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Non ci faremo mai più convincere da chi spaventa gli animi per poi assurgere a "difensore" delle nostre libertà

CUNEO

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PIERCARLO BARALE - A Verona, su una panchina di Porta Vescovo, appena dopo Natale, un nigeriano di 45 anni è morto in totale solitudine: cioè senza alcuna attenzione e soccorso. Passate alcune ore, la panchina, sulla quale abitudinariamente viveva e dormiva, diventata il sostegno del suo cadavere - l'anima sarà certamente altrove e continuerà l'esistenza sotto altre forme e con altre modalità - è stata data alle fiamme. Chi ha agito ha compiuto - se era già morto - vilipendio di cadavere e danneggiamento di arredo pubblico. Se invece la fretta di cancellare l'ospite abituale - evidentemente non gradito - è stata cattiva consigliera ed il barbone era ancora in vita, si tratta di omicidio. Non conosco il sito e l'eventuale presenza di videosorveglianza, così come il contesto sociale in cui i fatti si sono svolti. I responsabili potranno essere identificati o la faranno franca. Magari sosterranno di avere scherzato - con il fuoco - pensando di riscaldare - a loro modo - un vivo, non di bruciare un cadavere ancora caldo. Con un bravo avvocato e perito medico legale, potranno cavarsela con qualche anno, subito ai domiciliari, se la condanna non supererà i quattro. Verso i barboni la Ghestapo usava i lanciafiamme; Nenghele li utilizzava come cavie per i suoi interventi sadici, contrabbandati come esperimenti scientifici per accertare la resistenza al dolore, alle mutilazioni, alle infezioni provocate.

Nello scorso dicembre, una banda di teppistelli si divertiva - la cosa durava da mesi - a tormentare un senzatetto che viveva, con il proprio cane - unico amico - nella periferia di una grande città. Facevano scoppiare petardi - immaginiamo con quale gioia per il cane, ed anche per il padrone - e tiravano pietre alla tenda. Tale persecuzione venne notata da alcuni abitanti dei fabbricati della zona. Mi auguro che i delinquenti seriali siano stati dissuasi dal continuare e sensibilizzati, affinchè capiscano che il rispetto del prossimo, qualunque sia il colore della pelle, il grado di socialità, il tenore di vita, è un bene costituzionalmente garantito. E' penalmente sanzionata la violazione. Il senzatetto, più volte invitato dai servizi sociali e da volontari ad utilizzare dormitori pubblici - che non consentono però di ospitare cani - ringraziava e preferiva la tenda precaria, fredda e senza servizi, pur di non lasciare il suo amico a quattro zampe.

Arturo Scotto, tra i fondatori di Articolo 1, mentre, con la moglie, si trovava a Venezia per il Capodanno, è stato preso a pugni da otto giovani sui vent'anni. Li aveva invitati a smettere di inneggiare al Duce ed all'uccisione di Anna Frank. Un giovane, intervenuto a sua difesa, è stato picchiato. Il tutto in piazza San Marco poco dopo la mezzanotte. L'arroganza di neofascisti e la frequenza delle loro imprese contro persone indifese, ritenute di diversa opinione, induce a pensieri che non avremmo più ritenuto di elaborare. Dopo la Resistenza, lo sterminio degli ebrei, la nuova Costituzione fondata sui valori dei giovani che hanno spesso pagato con la vita e le torture, la difesa delle libertà, ancora si rivedono teste rasate, camicie nere. Si odono i vari slogan: da boia chi molla a non arretreremo di un millimetro, all'abusato Dio Patria e Famiglia. Costoro si ergono addirittura ai difensori di Dio, come se, in loro assenza, corresse pericolo di soccombere. La Patria era stata venduta a Hitler, del quale Mussolini era diventato cagnolino fedele, da quando lo aveva fatto evadere dal carcere sul Gran Sasso. Quanto alla famiglia, il fascista era il capo assoluto; le donne stavano in casa a lavare calzini, produrre portatori di baionette e dare soddisfazione sessuale - senza riceverne - al macho in camicia nera. Si risente puzza di manganelli, di rievocazioni fasciste; non ancora di olio di ricino e dei pugnali degli arditi, che favorirono la formazione del regime con assassini e torture rivolti soprattutto a sindacalisti, operai e braccianti agricoli.

Mi pare opportuno ricordare il pensiero di Ennio Flaiano, che assistette alla formazione del fascismo e poi alla caduta e sconfitta del regime, come attento e sagace giornalista e scrittore. Nell'articolo pubblicato su "Il Mondo" del 6 novembre 1956, così si esprime: "Noi fummo quei pochi che ridemmo (un riso amaro, ma del resto non si poteva piangere) quando Mussolini, dall'alto del suo balcone, disse che l'entrata in guerra dell'America lo lasciava perfettamente indifferente. Noi pensammo, allora, che restare indifferenti a tale notizia era il segno che la libertà rende ciechi coloro che vuol perdere. Col volgere degli anni ci toccò fare altre profezie, tutte malinconicamente esatte, e delle quali non c'era da tirar vanto, perchè si trattava sempre della prima profezia, che doveva esaurirsi. Tuttavia, l'essere restati fedeli a quell'idea ci ha attirato dapprima il disprezzo e infine l'odio di coloro che, adattandosi giorno per giorno alla realtà apparente (e, quindi mendace), finiscono per dimenticare che c'è una realtà superiore, che muove i popoli e gli avvenimenti, e che questa realtà è una scienza esatta, coi suoi postulati, teoremi e corollari che si chiama....ma sì, ripetiamolo, che si chiama Libertà.....Non siamo ancora riusciti ad accettare questo postulato, il più importante di tutti: che la Libertà siamo noi....Noi italiani odiamo la Libertà; e la prova maggiore che io porto a sostegno di tale tesi è il gran numero di monumenti eretti nel nostro Paese ai martiri della Libertà, che sono sempre morti per difenderla. Noi amiamo la Forza e la Libertà sta sempre dalla parte dei deboli, che muoiono".

Piercarlo Barale

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