MONTAGNA
MONVISO: RISPONDE ALESSANDRO TRANCHERO, GESTORE QUINTINO SELLA
ELISA AUDINO - L'alta Valle Po regala da sempre le emozioni migliori nella parte finale dell'estate: complici il leggero abbassamento delle temperature e le giornate meno instabili, sono molti gli alpinisti o aspiranti tali che, proprio in questo periodo, tentano la via normale che dalle Sagnette o dal vallone delle Forciolline porta a 3841 mt di quota:(I'immagine g.c. del Monviso è di Patrizia Galliano).
Chi scrive ha percorso più di una volta l'itinerario, con adeguata preparazione fisica e conoscenza delle più elementari regole di arrampicata, nonché dei punti di appoggio a disposizione. Cosa che, molti, ritengono evidentemente non opportuno, a volte per una sottovalutazione delle reali difficoltà e a volte per un'effettiva mancanza di rispetto per la montagna, considerata sempre di più una montagna 'obiettivo' - nelle parole di Alessandro Tranchero a cui abbiamo chiesto qualche considerazione di massima sullo scorretto utilizzo del bivacco Andreotti a mt 3225 e sull'improvvisazione che regna in particolare nella fase discensiva dalla punta. Pericolosa per se stessi e per gli altri.
Intanto, gioverà ricordare che la normale del Monviso è tutt'altro che da sottovalutare: contrariamente a quanto ancora qualcuno pensa, la lunga fase finale non è né una ferrata (nonostante le Sagnette, una delle due vie di accesso, siano oggi attrezzate con catene, peraltro del tutto esposte) né un sentiero più stretto e che è bene percorrerla conoscendo le più elementari norme di arrampicata, con una mezza corda e un discensore a disposizione (oltre che a dei ramponi in caso di neve o ghiaccio). I punti di appoggio, per chi, come molti voglia percorrerla in due giorni, sono il rifugio Quintino Sella a quota 2640 mt o, eventualmente, il bivacco delle Forciolline a mt 2820.
Quello che, invece, non dovrebbe essere utilizzato è il bivacco Andreotti, a quota 3225 mt, di proprietà dello Sci Club Savigliano e riservato espressamente al riparo d'emergenza. Tutti sappiamo che, molto spesso, viene, invece, utilizzato per accorciare la distanza alla punta. È successo nelle scorse settimane e succederà ancora.
Abbiamo voluto chiedere a Alessandro Tranchero, gestore del rifugio Quintino Sella insieme alla propria famiglia nonché membro del Soccorso Alpino, la propria opinione. 'L'utilizzo del bivacco Andreotti come luogo di pernottamento è, di per sé, secondario', ci dice tenendo inoltre a ribadire che la sua opinione non è deviata da interessi di sorta, essendo il Quintino tranquillamente in grado di sopravvivere anche senza chi ne dispone in maniera non corretta.
'I problemi sono, in primo luogo, le ripetute esperienze di gente in difficoltà che contava di potercisi fermare e a cui - è già successo svariate volte - non viene permesso di entrare. In secondo luogo, l'uso massivo del bivacco ha trasformato quella zona in una fogna' e chi ha già avuto la possibilità di passarci in effetti potrà ricordarsi di quella scritta WC sulla parete rocciosa che altro non indica che un bagno a cielo aperto. 'I costruttori del bivacco sono in effetti stati ambigui a dichiararlo bivacco di soccorso' e, a suo parere, il problema riguarda anche il bivacco Boarelli alle Forciolline che, seppur non dedicato al soccorso, è privo di bagno funzionante e, come l'Andreotti, di una raccolta rifiuti. Se si vuole utilizzare un bivacco come un rifugio, allora - dice - è necessario che se ne faccia l'adeguata manutenzione e che qualcuno se ne prenda carico.
Al Boarelli - 12 posti letto - spesso sostano 30/40 persone per notte, nominalmente il bagno c'è, ma è stato chiuso perché privo di fogne. 'Non si tratta di bivacchi con passaggi da 40 a 100 persone a stagione, ma di migliaia di persone' ed è, evidente, che l'impatto è del tutto differente. L'alpinista non è così puro come piace pensare: 'spesso è il più maiale dei maiali', oltre al fatto che è evidente che - volendo escludere anziani e casi particolari - 'chi ha bisogno di dormire all'Andreotti per andare a Viso forse è meglio che non ci vada', proprio perché non in grado di assumere su di sé dei rischi eccessivi.
'La maggior parte della gente non è in grado di distinguere una via semplice da una via normale e considera il Monviso come una montagna obiettivo: non frequenta l'alta quota d'abitudine, va solo lì' ed è pertanto privo della consapevolezza che merita. 'Quel che spesso succede è che a luglio, essendo la montagna ancora innevata, si verificano meno incidenti: solo gli alpinisti con buona preparazione tecnica la percorrono. Ad agosto è un altro discorso, spesso tentiamo di fare filtro al rifugio e quando ci accorgiamo di avere degli inesperti cerchiamo in modo non invasivo di farne comprendere le difficoltà'.
Altro problema, ci dice, sono i runner: superleggeri, zainetto da 5 litri, scarpe basse, si lanciano a Viso a volte senza conoscerne le vie di accesso, rischiando, in caso di brutto tempo o cattivo orientamento, l'ipotermia.'Almeno una decina di volte ci si sono presentati dei runner che volevano raggiungerne la punta senza sapere la direzione da imboccare, come se si trattasse solo di un gioco di velocità'.
Il Monviso è ancora, seppur molti lo considerino diversamente, una delle punte più pericolose: con un morto ogni meno di 5000 persone (e 2000 salite all'anno), supera di gran lunga il Monte Bianco, che peraltro ha molti più accessi e che vince il primato negativo solo in termini assoluti, ma non in percentuale.
L'appello è quello di avvicinarcisi seriamente e con adeguata preparazione fisica e tecnica a quota 3841 mt, ricordandosi di scegliere i giorni meno affollati, evitando i weekend, documentandosi sui luoghi di appoggio non autorizzati, avendo cura di portare con sé una corda e un discensore e di conoscerne le modalità d'uso, prestando molta attenzione a se stessi e agli alpinisti.
Elisa Audino