CUNEO
Con la solennità che si addice ad un trattato internazionale storico, gestito in prima persona dal presidente Mattarella, è stato siglato a Roma l'accordo con la Cina. E' stato necessario, per superare le perplessità dei leghisti - nonché degli Usa e dell'Europa - qualificarlo come non vincolante. Espressione scontata, perché è un'intesa alla quale ci si può attenere o che può essere disattesa. L'accordo - ovviamente - è stato sottoscritto per essere attuato. Trae origine dalla volontà - indubitabile e già ben verificata - della Cina di aprire la via della seta.
E' stata stabilita la partecipazione dell'Italia, l'utilizzo dei nostri porti, ferrovie e strade. Da parte nostra avremo vantaggi rilevanti che sarebbero toccati ad altri, se non ci fossimo svegliati in tempo. Fa quindi sorridere l'insistenza salviniana circa la non obbligatorietà, per le parti contraenti, di darvi esecuzione. Nel contratto generale, ampio e senza limitazioni temporali, possono essere contenute, come certamente avverrà, esportazioni ed importazioni.
Non importa se Macron, venuto dopo di noi a ricevere il presidente cinese, abbia venduto aerei. Non abbiamo patito alcun danno, perché non ne avremmo avuti in vendita. Vi potranno essere elicotteri, navi, sistemi di armamento, ma soprattutto le nostre eccellenze: Ansaldo, l'eccellenza nelle turbine per energia elettrica; Danieli per l'acciaieria che costruirà anche in Azerbaijan, Ferrari per le “rosse”, Luxottica per le lenti e gli occhiali, Pininfarina per auto e disegno tecnico, i Campari per liquori ed aperitivi, Tod's per scarpe e borse.
Abbiamo il meglio della moda, anche se parecchi marchi sono finiti in mani straniere, che ne hanno fatta incetta: Francia in prima fila. L'immenso mercato cinese si apre non solo alla grande industria, all'alimentare, ai prodotti agricoli, alle piccole e medie industrie. Viene facilitato il turismo, che - notoriamente - è indirizzato dal governo, ora capital-comunista, non proprio una democrazia. E' vero che in merito al rispetto dei diritti umani - restati fuori dall'accordo - la Cina lascia molto a desiderare.
Però è molto cambiata dal momento della rivoluzione, guardie rosse, banda dei quattro, ad oggi. Cambierà ancora e molto rapidamente. Il turismo, le nuove tecnologie, la strada capitalistica intrapresa, fanno ritenere che, nell'arco di pochi anni la Cina riconoscerà i diritti sindacali, aumenterà il tenore della popolazione, diminuirà pure l'inquinamento.
Ben si comprende - ma non si condivide - l'America First di Trump, che avrebbe voluto trattarci come piccoli alleati disubbidienti, perché abbiamo disatteso il suo divieto all'accordo. Lui gioca con le sanzioni con la Cina, non rendendosi conto che, fra non molto, diventerà il topo, dopo aver perso i mercati orientali ed africani e lasciato emergere, sotto il profilo non solo militare, Putin. Quest'ultimo è molto distanziato dalle due potenze economiche mondiali e dalla terza, l'Unione europea.
E' forte solo militarmente ed è stato lasciato libero di muoversi nella Siria dilaniata dalla guerra civile e dal conflitto contro l'Isis. Si è impossessato della Crimea, anche se con qualche ragione storica a suo vantaggio. Intende procedere così con l'Ucraina e con le repubbliche baltiche. La sua forza risiede nella spregiudicatezza militare, nell'arsenale nucleare solo ridotto, ma in grado di distruggere un paio di volte l'intero pianeta.
Nella quasi inesistenza dell'Europa, che non ha una politica economica generale, una politica estera ed un esercito, non è tollerabile che abbia criticato l'accordo. Se avessimo atteso il placet europeo, sarebbero arrivati prima Macron e Merkel, che si sono affrettati a seguirci.
Trump è inaffidabile come già protettore, perché guarda sé stesso per la continuazione della presidenza e la possibile rielezione. Vorrebbe venderci il gas liquefatto, ostacolando il gasdotto sovietico. Teme la potenza cinese, sempre più competitiva e cerca di arginare, anche con provvedimenti giudiziari assai discutibili, l'avanzata delle tecnologie innovatrici.
Alla Cina attuale - capitalista governativa - poco è rimasto di comunismo, se non il sistema verticistico di potere ed il controllo dell'informazione. Le guardie rosse avevano distrutto, con un fanatismo anche muscolare, templi e monumenti, bruciato archivi e libri, carte geografiche, monasteri, oggetti di culto. Il sapere era stato distrutto, così cancellando tutto ciò che era ritenuto incompatibile con il comunismo. Solo nel libretto rosso di Mao si poteva trovare il giusto.
Un grande giornalista scrittore, Tiziano Terzani, vissuto in Cina per quattro anni, arrestato ed espulso nel 1984, ha descritto quel mondo, allora chiuso ai turisti. Vi è ritornato più volte ed ha narrato il paese del sol levante, monumenti, persone, tradizioni, nel volume edito nel 1998 "La porta proibita". Come in un grande affresco, offre una personale visione della Cina dal 1980 al 1998, risalendo alla lunga marcia di Mao ed agli eventi successivi.
Piercarlo Barale