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Se la figlia americana torna a Bra per il super compleanno della mamma

BRA

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FIORELLA AVALLE NEMOLIS - Un pacco speciale. Un pomeriggio già un po' afoso. Io, spalmata sul divano, dopo una notte insonne. Sdraiata sul letto, supina, braccia lungo i fianchi, capo incastrato nel cuscino. Occhi al soffitto. E neanche le pecore da contare. Tutto il gregge in transumanza. E' il periodo buono. Sicché alle quattro decisi di alzarmi.

Girellavo per casa, al buio, per non svegliare Marzio. Sbattevo qua e là contro le porte, contro i mobili. Inciampai nella sedia a dondolo. Il quinto, il mignolo del piede, incastrato nella gamba del dondolo. Un dolore lancinante. Urlai in silenzio. Come nei film muti. Bocca spalancata, saltellando, con il dito ferito tra le mani.

E il tempo non passava. Cosa mi teneva sveglia? Sgombrata la mente: nessun motivo plausibile. Insonnia gratis. Sì, avrei compiuto gli anni. Che fosse questo? E allora? Eh, allora una bella cifra i 70. Ma come si fa ad avere 70 anni? E' la prima volta. In che categoria rientro? Non più giovane. Anziana. “Vecchia”.

Mi risuonarono le parole di Renato Zero: “Vecchio, tu sei vecchio. Ti chiameranno vecchio! Vecchio sì, con tutta quella forza che c'è in te...con quello che hai da dire...tempo non ce né più... qualche piega sulla pelle tua...e la curva dei tuoi giorni non è più in salita, scendi piano dai ricordi giù...”

Ecco, scesi giù dai ricordi. Nel cassetto delle fotografie, a rovistare nei mie anni. Come avevo potuto vivere così tanto. Senza rendermene conto. Mi è sfuggito il tempo tra le mani. Mani bucate: momenti persi, forse in gesti inutili, in speranze disattese... Presto, presto. Dovevo verificare il mio decadimento fisico.

Corsi in bagno, sbattendo contro lo spigolo della porta. Altro dolore lancinante. Stavolta al gomito. Hanno un bel dire che sia come quello della vedova, che passa in fretta. Ormai, me rudere, dovevo guardarmi allo specchio. Con sincerità. Vedere le pieghe sul viso. Le pieghe dell'anima, quelle no. Un'altra volta. Mi bastava già così.

Mi sorridevo. Per verificare i solchi del tempo, le zampe di gallina e le odiose piegoline sopra il labbro. Guai a fare le labbra a culo di gallina. Tutto un plissè. E per volermi più male, girai lo specchio dalla parte che ingrandisce. Orrore! Mi tiravo sù la pelle con le mani. Un lifting casalingo. I muscoli del viso raccolti in sù. Per ricordare il volto della giovinezza. E il collo! Inguardabile.

Ed ecco un' ingorgo di pensieri, ricordi, stati d'animo. Ma nessun rimpianto. Tanta nostalgia, quella sì: è l'amore che rimane. E rieccomi al pomeriggio, prima del giorno del mio compleanno. Spalmata sul divano. Sento il rumore della bobina che gira a vuoto vuoto, è finita la pellicola della mia vita. Desolazione. E per giunta è il giorno 17.

Sfinimento fisico e psichico mi inghiottono. Suona il telefono. Risponde Marzio. Ed io, dolce come un litro di aceto: “Marzio, chi rompe le scatole? I soliti delle compagnie telefoniche. Oggi proprio non ho voglia di niente e di nessuno. Capito?”. “E' Barbara, l'amica di Sara. E' tornata dagli Usa, ha un pacco per noi.”

Scende in cortile. Io non muovo un muscolo dal divano. Attendo. Sarà il regalo per il mio compleanno. Dalla finestra, un vociare, c'è anche Valentina, l'altra amica del cuore di Sara. Sento Marzio: “Ohhh! Ohhh! Fatemi sedere”. Ma come, avrà mica avuto l'impudenza di aprire il “mio” regalo di compleanno?

La curiosità prevale sul malumore, sull'andate tutti a quel paese. Mi affaccio: un pupazzo umano che fa ciao con la manina. Tutto vestito di nero. Con scarpette alla bebè, con il listino. Come quelle che porta Sara. Ma è Sara! Sorride e si agita felice. Ecco, dalla gioia i muscoli rinvigoriti di colpo!

Le vado incontro. Traballante. Piangente. Ridente. Un'alternanza di gesti. Tutto faccio. La tocco. Sì, sì, è proprio Sara. Il pacco era lei. I miei pensieri bui, svaniti. Ma quale vecchia! Avrei festeggiato i miei primi 70 con il cuore giovane e contento. Contento per una figlia capace di così tanta tenerezza!

Fiorella Avalle Nemolis

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