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Biden ha vinto e non saranno certo i giudici a riportare alla presidenza Trump: meglio così!

CUNEO

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PIERCARLO BARALE - Mi sono occupato, più volte, di ricorsi elettorali relativi a bocciature di liste o posizioni individuali. Talvolta si è proceduto al riconteggio dei voti, disposto dal Tar. I risultati non hanno premiato i ricorrenti, che non sono riusciti a dimostrare brogli, ma errori di conteggio, inevitabili in ogni competizione, insufficienti però per variare i risultati. Mai ho constatato il verificarsi di modifica giudiziale di quanto avvenuto. Nella maggior parte dei casi veniva verificata la regolarità procedimentale, in quanto i dati provenienti dai seggi ed i relativi verbali subiscono un attento controllo da parte del tribunale in veste di commissione elettorale. Se invece il Tar ritiene opportuno effettuare il riconteggio delle schede relative ad uno o più seggi, non certamente per l’intero territorio interessato, nomina uno o più consulenti, che affiancano il giudice delegato. Talvolta la verifica può diventare un boomerang per lo stesso ricorrente.

Trump ha annunciato ricorsi a raffica. Qualcuno è già stato respinto, nonostante la consistenza della squadra di legali incaricati, che dovranno arrivare fino alla Corte suprema. Il presidente ancora in carica non pare nutrire fiducia nella correttezza ed imparzialità dello Stato nello svolgimento della consultazione. Ha già annunciato in prevenzione, prima dello svolgimento della consultazione, l’intenzione di non accettare i risultati, ovviamente se fossero stati, come è avvenuto, a lui sfavorevoli. Non ha fatto mistero - Trump - della volontà di adire la Suprema corte. Tale volontà è apparsa sconvolgente per gran parte dell’elettorato, ma rappresenta il suo modo di concepire il potere. Solleciterà vibratamente i giudici di area repubblicana ed in particolare quella appena nominata, per ottenere l’accoglimento delle sue richieste di riconferma in via giudiziaria.

Ricordo una cliente - piccola borghesia - che era parte in una causa civile avanti il tribunale di Cuneo. Al termine del tentativo di conciliazione concluso senza accordo, il giudice invitò le parti a meditare sulla convenienza di procedere nel giudizio, essendosi accertati in modo abbastanza definito la ragione ed il torto. Quest’ultimo appariva in capo alla mia assistita, che avevo vanamente invitato ad un commodus discessus, cioè all’abbandono del giudizio a spese compensate. Essa invece, disattendendo i miei - e del giudice - rilievi, si lanciò in una inaspettata dichiarazione - ora potrei dire Trumpiana -. Disse di avere conoscenze in sù, sicché, se anche le avessero dato torto in tribunale e poi ancora in corte d’appello, avrebbe certamente avuto ragione in Cassazione. Ricordo l’espressione comparsa sul volto del giudice, che trattenne a stento - forse per un riguardo nei miei confronti - un adeguato commento. Si andò a sentenza e la decisione fu quella prevista. Non certo per parzialità del giudice, che ben sapeva distinguere le emozioni dal diritto. La cliente mi spiegò, a fine udienza, quando le feci rilevare l’inopportunità della dichiarazione, che la persona in sù era il medico di un ramo del Parlamento, conoscente di una sua lontana parente. Cercai inutilmente di spiegare che nulla aveva a che vedere la medicina con il diritto e che la Cassazione in tale giudizio avrebbe esaminato soltanto le ragioni di diritto, per lei purtroppo non positive.

Confidare - come Trump - nella strumentalizzazione di alcuni giudici della Suprema corte, rappresentanti la maggioranza della stessa, suona assai stonato in quella che si proclama la più grande democrazia del mondo. Ritengo che i giudici - se mai aditi - non consentiranno riconteggi generalizzati delle schede postali e di seggio, rifacendo quindi integralmente il controllo. In assenza di precise e documentate ragioni, assai difficili da reperire. Le operazioni elettorali sono ritenute legittime ovunque. Solo nelle dittature vengono aggiunte a volontà schede già votate come per alcuni non diabetici lo zucchero nel caffè, se quest’ultimo è ritenuto amaro dal dittatore di turno. L’America è sempre stata vista come Stato affidabile nei suoi impiegati e funzionari e si è sempre verificata la leale e tempestiva accettazione della sconfitta da chi aveva conseguito minori consensi, come conteggiati. Durante la presidenza Trump la gestione dello Stato è cambiata, per il disprezzo degli organismi internazionali, l’allontanamento dagli stessi, di quelli sovranazionali sul clima e sul rispetto della natura e dell’ambiente. Persa la presidenza, certamente dovrà rispondere anche penalmente per la situazione fiscale, che lo vede da anni non pagare tasse e per altri aspetti che verranno alla luce e finora probabilmente erano stati tenuti riservati. Così come è avvenuto per i presidenti francesi Giscard e Sarkozy, chiamati a rispondere, persa l’immunità, a rischio carcere.

Con la vittoria di Biden si chiude un quadriennio che ha visto l’America governata da un fuorilegge, che ha ordinato al ministro della giustizia Barr, quando lo spoglio dei voti diventava favorevole a Biden, di mettere in prigione il suo avversario ed anche Obama. Il 20 gennaio 2021 Biden assumerà i pieni poteri, giurando alle ore 11 e sarà tale, anche se in pura ipotesi, Trump occuperà ancora la Casa bianca frapponendo ostacoli, aizzando gli avvocati, inventando complotti, mentre, come i topi quando la nave affonda, se ne andranno i collaboratori. Ma non sarà la fine per Trump ed il trumpismo, a meno che lo mettano in galera per anni. Per ora, con Biden eletto, Fauci resterà con la testa unita al collo e manterrà il posto. Finora Trump non ha ammesso la sconfitta, ma pare che il suo entourage stia trattando per ottenere una sorta di immunità in cambio dell’accettazione di quanto avvenuto. 

L’America democratica ha rivolto un sincero e sentito grazie ai neri ed in particolare alle donne di ogni colore. Con i loro voti hanno consentito l’uscita dal tunnel trumpiano.

Piercarlo Barale

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