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A Bra l'arte rumorosa degli scultori del legno: "Nel tronco l'opera che sarà"

BRA

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FIORELLA AVALLE NEMOLIS - A Bra, in provincia di Cuneo, Pasqua e Pasquetta all'insegna dell'arte, della gastronomia e del divertimento. Alla mostra dell'artigianato artistico, al Movicentro di Bra, ho incontrato due personaggi singolari.

Il lunedì di Pasquetta, Barba Brisiu e Daniele Viglianco, espositori nella mostra, hanno dato una dimostrazione pratica della loro arte nel grande spiazzo di fronte al Movicentro. Un'arte, rumorosa, faticosa e anche molto pericolosa. Ma mossa da passione, fantasia e scrupolosa cura dei dettagli.

I due personaggi sono scultori molto particolari, il loro attrezzo di lavoro è niente meno che una motosega. Anzi più motoseghe, con lame di diverse misure a seconda del pezzo da realizzare. Barba Brisiu è un uomo sulla cinquantina, alto, imponente, con barba e baffi e il sorriso appagato di chi ha trasformato fantasia e divertimento in un vero lavoro. Daniele, invece, è un giovane sulla trentina, bruno, alto, longineo e con aria sognante.

Due storie diverse, ma simili tra loro. I protagonisti hanno in comune l'amore per il bosco e come folletti lo vivono e se ne prendono cura e dalla sua natura incontaminata prendono spunto e si ispirano per le loro creazioni. Dalla forma dei tronchi già vedono, nella loro mente, l'opera che ne uscirà.

“E' iniziato tutto circa diciotto anni fa, quando mia mamma mi regalò una motosega più leggera – racconta, con gli occhi che brillano, Barba Brisiu, lo gnomo grande -. Mi trovavo nel bosco quando notai una pianta tranciata a un metro e mezzo da terra. Per gioco volli provare a farne uscire un qualcosa. Non sapevo bene cosa, fatto sta che ne uscì il mio primo gnomo!”.

"Daccordo, ma da un tronco tirare fuori uno gnomo intagliato con la motosega non è cosa da tutti".

“Si, ma era molto stilizzato! - minimizza - Non era un granchè. E col tempo continuai a produrre gnomi, animali, senza mai fermarmi. La mia determinazione nel crescere e scolpire il legno con la motosega, come una magia, ha contagiato altri scultori, purtroppo pochi, che stanno seguendo il mio esempio. Di una passione farne un lavoro, insomma, viverci. E' successo con Daniele Viglianco, originario di Luserna San Giovanni. E' stato un felice incontro che ci ha accomunato attraverso l'amore per il bosco e la tradizione del legno del nostro territorio. Fino ad oggi, siamo gli unici in Italia a vivere di questa passione per la scultura, diventata lavoro".

“Il suo percorso di vita?”

“Ero un bambino felice che viveva a Beguda, piccola frazione di Borgo San Dalmazzo, in mezzo alla natura. Raccoglievo le castagne e giocavo nel bosco, con tutte le fantasie di bambino. Ma nell'80, all'età di 10 anni, la mia famiglia si trasferì in Liguria. Il mare era una novità per me, che durò poco. Ero triste, ben presto mi accorsi che il mio cuore era restato nel mio paese natale. Mi mancava il mondo incantato del bosco: lei ha mai visto un camoscio al mare? Così, per dieci lunghi anni, ho guardato le montagne dicendomi: “Tanto prima o dopo vi scavalco”. E così è stato. Si è avverato il mio sogno di bimbo: sono tornato nel posto giusto al momento giusto, nel mio habitat naturale. Il mio amico Daniele ed io speriamo in una crescita, stiamo divulgando questo genere di scultura attraverso un'associazione, presto ne parleremo più a fondo con tutti i dettagli".

“Cosa la accomuna con Barba Brisiu?"

“E' il modo di sentire - risponde lo scultore Daniele Viglianco, di Luserna San Giovanni -. Anch'io, come lui, ho provato l'amore per il bosco fin da bambino. Ho cominciato a scolpire col classico coltellino Opinel (è la marca del coltello) quando, con mio nonno andavo al pascolo. Sempre in tasca, per ogni evenienza, con mio nonno pronto a tagliarmi qualche ramo da cui ricavavo sculture di animali: mucche, capre, pecore. In seguito sono passato agli scalpelli e alle sgorbie e ho sviluppato la tecnica della scultura. Finchè ho incontrato Fabrizio (Barba Brisiu), il quale mi ha detto: “Butta via le sgorbie e prendi in mano la motosega. Vedrai che sarà molto meglio!”. E così è stato. Mi ha cambiato la vita".

“Ma lavorare con la motosega, che pesa molto rispetto allo scalpello, non è stancante?”

“Ci si abitua, questione di esercizio. La motosega diventa il prolungamento del braccio e la nostra mente la comanda sulla sua punta. Quando scolpiamo di fronte al pubblico ci concentriamo al cento per cento, non sentiamo se ci parlano. Perchè c'è anche il problema sicurezza da non sottovalutare, dobbiamo prestare molta attenzione a non farci male. Abbiamo un'attrezzatura apposita: tutto ciò che indossiamo è antitaglio, e soprattutto le motoseghe sono a norma. E' quasi impossibile farsi male. Comunque può capitare anche con tante precauzioni. La sicurezza è uno dei punti forti su cui insistiamo nell'ambito dell'associazione che stiamo creando con il sostegno di privati e di istituzioni".

“Con Fabrizio avete un modo differente di scolpire?”

“Sviluppiano le stesse idee in modo diverso, ma la condizione mentale è la stessa. La nostra vita è immersa nel legno con il nostro attrezzo per scolpire: la motosega, che è la nostra compagna di lavoro".

“In che modo commercializzate le vostre opere?”

“Il mio modo di lavorare si discosta da quello di Fabrizio, che preferisce portare in fiera pochi pezzi e scolpirli direttamente sul momento. Mentre io porto circa una decina di opere già pronte e mentre in fiera eseguo per dimostrazione una scultura già commissionata, dai Comuni o dalle Pro loco, intanto vendo anche i prodotti in esposizione".

“Che genere di committenza avete?”

“Di tutto e un po'. In linea di massima sono privati, Comuni, e varie associazioni".

“Ci sono ancora foreste o le hanno già abbatute tutte?”

“Di foreste ce n'è un mare. Nella Val Pellice, dove vivo, le foreste sono così fitte, che addirittura è impossibile penetrarle. Quindi di bosco ce n'è ancora e ce n'è tanto, ma il problema è che non è più curato. Il bosco è come un campo, le piante hanno bisogno di luce, vanno tagliate con un certo metodo, che si chiama coltivazione del bosco ceduo. Una tecnica per la sua corretta conservazione utilizzata in quasi tutto l'arco alpino, affinchè non ne patisca la qualità del legno".

“Cosa le dà più soddisfazione nel suo lavoro?”

“Quando meraviglio, quando riesco a toccare il cuore delle persone".

Fiorella Avalle Nemolis

(Nelle foto: i due scultori di legno con la motosega e Barba Brisiu con la figlia)

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