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Cari pifferai, eccovi un esempio (vissuto) di come li abbiamo davvero "aiutati a casa loro"

CUNEO

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GUIDO CHIESA - “Aiutarli a casa loro”. La frase in merito alla questione degli immigrati sulla cui paternità e significato – è un frase razzista o no? - è nata una diatriba infinita su tutti i giornali e su Facebook di persone che non hanno neppure la lontana idea di cosa possa significare.

Ho progettato e, successivamente, sono stato il responsabile della realizzazione di un impianto idroelettrico in Etiopia da 300 milioni di dollari finanziato dalla Banca Mondiale. E’ entrato in servizio nei primi anni del 2000 fornendo, da solo, oltre il 40% di tutta l’energia elettrica prodotta in Etiopia. Dopo il completamento di quell’impianto - e delle indispensabili linee elettriche che portavano l’energia sino ad Addis Abeba - le aziende etiopi hanno avuto l’energia necessaria per poter funzionare senza più interruzioni di corrente ed hanno iniziato a produrre ciò di cui il paese aveva veramente bisogno. Negli anni successivi, l’Ente Elettrico Etiope ha ottenuto i finanziamenti per altri due impianti a valle di quello da me progettato.

Oggi è possibile leggere su un sito della Farnesina che l’Etiopia è divenuto un mercato interessante per  “il sostenuto trend positivo fatto registrare dal Paese nell’ultimo decennio (oltre 10% di crescita media del PIL dal 2004), l'apertura - seppur timida - agli investitori internazionali, il basso costo del lavoro, le dimensioni ragguardevoli del mercato (quasi 90 milioni di persone) e la disponibilità di fonti energetiche nazionali (idroelettriche).”

Credo quindi che questo sia un ottimo esempio da cui partire per valutare cosa significhi realmente “aiutarli a casa loro”.

Innanzitutto significa aver progetti concreti e della cui fattibilità si è certi. Se non ci fossero stati 20 anni di studi dell’Enel su quell’impianto, i 300 milioni di dollari imprestati dalla Banca Mondiale all’Ente Elettrico Etiope non sarebbero mai arrivati in Etiopia.

In secondo luogo bisogna trovare chi è disposto a finanziare quei progetti. Si fa un gran parlare di un piano Marshall per l’Africa, ma né Salvini né Renzi dicono che i paesi finanziatori dovrebbero sborsare alcuni miliardi di Euro all’anno per lanciare quei progetti. Aiutarli a casa loro abbassando le tasse in casa nostra credo sia una contraddizione in termini difficilmente risolvibile.

Contribuendo al Piano Marshall per l’Africa, le imprese italiane avrebbero la possibilità di partecipare alle gare d’appalto per la realizzazione dei progetti finanziati, ma avrebbero bisogno di avere una diplomazia in grado di supportarle nella difficilissima impresa di entrare sui mercati dei paesi africani. Cosa che non si è assolutamente verificata in Etiopia, dove è stata l’Enel ha fornire il supporto logistico e di conoscenza necessari, ma che oggi non sarebbe più in grado di fornire perché è stata smantellata la struttura che ha guidato la realizzazione dell’impianto etiope.

Da ultimo occorrerebbe un ente superiore di controllo, diciamo a livello europeo con esperti di tutti i campi, che verifichi costantemente la realizzazione dei progetti e gestisca i pagamenti al fine di acquisire la certezza che tutto vada a buon fine e che i denari non prendano strade, diciamo, improprie. Esattamente come faceva la Banca Mondiale i cui esperti venivano ad Addis Abeba ogni due/tre mesi e controllavano gara d’appalto per gara d’appalto,  disegno per disegno, cronoprogramma per cronoprogramma, l’avanzamento dei lavori e solo dopo le verifiche deliberavano la liberatoria dei pagamenti.

In poche parole, è facile fare propaganda dicendo “aiutarli a casa loro”, che trovo estremamente giusto fare, avendo io stesso contribuito a farlo e con risultati al di là di ogni rosea aspettativa, ma il nostro paese non ha più bisogno di pifferai magici che fanno finta di dimenticare che tra il dire e il fare bene c’è sempre di mezzo il mare.

Guido Chiesa

Postscriptum: peccato che quando andavo in Etiopia a fine degli anni ’90 ci fossero poco più di 60 milioni di abitanti ed che oggi siano circa 90 milioni. Anche in questo, forse, sarebbe bene aiutarli in casa loro.

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