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Futuro di Tav, gasdotto e Ilva di Taranto: contraddizioni politiche ed economiche

CUNEO

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PIERCARLO BARALE - Valle Susa batte Europa. Le proteste di trentamila valligiani saranno più importanti delle decisioni assunte in sede europea e nei parlamenti italiano e francese. Sembra una nuova telenovela, dopo il ponte sullo stretto, progettato, approvato, appellato e poi affossato. Con tanto di penali miliardarie da pagare. Le grandi opere richiedono decenni dalla decisione di progettarle, fino alla loro ultimazione. Perchè possano essere non solo decise, ma realizzate, occorre stabilità politica. Tutto ciò che supera il quinquennio di durata delle legislature corre il rischio di vedere neppure ultimata la progettazione, altroché la realizzazione. La Tav, a quanto viene affermato dai contrari, sarebbe ampiamente superata, in quanto non sussisterebbero più le previsioni di utilizzo alla base della decisione originaria.

Stupisce che una linea strategica, facente parte del percorso europeo Lisbona - Kiev, sia diventata inutile. Anzichè ancor più necessaria, come finora è avvenuto per strade, autostrade, linee aeree e navali. Ricordiamo le proteste per ogni opera autostradale o ferroviaria; la ritenuta non necessità dell'alta velocità, che invece ha soppiantato l'utilizzo dell'aereo tra Milano e Roma e non solo. La realtà è che, a prescindere dalla bellicosità dei valligiani valsusini e delle reiterate violazioni del codice penale - quasi sempre ignorate o tollerate - sono le riserve di parte della collettività nazionale, schierata con i Cinquestelle, ad avere parlato alla decisione annunciata. Mentre Salvini nicchiava, Di Maio precisava l'abbandono del progetto, la violazione dei patti con l'Europa ed il partner francese, l'accollo delle spese, il pagamento delle penalità. Sotto il principio "pacta sunt servanda", essenziale per i romani antichi, non per quelli di oggi.

Anche i fatti relativi alla Tap, il gasdotto proveniente dal Mar Caspio, paiono sul punto di essere disattesi. Ai contrari locali - pugliesi - che difendono qualche decina di ulivi, da espiantare e ripiantare, danno manforte i grillini ed il quasi grillino Emiliano, piddino controcorrente. Dopo qualche migliaia di chilometri in terraferma e sotto l'Adriatico, la Puglia potrà essere la tomba del gasdotto. Più che opera inutile - il gas a qualcosa servirà - pare inopportuna per il luogo di emersione dal mare. Andrebbe bene se sbucasse più a Nord, lontano dai protestanti attuali e dalla regione Puglia, governata dal piddino quasi pentastellato, che guida l'opposizione all'opera di interesse europeo.

L'Ilva di Taranto - 14 mila dipendenti - probabilmente verrà smantellata, in quanto i sindacati, sempre con l'appoggio del governatore Emiliano e del sindaco, hanno rigettato il progetto di ristrutturazione patrocinato dal ministro Calenda e dall'attuale Governo. Questa decisione potrà portare alla rinuncia dell'acquirente, che aveva offerto condizioni ritenute soddisfacenti per il territorio ed anche per i dipendenti. Coloro che non sarebbero stati assunti, per la prevista riduzione di occupati, avrebbero trovato comunque lavoro per le opere di risanamento. Con la probabile rinuncia all'acquisto, la conseguente cassa integrazione per i 14 mila in servizio, si profila ora una decisione patrocinata dai pentastellati e dal solito Emiliano. Tutta l'area verrà risanata, la fabbrica smantellata, diventando un grande parco di fruizione pubblica.

Idea geniale, ecologica, encomiabile, da realizzare immediatamente. Restano da risolvere due problemi: i 14 mila addetti che resteranno disoccupati; la mancata produzione di acciaio per l'intera Europa. I dipendenti potranno fare i guardia parco, oppure ottenere i 780 euro per il reddito di cittadinanza. Per l'acciaio, nessun problema: lo si potrà acquistare dalla Cina, magari pagandolo in lire, se abbandoneremo l'euro e magari anche l'Europa. Con gli specialisti in propaganda elettorale ora al governo del Paese, non dovremo stupirci di nulla. Hanno dichiarato che, per quanto riguarda i rapporti con l'Europa, faranno l'esatto opposto di quanto finora avevano fatto i precedenti governi: dal mancato rispetto dei patti e dei trattati, alle decisioni economiche, al debito pubblico.

Speriamo di non seguire l'Argentina o il Venezuela se ci chiederanno - i mercati - di restituire il corrispettivo dei buoni del tesoro, bot ed altri titoli del debito pubblico, facendo andare buche le aste, che ogni anno mettono sul mercato circa 400 miliardi in scadenza. Bisogna ricordare che i trattati europei non possono essere modificati senza il consenso unanime di tutti quelli che li hanno sottoscritti. Se Salvini, ministro dell'Interno, riuscirà a far espellere immigrati irregolari che circolano indisturbati, chapeau. Se verranno costruite nuove carceri, anzichè approvati nuovi condoni ed anche gli evasori fiscali andranno ospiti delle nuove strutture, altro chapeau.

Piercarlo Barale

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