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Berlusconi presidente, Forza Italia nel governissimo: da destra e da sinistra lusinghe per Berlusconi

CUNEO

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PIERCARLO BARALE - Stiamo assistendo, ormai da giorni, ad un balletto surreale. Protagonisti i politici nostrani, tendenti a cercare di sopravvivere, di fronte ad una crisi di governo conclamata, ma non ancora ufficializzata. Da ogni parte arrivano proposte, suggerimenti: alcuni ragionevoli; altri al limite dell’incoscienza. In caso di elezioni anticipate, giudicate unica soluzione all’attuale stallo, il direttore de "Il Giornale" - testata berlusconiana - prevede vittoria piena della destra. Conseguenza: governo Salvini-Meloni-Tajani. Berlusconi presidente della Repubblica alla scadenza del mandato di Mattarella. 

Salvini, invece, lo conosciamo bene. La quasi incredibile alleanza politica tra Pd e Pentastellati, pare salda: quanto meno nella concorde volontà di evitare il ritorno in maggioranza di Renzi, dimostratosi incauto pokerista perdente. Al Senato i numeri non bastano al governo, orfano dei renziani. La caccia ai costruttori, organizzata dall’esperto democristiano Bruno Tabacci, pare conclusa negativamente. Senza maggioranza assoluta non si può governare, sia in aula che nelle commissioni.

Si è assistito al finale al cardiopalma della votazione in Senato sulla fiducia al governo. Un paio di senatori, fino a pochi istanti prima del termine stabilito dalla Presidente per la seconda chiama, sono stati appostati, per alzare la mano in zona Cesarini. Le loro manine timidamente alzate non erano state notate e la votazione era stata chiusa. Proteste, moviola calcistica, riapertura, due voti favorevoli al governo. I due costruttori hanno così portato a termine il disegno, dopo aver prudentemente atteso gli eventi e le altrui dichiarazioni di voto. La mancanza di adeguati compensi in poltrone e garanzie di rielezione non ha consentito di fare acquisti, poiché il governo disponeva soltanto di due ministeri e del sottosegretariato, già appannaggio del partito di Renzi.

La Meloni chiede di andare alle elezioni. Salvini nicchia. Nessun altro vorrebbe dare la possibilità agli elettori di esprimersi. È vero che si resterebbe fermi per un paio di mesi, cosparsi di veleni, bugie interessate, in un vortice di clamori provenienti da tutti i mezzi di informazione. Tutto ciò quando l’Europa attende il nostro piano definitivo, con 209 miliardi in ballo - dei quali un’ottantina regalati - e la pandemia Covid che recede lentamente.

Preoccupa la versione inglese del virus, definita più contagiosa, aggressiva e letale. Pare però che la descrizione del virus mutato, come comunicata dal premier inglese, sia stata esternata anche per coprire la sottovalutazione della pandemia e l’altissimo numero dei morti in Gran Bretagna. In sostanza, una sorta di fake news governativa, la cui paternità sarebbe addebitabile all’estroso premier giallo chiomato - alla Trump - che aveva quasi negato il virus, ne era rimasto vittima a rischio e gravemente sofferente e non aveva approntato i necessari provvedimenti. Si è affrettato ora ad avvicinarsi al vincitore Biden, dopo gli "amorosi sensi" - anche circa il Covid - scambiati con il peggior presidente d’America.

Berlusconi si è un po’ defilato. Pare abbia mandato in avanscoperta l'ex fedelissima Maria Rosaria Rossi, divenuta costruttrice in appoggio a Conte, per tenere un piedino nella coalizione di governo. Attende gli eventi, con il fido Tajani. È pronto però, con la misteriosa Carfagna e l’enigmatico Toti, a partecipare ad un governissimo. Incombe su tutto il voto in Senato sulla relazione del ministro della giustizia Bonafede. Il contenuto è indigeribile per la destra. Si profila la bocciatura, che porterebbe alla fine del secondo governo Conte. Se non verrà alla luce una ventina di costruttori, il governo cadrà.

A meno che l’abilissimo Conte non si dimetta, rimettendo il mandato a Mattarella, prima dell’esito negativo della conta. Il premier potrebbe invece decidere di rischiare, dare corso alla votazione, ormai non evitabile, sperando che anche i renziani votassero la relazione, così come altri senatori che vedono con terrore la fine del mandato con più di due anni di anticipo. Anche tale esito - favorevole al governo - non consentirebbe una successiva agevole navigazione.

Emerge sempre di più l’ipotesi di un governo tecnico, presieduto da Cottarelli - Draghi resterà a città della Pieve - dopo le dimissioni di Conte, che eviterebbe così la conta negativa sulla relazione Bonafede. Tale soluzione consentirebbe di evitare questioni con l’Europa e continuare la guerra al Covid, alla luce delle annunziate riduzioni delle forniture di vaccino ed alla necessità di provvedere ai dovuti ristori alle attività danneggiate. Se non ci fossero queste emergenze, il ritorno anticipato alle urne sarebbe la decisione migliore.

Dai sondaggi, abbastanza univoci ed attendibili, appare una sfasatura tra il risultato dell’elezione del 2018 e gli attuali orientamenti del corpo elettorale. La riduzione del numero dei parlamentari terrorizza gli eletti, ben pagati ed accuditi in un attuale contesto di elettori impoveriti e disorientati. I parlamentari sono eletti per amministrare lo Stato con lealtà ed onore, non per litigare tra partiti e correnti o addirittura tra di loro. Né per giocare a poker, come se il Parlamento fosse il casinò di Sanremo e ministri e sottosegretari le carte da giocare o da ritirare.

I cittadini stupiti, disgustati e preoccupati per la loro salute, i loro beni ed i loro affetti, osservano sgomenti, questo teatrino, amplificato e distorto da mezzi di comunicazione di parte, spesso faziosi e dediti alla disinformazione. Il tutto con una pandemia mortale per 70 mila italiani e disastrosa per la gran parte delle attività economiche, le scuole di ogni grado ed il futuro della Nazione.

Piercarlo Barale

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