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Completato il "suicidio" della sinistra, ma strada difficile per Di Maio o Salvini premier

CUNEO

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PIERCARLO BARALE - Anche qui a Cuneo - dove avanzano decisamente Lega e M5S, a danno di Pd, sinistra tutta ma anche di Forza Italia - non c'era sfuggito l'ultimo colpo di teatro - o proposta di pentola - di Silvio Berlusconi nella campagna elettorale è stata la comunicazione della disponibilità al premierato di Antonio Tajani. Il presidente del Parlamento europeo - a tale incarico proposto da Silvio - manifestando l'assenso a presiedere il Consiglio dei Ministri ancor prima delle votazioni, gli avrebbe portato un regalo. "Un programma che prevede un fondo finanziato dalla Bci, Cassa Depositi e prestiti e fondi europei per le infrastrutture, mirato per il Sud: 250 miliardi per produrre 500 mila posti di lavoro".

Il messaggio, destinato prioritariamente al Meridione, conteneva come di consueto nella esposizione berlusconiana, chiara ed immediata, due elementi di - ritenuto - sicuro effetto: 250 miliardi e 500 mila posti di lavoro assicurati. E' stata la bomba finale dei fuochi d'artificio dispensati da tre mesi; senza economia e ritegno. Pentole per tutti, in cambio di voti. Poi si vedrà. Uno schema consueto ed anche consolidato, senza però avere valutato che questa volta il mercato delle stoviglie era saturo ed occupato anche da altri venditori, che meglio avevano capito le dinamiche ed i risultati. Così l'ultima promessa è andata clamorosamente buca.

La disponibilità di Tajani - prudentemente rimasto al suo posto in Europa -, divulgata nell'ultimo giorno come un asso vincente, non ha avuto esito. L'interessato l'aveva motivata come risposta alla chiamata della Patria, non di Silvio: Patriottismo e non obbedienza. Il giorno successivo al sorpasso della Lega, la disponibilità, rivelatasi inutile, è stata revocata. Con un veloce rientro a Bruxelles, mentre il Silvio chiamante si era chiuso in un prudente ed inconsueto - silenzio -. Ora è apparso pronto ad incoronare Salvini rappresentante della coalizione e si è dichiarato regista per la coalizione. Le carte non saranno più distribuite da Silvio, all'interno del centro destra e nel contesto nazionale.

Sarà il presidente Mattarella a sbrogliare la complicatissima matassa, conseguente ai risultati elettorali raccolti con il Rosatellum. Si va verso l'ingovernabilità, per lo meno considerando i numeri e le prime posizioni assunte dai rappresentanti dei partiti che hanno conseguito i risultati più importanti. Pare che né di Maio né Salvini faranno il premier, pur avendo ottenuto i migliori risultati. Renzi ha annunciato dimissioni non operanti, se non ad elezione avvenuta dai presidenti di Camera e Senato; le prime incombenze del Parlamento, fra una ventina di giorni e la formazione del Governo. La Germania ha impiegato 6 mesi per trovare un accordo sottoscritto avanti notaio e sottoposto agli iscritti, che lo hanno approvato. Rispetto alle posizioni di assoluta indisponibilità espresse da Renzi, qualche importante esponente piddino ha manifestato una cauta attenzione per un tentativo di avvicinamento ai cinquestelle, alla esclusiva luce della governabilità del Paese.

Se Mattarella privilegerà la coalizione vincente di centro destra, oppure il partito vincente di Di Maio, è tutto da vedere. Per ricevere l'incarico esplorativo di formare un Governo di coalizione, occorre assicurare la disponibilità di altre forze oltre le proprie, con il raggiungimento della maggioranza numerica di deputati e senatori. Di norma è opportuno un periodo di decantazione, che dovrebbe essere brevissimo per esigenze di governabilità, ma tale da consentire una previsione ragionevole di successo. I Cinquestelle con appoggio Pd potrebbero arrivare al successo, anche se con numeri non troppo abbondanti e con il rischio di franchi tiratori o dissenzienti dichiarati, come è consueto avvenire nel nostro Paese. Il crollo del Pd e la posizione inconsueta del suo presidente, dimissionario - ma solo dopo l'elezione dei presidenti di Camera e Senato e la formazione del Governo - non facilitano l'avvicinamento e, tanto meno, l'ipotesi appoggio esterno ventilato da Boccia.

Di Maio pare diplomaticamente ed opportunamente disponibile ad accordi sul programma da concordare, ovviamente con base il proprio - meno, per ora, Salvini - per la durezza delle posizioni, difficilmente condivisibile da altri partiti al di fuori della coalizione di appartenenza. L'Italia appare spaccata in due: Lega al Nord e Cinquestelle al Sud. Una piccola residua parte al Centro è rimasta al PD, che ha completato il suicidio assistito iniziato con il distacco dai propri elettori fin dall'infelice referendum costituzionale. L'atto finale è stata la scissione che ha portato alla nascita di Leu con tanti vecchi esponenti della falce e martello a suo tempo convogliati da Prodi nell'Ulivo, ora finalmente liberi di dichiararsi duri e puri, veraci ed unici esponenti della sinistra. Ovviamente scavalcati a sinistra da altri più a sinistra di loro. Ed ancora da altri più a sinistra della sinistra stessa. Mentre si stavano celebrando queste scissioni, parte di quel popolo della sinistra è confluito nella Lega e nei Cinquestelle, mentre la destra della sinistra è rimasta con Renzi.

Con questo panorama desolante per la sinistra dilaniata e suicida, incapace di valutare le aspettative del Paese, hanno avuto buon gioco Salvini, Di Maio e Di Battista. Quest'ultimo, assente dalla gara solo in modo formale, di fatto la vera anima del movimento divenuto partito. Forse lo rivedremo leader alle prossime probabili elezioni o anche prima.

Piercarlo Barale

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