ALBA
FIORELLA AVALLE NEMOLIS - Bruno Sacchetto nasce a Bra il 18 agosto 1955, è cresciuto a Pollenzo con la sua famiglia e il fratello Dino, anch'egli pittore. Frequentato il liceo artistico "Ego Bianchi" di Cuneo, ha continuato il suo percorso artistico, tra tele, pennelli, colori ad olio, fino a che 25 anni fa ha fondato col suo amico e socio Pietro De Carolis la Aganahuei Arte industriale con sede ad Alba, in provincia di Cuneo.
Con Bruno ci conosciamo da molto tempo, un tempo fatto di chiacchiere nella galleria d'arte sotto i portici di via Principi di Piemonte, a pochi passi dal nostro ex negozio di oggettistica Map. La galleria non è sopravvissuta, quel locale in centro faceva gola al commercio fiorente degli anni ottanta.
"Ciao Fiorella". Bruno mi fa il verso con la erre moscia. Non è cambiato. E' sempre molto diretto e quando osserva la mia mise dice: "Fucsia e verde brillante, che accostamento di colori. Eppure tu esci di casa conciata così", "puoi farlo! - sentenzia - sei disinvolta, ad un'altra darebbero della pazza". E conclude: "Sono i colori di un mio quadro". Lo prendo come un complimento, e non commento, sarebbe superfluo. Lui, invece, è vestito minimale come sempre, jeans, una maglietta attillatissima, da cui non spunta neanche un milligrammo di grasso. La barbetta sale e pepe gli contorna il viso, segnato da qualche ruga, appena l'indispensabile per i suoi sessanta. “Ma cosa scrivi? Un'intervista?”, mi domanda. “No, no, figurati. Parla, io ti ascolto". "Fammi le domandine", ci ripensa. "L'hai voluto tu. La prima matita che hai preso in mano di che colore era?". Mi lancia un'occhiata penetrante con un sorrisetto ironico appena accennato, mai esagerare.
"Veramente il colore della matita non lo ricordo! I gessetti colorati, quelli sì, li ho usati per i primi disegnini sulla lavagna quando ero all'asilo dalle suore. Per quanto mi sforzassi, non riuscivo a disegnare come i miei coetanei, ma come un ragazzo di almeno 15 anni. Il disegno non è solo un fatto manuale, è come tu vedi e recepisci ciò che sta intorno a te, avevo già la consapevolezza mentale di un adulto. Poi alle scuole elementari è stata la maestra Valeria Lamberti a indirizzarmi all'arte. Per cinque anni ho solo disegnato e dipinto, in continuazione, mentre i miei compagni facevano temi e risolvevano problemi. La maestra mi ha sempre favorito, appoggiato e assecondato, iscrivendomi persino a concorsi, che non vincevo mai, perchè nessuno credeva che i miei disegni fossero solo farina del mio sacco. Per loro, era impensabile che un bambino delle elementari disegnasse già così. Le devo molto, tanto che in suo onore, ho scelto Ormea, la sua città di origine, dove convolare a nozze. Anche il parroco di Pollenzo Don Mazza, appassionato di pittura ha contribuito alla mia formazione. Mio fratello maggiore Dino già dipingeva, così mi son trovato i colori in casa. La strada era già segnata, ho seguito gli esempi".
Tanti bambini trovano i colori in casa, ma il talento è un'altra cosa
“Ero particolarmente portato, mi è sempre stato facile. Non so neanche io il perché".
E poi, come hai continuato il tuo percorso artistico?
"Ai Salesiani di Bra, sempre nelle maniche degli insegnanti di disegno, la materia in cui eccellevo. Ho un buon ricordo del professor Mano, persona intelligente e acuta, che faceva anche un po' di storia dell'arte. E poi il liceo artistico a Cuneo".
Quando ti sei dedicato completamente all'arte?
Il colpo di fulmine è stato intorno ai 25 anni, per tanto tempo ho fatto il pittore classico firmando i miei quadri, finchè ho conosciuto il mio amico ed ora anche socio Pietro De Carolis, insieme abbiamo fondato Aganahuei, l'arte industriale che ha sede ad Alba, in via Zara 10. E' il risultato di un lavoro di squadra.
Di cosa si occupa l'azienda Aganahuei, e poi che significa questo strano nomignolo?
“E' un'ironica storpiatura all'Alberto Sordi dell'americano I'm gonna away. Siamo un team composto da artisti, grafici, designer, architetti: Pietro De Carolis, Luigi Ferrando, Raffaele Fontanone, Danilo Manassero, ed io. Lavoriamo in squadra applicando tecnologie sofisticate, inventiamo, creiamo le opere al computer, per poi realizzarle con una stampante digitale su banner in pvc".
La gente cosa intende per arte industriale?
“Spesso viene letta in modo fuorviante, ossia come un'arte seriale di basso livello, o dozzinale. Invece è produrre l'arte utilizzando computer, tecnologie avanzate, che consentano di ottenere standard qualitativi di assoluta eccellenza. Per fare un esempio, un Caravaggio va eseguito con la tecnica di pittura ad olio, è impensabile l'esecuzione con le tempere: in sostanza l'artista utilizza lo strumento dell'oggi, comunque conferendo alla creazione un aspetto che tenga conto di una certa classicità".
Come procedete nella produzione?
"All'idea proposta dall'artista segue la progettazione e la realizzazione degli esecutivi per la produzione del primo esemplare: su questo si fanno le dovute valutazioni e, se il prodotto soddisfa l'esigenza dell'artista, viene inviato alla produzione".
Fino al 30 aprile 2022, la mostra “Woman” è aperta al pubblico e visitabile alla “AGANAHUEI arte industriale, in via Zara 10, Alba.
Mi dai qualche anticipazione?
“Ho preso spunto dall'opera degli anni cinquanta, intitolata “Women”, di Willem de Kooning, l'artista olandese, trapiantato negli Stati Uniti, coevo di Jackson Pollock, di Franz Kline del gruppo americano dell'action painting (pittura d'azione). Abbiamo realizzato quest'opera, che avevo già creato nel 1986, e che all'epoca aveva suscitato molto scalpore. L'ho ripresa, e col computer l'ho traslata in modo diverso, reinterpretandola, dal mio punto di vista, in chiave contemporanea, e ne ho ricavate sei versioni cromatiche, realizzate con la stampa digitale, su teloni di pvc per presentarle in questa mostra intitolata “Woman”.
La mostra è firmata AGANAHUEI?
"Anche se in questo caso il lavoro può essere più mio, non è sempre così, spesso lo spunto per altri lavori viene proposto dagli altri componenti del team. Dal momento che il lavoro porta la firma AGANAHUEI, non è più di primaria importanza chi l'abbia creato, l'artista fa un passo indietro perchè è la ditta che rappresenta se stessa. Oggi siamo un team di quattro professionisti: artisti, grafici, designer, architetti, ma un domani potrebbero subentrare altri attori per l'aspetto creativo. Come accade nell'alta moda, anche quando si avvicendano gli stilisti, rimane sempre il nome della maison. E' relativo che l'abbia fatto io, o un altro ancora. Quando producevo i miei quadri firmavo Bruno Sacchetto. Adesso, anche se sovente sono io l'autore, le creazioni portano sempre la firma dell'azienda".
E l'ego dell'artista?
"Non è importante l'ego, ma lo è il lavoro che deve funzionare indipendentemente da chi l'ha creato. Se l'ego è prevaricante, diventa una mistificazione, una cosa fine a se stessa. Io la penso così".
Quando ti ritieni soddisfatto?
“Se a distanza di tempo vedo un mio lavoro che mi piace ancora, nonostante l'abbia fatto io. Comunque il lavoro deve stare in piedi di suo, ha una sua dignità, ha gambe per camminare per conto proprio. Il quadro è come un figlio, il padre ha piacere che vada in giro per il mondo in modo autonomo. Sono sempre lavori pensati, ripresi negli anni, ridefiniti, e solo quando hanno un senso compiuto è il momento di metterli in mostra e di immetterli sul mercato. Solo così mi sento sempre in buona armonia con me stesso".
Ritieni che l'artista debba spiegare le sue opere?
"L'artista non si esprime a parole, si esprime attraverso un linguaggio figurativo, che è esaustivo. Non tendo a dare spiegazioni, come quasi tutti gli artisti. Picasso se gli chiedevano di parlare d'arte rispondeva: “Non parlare al conduttore".
Che ne pensi dell'alone che ruota attorno dell'artista: bohemien, anticonformista e via discorrendo?
“Sì, ma non ti pensi come artista. Credi che un gatto pensi di essere un gatto? Ognuno è ciò che è. Sono gli altri che amano dipingerti così. L'artista è una persona come tutte le altre".
E poi dicono che gli artisti sono persone complicate...
Fiorella Avalle Nemolis