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CEVA/ Covid-19, il dottor Muzzulini (Abacus): "Nel caso di una seconda ondata saremo più preparati"

MONDOVì

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SERGIO RIZZO - Ci siamo rivolti al dott. Carlo Muzzulini, presidente dell’Abacus di Ceva (Cn), per conoscere quanto concerne l’ospedale riguardo l’apertura dei vari ambulatori e sentire la situazione epidemiologica del Covid–19.

“La nostra zona,– ci ha spiegato il dott. Muzzulini,– ci ha trovato, come penso da tutte le altre parti, profondamente impreparati. Non sapevamo proprio dove sbattere la testa. Per cui, si è dovuto costruire un sistema. Un’evenienza rara estesa e non preventivabile. Una cosa di cui non si può dire per il prossimo futuro. In questo momento, si può dire di essere organizzati in quanto ci sono reparti che si sono trasformati in “covid”. Infatti, ci stiamo portando avanti con l’impianto di raffreddamento del terzo piano.

L’idea era di dire lo facciamo per sopravvivere al caldo dell’estate se l’epidemia va avanti. Non ha proseguito per il momento e per fortuna, per cui questi lavori, già preventivati al tempo, proseguono. La mia idea, è sempre stata: nel momento in cui devi fare una programmazione, si spenderanno dei soldi per quello che servirà, anche a prescindere da… Allora la climatizzazione serve a prescindere dal Covid che ci sia e non ci sia. Nel caso in cui dovesse giungere una nuova ondata di Covid–19 noi saremmo pronti. Lo stesso discorso è per quanto riguarda Abacus, infatti abbiamo comprato cose che serviranno magari anche dopo.

Tra il materiale acquistato c’è stato un ecografo, una macchina nuovissima che può fare ecocardiogrammi, polmonare, i monitor per vedere i pazienti che possono essere usati anche per misurare la pressione del polso e i saturimetri. Compreremo la cabina per spirometria che darà maggiori informazioni sul paziente e regalerò un apparecchiatura per vedere l’occhio, “autoreflettometro”, per cui tutto questo è stata una cosa estremamente faticosa. C’è da dire poi che chi ha avuto paura non si è presentato.

Chi viceversa non ha avuto paura, ha collaborato in maniera molto importante. Tutti gli infermieri e i medici hanno fatto poi una grande fatica di adattamento alla situazione nuova, un lavoro difficile da fare ma, si sono adattati alla novità. Per me è stato una cosa drammatica. Il non poter verdere il paziente e non potergli parlare per cui, abbiamo inventato le telefonate del primario ai singoli pazienti in modo da potergli dare un po’di contatto. Il problema inoltre è stato quello di non vedere il paziente e avere da dirigere un chirurgo, un urologo, un fisiatra un oculista a fare il lavoro che normalmente fa un internista. Per cui, anche qui, è stata una fatica incredibile che, devo dire, ha funzionato molto bene.

Adesso sono partiti gli ambulatori, l’azienda al momento si da da fare per far ripartire il tutto, ma è faticoso a livello organizzativo anche perché, se sei nell’ emergenza puoi fare tutto quello che vuoi  e magari nessuno ti critica, ma conclusa l’emergenza ci sono delle regole che devono essere osservate. Questo ospedale, dopo quello di Mondovì, è quello più nuovo per cui Ceva ha un patrimonio che non si può gettare via e la gente lo definisce strategico. Sicuramente è la convergenza di una valle savonese insieme e più valli piemontesi. È meglio spostare un medico sano che un paziente ammalato.

In consultivo, debbo dire che l’azienda si è difesa bene. Indubbiamente siamo sempre nel pericolo, il pericolo c’è sempre.  Il nemico è invisibile è in bocca alla gente e per questo bisogna cercare di mantenere quel livello minimo di precauzione che è la mascherina e il laviamoci le mani. Ritornerà comunque il covid–19 in particolare con l’arrivo del freddo ma almeno che non ci trovi impreparati.” 

Sergio Rizzo

(Nella foto: il logo dell’Abacus)

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