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FIORELLA AVALLE NEMOLIS - Oggi, 27 gennaio, ricorre il Giorno della Memoria e più che limitarmi a ricordare il dolore e la sofferenza che genera altro dolore, scelgo di ascoltare, su questo argomento, il pensiero della diciannovenne braidese Anna Pacotto, che attualmente frequenta l'Università di Matematica a Torino.
Come sei venuta a contatto con l'associazione Deina di Torino?
"E' stato l'anno scorso, al quinto anno di liceo scientifico scienze applicate a Bra, quando ho aderito alla proposta dell'associazione, che da due anni si rivolge solo agli studenti maggiorenni, per fare l'esperienza a Cracovia e per visitare sia i quartieri ebraici, sia i campi di concentramento di Auschwitz e di Birkenau. Prima di intraprendere questo viaggio, che non è una passeggiata, nella stessa scuola si seguono quattro lezioni per prepararsi all'evento".
In cosa consistono?
“Sono due ore di lezioni ma non sono frontali, non si tratta esclusivamente di guerra. Gli studenti si dispongono in cerchio quindi, vedendosi in volto si favorisce un senso di comunità, di legame, al fine di sostenersi a vicenda durante la visita. Si procede con domande rivolte agli studenti che si confrontano e rispondono e, da subito viene chiarito di rispondere pure liberamente, senza per questo sentirsi giudicati, perché non c'è un'affermazione giusta o sbagliata. Solo insieme e ragionando si arriverà alla conclusione giusta. Lo scopo è di esaminare i fatti accaduti, concentrandosi soprattutto sul lato psicologico e su come la popolazione sia stata coinvolta a contatto con le SS, che sta per Schutzstaffel ossia squadra di protezione. Inizialmente era un'organizzazione paramilitare volontaria del partito nazista, trasformata poi in una forza combattente durante la seconda guerra mondiale. In sostanza lo scopo è di ricostruire e seguire, passo passo, l'evoluzione degli eventi che porteranno allo sterminio degli ebrei”.
Secondo te, attraverso la preparazione fornita dall'associazione Deina, è possibile avere una visione diversa della vita?
"Secondo me sì, per esperienza vissuta si verifica come un cambiamento di mentalità. Fin quando a scuola leggi i libri di storia, non realizzi nemmeno l'enormità di ciò che è stato. Quando visiti Auschwitz dove ci sono ancora i forni, le casette e l'iconico cancello, ti rendi conto che, anche se non è così grande, vi sono state sterminate un milione di persone, mentre Birkenau, che è solo un campo con i mattoni delle fondamenta, a confronto è talmente enorme, che a vista d'occhio non ne vedi la fine. Solo allora comprendi l'enormità di persone che sono state sterminate”.
Hai visto molto, ma cosa ti ha segnato particolarmente?
"Innanzitutto il freddo penetrante che si soffre ad Auschwitz, ero vestita con ogni comfort, eppure lo sentivo penetrare nelle ossa e, al pensiero di quelle povere persone, vestite con una divisa di cotone leggerissima, oltretutto denutrite, non oso immaginare quanto abbiano sofferto. Mi si raggelava anche il cuore".
Cos'altro ti ha scosso particolarmente?
“Entrando nelle camere a gas, vedendo i graffi delle unghie che avevano scalfito completamente tutte le pareti, realizzi quante persone sono passate e quanto dolore abbiano patito. Quando si rendevano conto che non erano sottoposti a docce, bensì ad esalazioni di gas mortali, c'era quel tentativo disperato di trovare scampo, di aggrapparsi a qualcosa per sfuggire alla morte. E' stata una sensazione angosciante”.
Osservo Anna seduta nella poltrona turchese del mio studio. Parla in modo composto, senza gesticolare. Sul suo volto giovane e fresco, dietro le lenti di una montatura importante, risaltano quegli occhi azzurri che rispecchiano ancora l'orrore visto e provato. A tratti, storce persino un po' la bocca come segno di insopportabile impotenza e orrore.
Cosa ti ha spinto ad iscriverti come volontaria alla Deine?
“Sapevo poco niente di ciò che era successo, ancora adesso mi mancano molte conoscenze, ma ho realizzato che la visita con la vicinanza dei tutor mi aveva davvero cambiato un po' la vita. Appena uscita da Auschwitz, ho subito preso coscienza che mi lamento di cose che non hanno davvero senso. Ogni tanto devo stare zitta. Nel mio piccolo, vorrei provare anch'io a fare cambiare un po' la mentalità, ossia che niente si risolve con la violenza. Se riuscissi nel mio intento anche con una sola persona, per me sarebbe già tanto”.
Qual è il tuo obiettivo in questo momento?
“Già durante il viaggio di ritorno mi ero informata per fare il tutor e adesso che ho passato le selezioni per fare parte della Deina, potrò accompagnare gli studenti. Spero di riuscire a dare tanto quanto ho ricevuto. E' stata l'esperienza più bella che abbia fatto nella vita fino ad ora".
Fiorella Avalle Nemolis