BRA
FIORELLA AVALLE NEMOLIS - Con l'albese Paolo Prunotto, ci conosciamo da tempo, e non ci vediamo da parecchio. Mi aggiorna con una telefonata: Sai, a settembre, inizio dei corsi di Yoga, (come docente) a San Michele di Bra, nel salone della pro loco, proprio a due passi da casa tua.
Oggi ci ritroviamo con piacere. Siamo cambiati ambedue e ci raccontiamo le reciproche novità.
Paolo, (ormai docente dal 2001), ne ha fatta di strada! Da poco è uscito il suo libro Yoga, manuale per stare bene con se stessi Edizioni del Capricorno.
Non mi stupisco. Il suo curriculum è lungo e prestigioso. Merita darne cenno. Interessato da sempre alla conoscenza e ai misteri della vita, alla filosofia, alla scienza e alla spiritualità, ha esplorato i diversi approcci allo yoga e alle discipline olistiche (reiki, tecniche bioenergetiche). Approfondisce la sua formazione nello yoga classico, guidato da maestri occidentali e orientali della tradizione Satyananda. Allievo di Lama Thubten Wangchuk, a tutt'oggi studia il Tantra Yoga e la filosofia buddista Mahayana, il reiki tibetano e l'autoguarigione Ngalso. Docente dal 2001, ha all'attivo centinaia di ore di insegnamento e pratica. E' iscritto al Registro Nazionale del CONI come docente di yoga e formatore. Esercita come libero professionista nel suo studio (www.studioyoga.org), e collabora con altri centri olistici in Italia.
Non hai perso tempo, caro Paolo!
Sorride! Paolo è di bell'aspetto, longilineo, occhi scuri grandi, sorriso spontaneo e modi gentili.
Non si atteggia a grande saggio.
Anzi, non si prende mai troppo sul serio, passa con disinvoltura da concetti sublimi, a battute ironiche.
A stemperare la solennità di alcuni concetti, senza sminuirne la profondità. Che cos'è lo yoga? Definire lo yoga con una semplice formula non è facile. Semplificando: è un antico sistema di filosofie, principi e pratiche che ha come obbiettivo l'unione di corpo, mente e spirito. E' approdato in Occidente da meno di un secolo, attraverso alcuni grandi maestri orientali, che hanno donato all'umanità i segreti di una raffinata scienza per la vita, i cui principi si basano sull'immenso patrimonio filosofico, culturale e medico dell'antica India.
E' una pratica di consapevolezza. Non ha niente a che vedere con la propria credenza religiosa, con la propria ideologia.
Ci sono diversi stili di yoga, ognuno di questi può essere immaginato come un ramo di un albero, quindi, vie diverse per raggiungere il medesimo scopo.
'Come sei arrivato all'insegnamento dello Yoga e delle altre discipline?' 'E' una conseguenza e un desiderio di condividere ciò che si sperimenta e che si realizza. Innanzi tutto per se stessi. Perché altrimenti non sarebbe credibile. E' necessario un tempo per sperimentare, accantonando quindi, l'idea dell'insegnamento.
C'è una massima che dice: 'Sono i discepoli che rendono i maestri tali.' Naturalmente riguarda solo i grandi maestri realizzati, non vale per me.'. 'Quali sono i presupposti, le doti necessarie per intraprendere questo percorso?' ' Nelle persone c'è la convinzione di non essere in grado di intraprenderlo. Questo atteggiamento nasce da un concetto che i grandi maestri hanno chiarito, ossia quello di identificarsi con ciò che si sperimenta durante la vita, coprendoci con una sorta di maschera. Quella che desideriamo gli altri vedano di noi. Questo produce sofferenza e sopratutto ignoranza, non intellettuale, bensì, quella che non ci permette di scoprire la preziosità di ciò che si è.
Ecco che si resta fermi e legati alla sofferenza, proiettando la propria felicità su qualcosa di esterno da sé.
Questo è il principale malessere della civiltà umana. Il desiderio di possedere (per esempio la casa, l'amore, l'auto prestigiosa) con la convinzione che solo allora si sarà felici. Ma tutto ciò che è esterno a noi, non ha i requisiti per renderci felici, perché è di natura impermanente, transitoria. Cambia continuamente, come cambiamo noi.
Per esempio, in questo stesso momento nel nostro corpo sono già morte e rinate trilioni di cellule. Non abbiamo l'attitudine a vivere il 'qui' adesso.
La nostra mente tende a tornare su un fatto accaduto cinque minuti fa, per poi proiettarsi subito nel futuro, cioè a quello che sarà tra i prossimi cinque minuti. Quindi non è presente in quell'attimo. Si possono ripetere miliardi di situazioni, apparentemente simili, ma sempre diverse. Gli orientali ci insegnano che ogni respiro non ritorna. Mentre noi occidentali lo banalizziamo perché viene da sé. Invece nella pratica yogica ci soffermiamo sul respiro, e sul suo scopo e sul movimento che ne consegue, di energia e quant'altro, senza però restarne attaccati. 'Cosa si ottiene a non restarne attaccati?' ' Che ci permettiamo di creare uno spazio per il nuovo. Se si resta fermi su quel respiro, che simbolicamente può essere la propria ricchezza, pienezza, integrità, o gioia, in quell'istante tendiamo a non separarcene. Così quando abbiamo un bene prezioso o una realizzazione, l'afferriamo e la mettiamo sotto la campana di vetro. Poi a un certo punto...non c'è più.
Perché è di natura impermanente.
E allora nasce la sofferenza! 'Ma, non possiamo godere di ciò che si ottiene nella vita? ' 'Certo che ne possiamo godere, ma senza restarne prigionieri, ossia non pensare che la felicità sia unicamente in quell'oggetto. Va vissuto, sperimentato, per ciò che è in quel momento...e poi lasciato andare. Così facendo, ne arriverà un altro e sarà sempre una nuova gioia. In sostanza, vedersi in un flusso costante e stare nel presente per ciò che è in quel momento, come fosse un eterno presente.
Allora, come definisci il nostro modo di concepire il tempo in questa vita?' 'In questa dimensione siamo abituati a mettere un inizio e una fine e un durante; dalla nascita alla nostra vecchiaia e poi morte. Diamo un inizio e una fine alla cose e non siamo consapevoli del durante, dell'istante. 'Quindi, se confrontiamo il passato col presente, per poi pensare subito al futuro, sprechiamo il durante? 'Si. E' una cosa inconscia. E' la paura della morte che c'è in noi dal primo momento in cui veniamo alla luce. E anche la fretta. Però allontaniamo questo pensiero, perché diamo alla nostra vita un inizio e una fine, dimenticandoci della nostra continuità e dell'essere eternamente presenti, al di là della forma.'
Lo osservo mentre parla, è pacato, semplice, sereno. Provo in pò di invidia, io, che a volte trattengo il respiro per l'affanno. In questo, mi riconosco molto occidentale. Una curiosità, che bambino eri?
'Girovagavo sempre sulla collina vicino casa con i miei fratelli. Ero il più piccolo che cadeva sempre nelle buche. Così mia mamma dal balcone gridava:' Recuperate Paolo che è caduto'. Li seguivo sempre mentre costruivano le capanne. Amavo mettermi nudo per rotolarmi nell'erba e mia mamma si ricorda delle processioni che facevo in collina e anche nel bosco, e che mettevo delle croci. Quindi c'era la memoria di qualcosa che comunque mi legava alla natura, al silenzio. Da adulto ho poi compreso cos'era, studiando la filosofia, lo yoga, tutte cose che poi sperimentavo direttamente e mi sembrava di ricordarle. Mi sono familiari e questo mi ha confermato la continuità che noi abbiamo in questo divenire costante. E nulla si perde.'
Paolo mi ha portato in un mondo che mi ha sempre attratto...l' India, l'Oriente.
Però, sempre con la consapevolezza di essere nata in occidente.
Quindi, bando a sposare filosofie senza conoscerle a fondo.
Affascinata, ma consapevole.
Fiorella Avalle Nemolis