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Al mercatino dell'usato di Bra ogni pezzo è di vita vissuta

BRA

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FIORELLA AVALLE NEMOLIS - Sole e freddino hanno battezzato il mercatino dell'usato a Bra. Quest'anno è cambiato il suo percorso.  Come un ferro di un cavallo: a partire dalla centralissima via Cavour, poi alla via Principi ampia e con i portici da ambo le parti, per finire in via Audisio.

E' stato promosso il cambiamento. Gente a fiumi, più degli anni scorsi. Come resistere al colore, alla varietà, ai personaggi che si incontrano nel gironzolare da un banchetto all'altro. Il mercatino per tutti ha un sapore di riscoperta.

Riaffiorano ricordi. Chi di noi stessi, da bambini. Chi dei genitori e chi dei nonni. Mi aggiro affamata di ghiotte sensazioni. “Guarda, guarda quella bambolina lì, ce l'aveva la mia nonna. Proprio uguale, uguale! E quel vaso lì piaceva tanto alla mia mamma. Chissà che fine avrà fatto! Eh, con i traslochi, si butta. Si butta. E poi, si rimpiange d'averlo fatto.” Questi i commenti. Si vagabonda tra nostalgie di un tempo passato.

Quanti oggetti, soprammobili! Tutti “ciapa puer”. Proprio quelli che le nostre nonne posavano delicatamente su (posso osare? inutili e grotteschi) centrini fatti a mano.

Erano oggetti che accompagnavano ritmi lenti, le tazzine da tè in porcellana, i vassoi elaborati, con altro centrino appoggiato; le statuette delicate, in porcellana finissima. Ma non certo utili. Insomma rassegnamoci: oggetti preziosi, bellissimi, che ben starebbero collocati in spaziose case antiche.

Per farsi ammirare, per dare un tocco di classe, di eleganza. Ma, oggi, siamo costretti in case sempre più piccine: poco spazio, tante spese. Ci ritroviamo a non avere più posto per ciò che ha solo una funzione ornamentale.

I nostri soprammobili sono tecnologici: tablet, smarthphone, televisori al plasma, carica batterie. In ogni casa ce ne sono che penzolano dalle prese: per computer, tablet, cellulare, e poi ancora. Quindi, come resistere? Al mercatino si va tutti. Ci va anche chi dice: “Potrei farlo io il mercatino, sbarazzerei la cantina.” Sempre che ci sia una cantina in dotazione. Oppure c'è chi con ironia: “Ci vado io al mercatino. Sono un bel pezzo di antiquariato:” Insomma, si dice, se ne parla. E poi, tutti persi a girare tra un banchetto e l'altro alla scoperta di non si sa cosa.

Per il povero espositore, invece, la giornata inizia all'alba. Monta il banchetto, sviluppa con pazienza gli oggetti delicati, li espone e poi...aspetta. E poi smonta e riponi pezzo pezzo, ben imballato. E di visitatori ce ne sono molti. E di tutti i tipi.

Quello che cerca di tirare sul prezzo e si accomiata con: “Ci penso, faccio un giro e poi torno.” C'è anche la signora agèe, con inseparabile l'amica, che commenta e spiega al venditore che anche sua mamma aveva quel vaso li. Proprio uguale uguale. E racconta, racconta al venditore che sfinito, magari, vorrebbe almeno pagarsi le spese.

C'è di tutto al mercatino, ma è proprio questo il bello.

Di tutto e di più. Comunque, sarà in ricordo di una bella giornata, a casa un qualcosa ce lo portiamo. Sempre. Felici e contenti di avere un pezzo di “vita passata”. Ma la vita di chi? E' questo il bello. E' questo l'assurdo del mercatino dell'usato.

Fiorella Avalle Nemolis

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