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Caso dell'ex vigilessa uccisa: tocca ai giudici pronunciarsi, poi si penserà all'eredità

CUNEO

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PIERCARLO BARALE - Il Codice civile - art. 463 - stabilisce che è escluso dalla successione come indegno chi ha volontariamente ucciso o tentato di uccidere la persona della cui successione si tratta, o il coniuge, o un ascendente della medesima, purché non ricorra alcuna delle cause che escludono la punibilità a norma della legge penale. Limitandoci al riflesso che tale norma andrà a produrre sul caso di cui i mezzi di informazione hanno ampiamente trattato in questi giorni - la ex vigilessa uccisa - ometto di riferire gli altri casi di indegnità a succedere, contemplati nel medesimo articolo. La dottrina ritiene che non si tratti tanto di incapacità successoria, quanto di esclusione ex lege dall’eredità. Il giurista Bianca ritiene che il legislatore abbia sancito l’indegnità a succedere come pena cosiddetta privata, in quanto alla coscienza sociale ripugna che si possa succedere al soggetto nei cui confronti siano stati commessi gravi atti. Tutti gli interessati alla successione possono agire nel giudizio di indegnità nei confronti del responsabile degli atti a danno del defunto. L’indegnità differisce dalla diseredazione, poiché opera come sanzione stabilita a tutela della collettività. La seconda invece trae origine dalla precisa volontà del testatore ed impedisce anche agli eredi del diseredato di succedere. Invece, in caso di indegnità, i discendenti dell’indegno possono succedere.

Così vuole la legge, che non penalizza persone diverse da chi è stato diseredato. L’omicidio volontario - non quello colposo - causa l’indegnità, a meno che venga esclusa l’imputabilità dell’esecutore o attentatore. La presenza di tale requisito è presupposto della volontarietà degli atti lesivi posti in opera nei confronti della vittima. Non solo la colposità dell’omicidio, ma anche la preterintenzionalità, esclude l’indegnità. In ambedue i casi manca il requisito fondamentale della volontà di uccidere o di attentare alla vita, cioè il dolo specifico. Nel preterintenzionale la volontà è di ledere, non di uccidere. L’evento morte non è voluto dal responsabile ed il dolo, cioè la lesività dell’azione, è limitato alle lesioni, escludendo a priori l’evento morte. È assai difficile, per i giudici, raggiungere la certezza dell’assenza del dolo dell’omicidio in caso di morte della vittima di lesioni. Talvolta il danneggiato cade - spesso dopo uno spintone o pugno - e decede per l’urto con il marciapiede o altri oggetti. In altri casi sopravvengono complicazioni letali a seguito di lesioni non importanti. Viene esclusa la responsabilità per omicidio volontario dell’uccisore che abbia agito, provocando la morte, nei casi di adempimento di un dovere. Come esempio si può indicare un’azione incauta in caso di incendio, al fine di contenerlo. Anche in caso di legittima difesa, non si ravvisa responsabilità. L’indegno risponde - e perde il diritto a succedere - anche se abbia incaricato altri di eseguire l’omicidio o di tentarlo, oppure vi abbia solo collaborato. 

Il giurista Azzariti non ritiene necessaria la condanna penale perché scatti l’indegnità. Il reo, non ancora giudicato, o nel corso del giudizio, potrebbe decedere e trasmettere il patrimonio del defunto agli eredi. In tal caso, la volontà della collettività, espressa nel codice civile, sarebbe vanificata. Se il ritenuto responsabile dell’omicidio o tentato verrà assolto nel giudizio penale, oppure sarà accertata la carenza di imputabilità o l’esistenza di cause di esenzione, la successione avrà luogo. Il giurista Bianca ritiene che l’aborto penalmente illecito sia causa di indegnità. Chi elimina il nascituro per porsi come futuro erede, non merita di diventarlo e risponde penalmente di tale gravissima azione. La vicenda della ex vigilessa ritenuta uccisa dalle figlie e dal fidanzato - così pare - di entrambe, avrà uno sviluppo sotto il profilo penale, con la ipotizzabile declaratoria di indegnità a succedere per le figlie, ove risultino responsabili e penalmente sanzionate. Il consistente patrimonio, per quanto è dato sapere, dovrà spettare alla figlia disabile, che potrà contare sulla nonna come tutrice. E ciò indipendentemente da un eventuale testamento della defunta, inapplicabile alle ritenute indegne a succedere. Toccherà prima ai giudici penali pronunciarsi sulla responsabilità delle due figlie indagate. All’esito del giudizio, la successione avrà luogo, considerato un eventuale testamento da coordinare con i fatti imprevisti successivi alla data della sottoscrizione del documento. La volontà della defunta, in relazione a tale atto, dovrà essere rispettata con riferimento alle statuizioni del Codice civile in punto “Successione testamentaria” da coordinare con delle eventuali responsabilità che verranno accertate a carico delle figlie indagate. Se verranno dichiarate indegne, saranno pretermesse nella successione, come stabilirà l’autorità giudiziaria.

Dopo il giudizio penale, molto probabilmente, se vi sarà condanna delle figlie, toccherà al tribunale civile stabilire a chi andrà il consistente patrimonio. La normativa richiamata costituisce un deterrente da sempre introdotto nella legislazione a tutela della regolarità delle successioni ed al fine di impedire che aspiranti eredi intendano abbreviare il tempo dell’attesa per appropriarsi dei patrimoni, eliminando fisicamente i titolari degli stessi. La norma tutela anche la dignità della persona, della cui successione si tratta. Anche il falso testamento provoca l’indegnità a succedere, come la calunnia e la falsa testimonianza accertate in sede penale. Tutte queste situazioni sono un boomerang nei confronti dell’autore, che non può raccogliere i frutti della sua azione delittuosa. Anche l’occultamento, la soppressione e la falsificazione del testamento, come il discredito nei confronti del testatore per calunnia e falsa testimonianza, comportano l’indegnità sotto ogni profilo. A fronte di comportamenti illeciti a danno del de cuius, l’autore perde l’eredità e subisce una condanna. Queste considerazioni di ordine generale nulla hanno a che vedere con l’esito del caso che ha dato spunto per tracciare un quadro sulle indegnità a succedere. Tale questione giudiziaria è appena all’inizio ed avrà il suo svolgimento senza che siano consentiti addebiti preventivi di responsabilità nei confronti degli indagati, per i quali opera la presunzione di non colpevolezza fino all’esito del giudizio di cassazione. È innegabile che secondo quanto descritto dai mezzi di informazione, siano emersi gravi indizi di responsabilità di carattere oggettivo, che saranno valutati nel corso del processo penale.

Piercarlo Barale

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