice interessata per la Total. Altri, dalla Russia all'Egitto, all'Arabia Saudita, soffiano sul fuoco. La Russia è specialista, lo ha già fatto in Crimea ed in Ucraina, sempre negando anche l'innegabile. Cioè, affermando di non aver agito, in quanto gli uomini che hanno combattuto non erano l'esercito regolare, non avevano divise e mostrine.

Abbiamo il ricordo di come si comportarono con Ungheria e Cecoslovacchia, schiacciate più che sottomesse, quando hanno cercato l'indipendenza dal pesante tutore con la stella rossa sui carri armati. I contendenti libici - dal momento che gli Usa sono spariti non appena si sono sentiti i primi annunci - sono stati lasciati liberi di combattersi, "giocando" con i loro veicoli armati, e con le varie milizie. Talune in veste di combattenti di ventura, con i propri condottieri, come nel medioevo. Ora si chiamano "contractor" i combattenti privati, che si mettono a disposizione delle società petrolifere, oppure agiscono per uno stato che li paga, ma non li riconosce, per cercare di non essere coinvolto. Pare che la Russia ne abbia inviati circa 500 a protezione dei porti dove sono ospitate proprie navi.

Ci sono poi i consiglieri militari, inviati per supportare i belligeranti, talvolta con divisa e stellette. Altre volte in forma anonima, come pare la Francia sia abituata a fare in talune parti dell'Africa ex coloniale. Così impedendo la cacciata di qualche governante a vita e bloccando processi democratici in atto. Così come hanno agito negli ultimi decenni gli Usa in ogni parte del pianeta, con risultati pessimi, finiti con guerre e l'odio dei popoli coinvolti. Singolare modo di portare la libertà e la democrazia.

Il nostro vice premier onnipresente, che sta assistendo al crollo della sua politica antimigranti, fa quasi tenerezza. La guerra era vinta, il nemico - i migranti - era trattenuto nelle carceri libiche o riportato a riva dalle motovedette da noi donate alla marina di Tripoli. I porti - chiusi - avevano cacciato un paio di navi onlus, costringendole ad attese di giorni con mare agitato. In ambedue i casi si trattava di meno di cento naufraghi. La patria era stata difesa dall'eroico Capitano, a costo di una nuova incriminazione - per sequestro di persone.

Se arriveranno 800 mila profughi, libici doc e migranti già nei lager, tutti aventi diritto di asilo, cadrà miseramente il muro innalzato dal Capitano con la collaborazione dei Cinquestelle ed anche del premier, che hanno condiviso l'opera del vicepremier tuttofare. Ventriloquo della pancia del paese, desideroso di affermarsi come guida europea di quell'Europa che non condivide e strizza l'occhio ai sovranisti ed a Putin. Speriamo che la Libia sappia liberarsi dai guerrafondai per procura, che forniscono armi e "contractor", ma stanno lontani dalle pallottole.

Piercarlo Barale

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