Meteo Radio Stereo 5 Euroregion Facebook Twitter Youtube Linkedin

Alice Lotti di Alba racconta la Capitale europea della cultura 2023 Veszprém in un murales di 65 metri

ALBA

  • Foto
  • Foto
  • Foto
Condividi FB

ANTONELLA GONELLA - Alice Lotti la incontri in Val Tanaro, nello spazio dedicata allo yoga del borgo recuperato di Selucente, a Borgo San Dalmazzo sui muri di Alpi Vivai, in Valle Grana nella collaborazione nata con la comunità locale e l’Ecomuseo Terra del Castelmagno, nei loghi e nelle etichette dei Pascoli di Amaltea a Mombarcaro. E naturalmente nella sua Alba, a cui è legata da origini e affetti. Ovunque è presenza che si concretizza in un lampo di luce e colore: forme geometriche a scandire luoghi e storie che si fanno arte. Di recente la grafic designer cuneese ha realizzato il suo racconto più lungo: un murales di 65 metri dipinto a Veszprém, città dell’Ungheria che nel 2023 condivide il titolo di Capitale Europea della Cultura con Timisoara ed Eleusi.

Per celebrare l’appuntamento Alice Lotti ha dato vita ad un’opera complessa, per dimensioni e potenza narrativa. L’affresco murario affianca il percorso di una pista ciclabile. Ma dove l’osservatore comune vede una periferia urbana come tante, l’artista identifica vite, progetti, sogni: a quei sogni si ispira per migliorare gli spazi aggiungendo significato ad architetture altrimenti spoglie. Sul muro trovano così spazio il Lago Balaton e i costumi tradizionali, la cultura, la storia e le atmosfere del territorio ungherese in una sintesi tra architettura e natura.

E’ già successo altrove, nelle numerose collaborazioni internazionali che segnano il percorso creativo di un’artista in continua evoluzione. Un viaggio personale fatto di una lunga serie di incontri: persone che raccontano la propria vita, la professione, i progetti e le speranze. “L’illustratore – spiega Alice - è un traduttore. Dà vita ad un alfabeto visivo che punta all’universalità della comunicazione, al di là delle differenze di lingua e cultura. E risponde in chiave moderna a un bisogno di narrazione che è proprio della natura umana e che si fa più forte nei territori come la nostra provincia dove serve una crescente consapevolezza: non bisogna andare lontano per incontrare la bellezza”.

Ovviamente le sue installazioni si trovano a Milano, Trento, Civitanova Marche, Cesena, Siracusa, Davos, Sofia. Sono stazioni ferroviarie, centri commerciali, sottopassi, scuole, strade. A Torino, dove Alice Lotti ha sede lavorativa e dove insegna all’Istituto Europeo di Design, trasforma l’ingresso della casa del quartiere San Donato. A Grosseto è la serranda di un’attività commerciale che prende vita in maniera inaspettata. Geometrie e forme a segnare un confine. E i colori: pochi, quattro o cinque al massimo scelti con cura per ogni opera. “Perché  - spiega - ci vuole un limite, uno spazio chiuso entro cui lavorare al messaggio”.

L’arte poi si declina in vari modi: se dal 2019 la forma espressiva più efficace sono i dipinti murari, quella più soddisfacente resta la progettazione dei libri. E poi etichette, collaborazioni per grafiche di tessuti, ceramiche, opere di grandi dimensioni e lavori più ridotti. Ci sono i brand internazionali e le commissioni di privati. Su tutte quella che forse sintetizza al meglio il percorso di quest’artista, in una sorta di omaggio all’individuo e all’unicità del suo contributo alla formazione del tessuto sociale contemporaneo. Nascono così i ritratti di famiglia da conservare e tramandare: in una tradizione antica eppure interamente rinnovata, rappresentano l’unione tra due o più persone e la sintesi dei differenti percorsi di vita che si fanno uno.

Ogni lavoro è un’esperienza totalizzante ed immersiva che dura spesso giorni, fatta di impegno, creatività, problematiche concrete da superare. Segue il distacco che l’autore si concede dalla realizzazione finale: “Un lavoro che si conclude lascia spazio ad una sensazione strana: è come se in qualche modo non mi appartenesse più, lo osservo con gli occhi di un altro. Però non mi sento artista. Sono una donna che fa un lavoro tradizionalmente associato all’universo maschile: si dipinge spesso all’esterno, con condizioni meteo a volte difficili. La realizzazione diventa così un atto fisico, fatto di ore sui ponteggi, di fatica. Poi ci sono le persone che fanno la differenza: la loro voglia di interagire, l’entusiasmo, la condivisione rappresentano il ricordo più emozionante di ogni creazione e l’impressione di aver contribuito, anche se in piccola parte, a modificare l’orientamento delle realtà urbane sempre più ripiegate all’individualismo, restituendo loro un po’ di quell’essere comunità che le fa più vivibili, più belle”. 

Antonella Gonella

 

VIDEO