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"Brillante esempio di riabilitazione", ma il maniaco dell'ascensore ha colpito ancora

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PIERCARLO BARALE - Era stato condannato a 14 anni e 8 mesi in primo grado - ridotti a 12 in appello - il violentatore seriale, che aveva terrorizzato Genova con una ventina di episodi, quasi tutti a danno di minori, negli anni 2005-2006. Aveva creato un clima di invivibilità serale per ragazze e giovani donne, con le forze dell'ordine tenute in scacco per due anni.

Era un barista di 30 anni, tornato libero tre anni fa, approfittando del sistema premiale che il nostro sistema penale ha ritenuto idoneo al recupero dei condannati. Aveva fruito di un indulto - istituto tutto italiano di abbuono di qualche anno di pena ogni qualvolta il Parlamento lo decida - e della liberazione anticipata per buon comportamento in carcere.

Secondo il suo difensore, sentiva di "esserne uscito", cioè di aver superato l'impulso alla violenza sessuale seriale. Invece, non pare abbia abbandonato tale comportamento, perchè si è reso responsabile della violenza ad una ragazzina tredicenne. E' reo confesso, mentre nega responsabilità per altri casi di violenze, che richiamano il suo modo di delinquere.

Ci si domanda se abbia confessato la violenza alla ragazza temendo di essere raggiunto - prima che dalla giustizia - dalla vendetta, oppure per allontanare i pesanti sospetti che gravano su di lui per numerosi altri casi insoluti del periodo successivo alla sua uscita dal carcere, trascorso a Genova ed a Milano, dove si era recentemente trasferito.

Fa sorridere - amaro però - l'osservazione richiamata dal suo difensore, sul fatto che il cliente rappresentava - evidentemente prima dell'ultimo stupro, un "brillante esempio di riabilitazione". Ci si domanda cosa avrebbe potuto - ragionevolmente - fare il violentatore superseriale dopo la condanna, se non dimostrare pentimento e desiderio di "uscirne".

E' ovvio che, dietro le sbarre, non avrebbe potuto continuare l'attività seriale, e che solo uno sciocco, in carcere, non dimostra pentimento e volontà di riabilitazione. In questo modo, anzichè 14 anni e 8 mesi senza libertà - con sollievo dei genovesi - è rimasto soli 8 anni - otto - lontano dalle ragazzine e giovani donne, che lo avevano visto come loro violentatore e tutte le altre che lo avevano temuto e fortunatamente evitato.

Per un paio d'anni, ad ogni stupro, le pagine dei giornali ed i mezzi di informazione narravano le sporche e criminali imprese del "maniaco dell'ascensore". La qualifica derivava dalle modalità esecutive degli stupri. Ora si è presentato, anticipando probabilmente la cattura, confessando lo stupro. Per un solo stupro - questa volta - se la caverà con tre/quattro anni. Se non già in primo grado, in appello, a meno che gli vengano addebitati altri stupri senza colpevole, ovviamente raggiungendo prove certe della responsabilità.

Negli USA per una ventina di fatti analoghi - stupri compiuti e tentati - avrebbe conseguito una pena di 80/100 anni. Soprattutto sarebbe stato messo nella condizione di non ripetere - a danno della società - le violenze, che non sono - come è stato accertato - frutto di malattia, ma di tendenza a delinquere sotto la sfera sessuale, senza adeguata osservanza della legge penale e dei doveri di ogni persona.

Stupisce la scarsissima attenzione riservata dai media allo stupro della tredicenne, che ha subito un trauma con inguaribili sofferenze anche psichiche. La violenza del rapporto imposto incide come un macigno sulla formazione della personalità della ragazza. La sessualità deve essere sviluppata con gradualità, accolta con dolcezza ed al momento opportuno, con desiderio e non per imposizione violenta da parte di una bestia. Le venti donne e ragazze che l'hanno subita nei due anni di "attività" del violentatore porteranno per tutta la vita il trauma patito, che le condizionerà, anche inconsciamente, nel rapporto che avranno o avranno avuto sotto il profilo della sfera sessuale.

Venti violenze: 14 anni e 8 mesi; poi in appello 12 anni; poi con indulto e premi comportamentali 8 anni di detenzione. Questo è avvenuto grazie - meglio, a causa - dell'istituto giuridico denominato "reato continuato". Possono essere due, dieci, venti, anche cinquanta le violenze compiute in un lasso di tempo anche di qualche anno. Così è per i furti, le rapine, le truffe. Più sono, meno pesano - in rapporto - le pene.

Per questo e per quanto segue come legislazione premiale nel periodo di espiazione della pena, il nostro Bel Paese è il paradiso dei delinquenti, nostrani e comunitari o extra, con bande organizzate dedicate ai vari filoni. Furto di rame - clonazione di carte di credito - esplosione di bancomat - copiatura di chiavi sofisticate - rapine in villa - stupri di branco - truffe agli anziani - imposizione di pizzo - spaccio di droghe, fanno i loro repulisti, spesso distinti per nazionalità ed etnie.

Una volta era a Napoli l'università del crimine, con altissima specializzazione per le truffe. Ora le clonazioni delle chiavi più sofisticate avvengono in Bulgaria, da dove partono i commandos per l'esecuzione.

Piercarlo Barale

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