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Com'è finita la "guerra dell'acqua" in provincia di Cuneo

CUNEO

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PIERCARLO BARALE - Pareva una telenovela, con reiterate richieste di chiarimenti, precisazioni, ulteriori incontri, confronti, con un colpo di coda finale della politica. La legge Galli ha sancito la pubblicità delle acque di qualunque origine, quale bene appartenente all'intera collettività e non suscettibile di privato possesso. Il noto referendum ha stabilito la piena compatibilità di tale principio con la volontà popolare.

Ora i 250 Comuni della Granda hanno scelto, a grandissima maggioranza, la modalità di gestione del ciclo idrico integrato per i prossimi trent'anni. Sarà una società interamente pubblica, il cui compito più urgente appare la riduzione delle perdite del prezioso elemento, che ammontano al 35% di quanto viene immesso nelle tubazioni da oltre mille captazioni. Dovrà essere una società efficiente, con tariffe eque. Hanno votato a favore della soluzione "in house" le sette sorelle e quasi tutti i Comuni montani. Contrarie alcune località di Langhe, Roero, Saviglianese e Monregalese.

Sin dall'inizio della procedura stabilita dalla vigente legislazione, confortata dal dettato costituzionale, è apparsa pretestuosa ed infondata l'opposizione di una minoranza, volta a ritardare, per quanto possibile, la scontata decisione. Sul piatto c'erano soltanto due ipotesi di gestione, quella prescelta e l'altra, stabilita dalla legge come alternativa: società mista a controllo pubblico, con la scelta del partner privato di minoranza con gara europea, come stabilito dalla vigente normativa sugli appalti ed europea, recepita nel nostro ordinamento. I contrari non avevano alcuna possibilità di mantenere le attuali gestioni, anche se efficienti e bene operanti, ed evitare una scelta ritenuta penalizzante per utenti soddisfatti dei loro attuali fornitori.

Abbiamo assistito a tentativi ripetuti di ritardare il momento del voto, senza peraltro proporre soluzioni alternative legittime, stante la chiarezza della legislazione. Vi sono stati differimenti del tutto superflui. Forse concessi dalla solidissima maggioranza, al fine di evitare il formarsi di una decisione spiacevole per alcuni Comuni ed operatori, che fosse ritenuta un "dictat". Sin dall'inizio sono apparse inutili le campagne di stampa, così come il tentativo di "girarla in politica", come succede quasi sempre, allorché si debbono assumere importanti decisioni, che coinvolgono l'intera collettività. In questo caso, l'intero territorio provinciale.

Erano in ballo rilevanti interessi: 80 milioni ogni anno, per trent'anni. Il Sindaco di Bra, presidente dell'Autorità d'ambito, ha saputo gestire con fermezza ed impegno democratico, la difficile situazione, senza assumere, pur se confortata da una ampia maggioranza, decisioni affrettate. I contrari possono consolarsi con l'aver ottenuto un ritardo, anche se avrebbero potuto prendere atto che "non c'era partita" e che a nulla avrebbe potuto giovare "la politica". Di fronte all'importanza del risultato e ai trent'anni di durata della nuova impostazione organizzativa e fiscale del servizio, la paziente attesa della decantazione dei contrasti senza speranza è stata premiata, oltre che opportuna.

Nella mia attività professionale di avvocato ho più volte affrontato problemi di "acqua", sotto molti aspetti: acquedotti, centrali idroelettriche, canali irrigui, acque sotterranee e pozzi, acque minerali da captare e commercializzare. Ho constatato che in qualche gestione di acquedotto comunale, affidata con contratti spesso trentennali a società di importanza nazionale, si verificava un quasi annuale aumento del prezzo dell'acqua erogata ai contatori degli utenti.

La giustificazione veniva spiegata - e documentata all'autorità allora provinciale di controllo prezzi - con i costi sostenuti per rotture, imprevisti, interventi di aziende esterne, oppure "in house", con costi esorbitanti. Ne conseguivano costanti elevazioni del prezzo di vendita a metro cubo. In un particolare caso hanno provocato una vera sollevazione degli utenti, sostenuti dal Comune - con il blocco dei pagamenti delle esose bollette per alcuni mesi.

La legge Galli e il referendum hanno stabilito, senza ulteriori possibilità di equivoci o discussioni e necessità di interpretazioni o tantomeno interventi di politici locali o aventi sostegno locale, che l'acqua è un bene pubblico e deve essere distribuita e gestita con l'intero ciclo, dalla captazione allo scarico dei liquami depurati, da una società pubblica "in house", oppure mista a controllo pubblico.

Per la provincia di Cuneo è stato legittimamente deciso per la prima opzione. Si può ben dire: è la democrazia, bellezza.

Piercarlo Barale

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