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Scuola, sport, lingue: e se ai nostri bambini mancassero le coccole?

CUNEO

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CLAUDIO RAO - È raro che da queste colonne prenda la parola sulla base della mia formazione che, per farla breve, potremmo definire di psicopedagogista. Tuttavia un mio recente articolo sulla Scuola italiana ha trovato eco qui in Svizzera per analoghe ragioni.

Mi spiego meglio. In un articolo specialistico, ma di stile divulgativo, analizzavo quella che ho provocatoriamente definito 'epidemia di dislessia'. Mi chiedevo la ragione di questo aumento esponenziale nelle nostre scuole italiane e cuneesi di allievi con disturbi dell'apprendimento. Citando statistiche, dimostravo la forte crescita di un fenomeno ormai noto a tutti: la presenza di allievi certificati per problemi di apprendimento.

E facevo un ardito parallelo con l'aggressività e la violenza sempre più presenti nelle nostre scuole. Fino a qualche decennio fa, tali fenomeni erano circoscritti alle scuole superiori, poi sono arrivati alle Medie, recentemente anche alle Elementari e ormai, purtroppo, perfino alla Materna.

Chiedo scusa al lettore avveduto per l'arretratezza dei termini, ma Elementare e Materna suonano meglio che 'Primaria e dell'Infanzia', rendendo a mio avviso più scorrevole la lettura.

Ora scopro che nel Cantone svizzero di Zurigo sono in aumento problemi di comportamento nelle scuole dell'infanzia. Bambini aggressivi che fanno sgambetti ai compagni, che piangono per un nonnulla e che inquietano la presidente dell'Associazione delle scuole materne Brigitte Fleuti. Un'indagine statistica delle scuole tedesche, inoltre, segnala che il 18% dei maschietti e il 23% delle femminucce presentano problemi di comportamento.

L'opinione di Beatrice Kronenberg del Centro svizzero di pedagogia speciale è che i bambini odierni non siano più  abituati a vivere in gruppo e che i videogames e un'alimentazione scorretta facciano il resto. Fattori indubbiamente importanti dai quali sarebbe sbagliato prescindere.

La mia ipotesi su un noto settimanale cuneese era invece quella che le ragioni potessero essere (anche) altre. Che nelle nostre moderne società post industriali il bambino percepisca un senso di abbandono che provoca rabbia. Che manchino gli abbracci e le coccole in senso reale, non figurato! La nostra società è molto cambiata nello spazio di poche generazioni. Se fino agli anni Sessanta del secolo scorso la scuola materna era percepita come un posto dove venivano mandati i figli di chi non poteva seguirli o affidarli ai nonni, nel Duemila ci sono mamme e papà che si vedono costretti a mandare imperativamente al nido la propria prole per esigenze lavorative.

Contemporaneamente a ciò, si chiedono ai bambini performances sempre più elevate ed astratte (parlare inglese a 5 anni, praticare una serie di attività complesse in un planning settimanale da dirigente!) mentre i programmi scolastici sono sempre più ambiziosi e complessi. Dimentichi di tutto quanto, costituendo un indispensabile prerequisito, passa attraverso il rapporto col corpo, il corpo nello spazio, l'esperienziale e il concreto.

Insomma, se oltre a riconsiderare quanto indicava la Kronenberg e la riabilitazione di un tempo quotidiano di coccole genitoriali, i nostri programmi, le nostre scuole e i nostri docenti facessero più pedagogia e meno richieste da prestazione, forse tanti episodi di aggressività e violenza si scioglierebbero come neve al sole.

Claudio Rao

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