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Psicologa di Bra: "Genitori e ragazzi tra i più esposti all'impatto anche inconscio del Covid-19"

BRA

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FIORELLA AVALLE NEMOLIS - Un incontro con la psicologa Tina Veglia per dialogare su aspetti psicologici e reazioni che la pandemia ha scatenato in tutti noi. E' nata a Bra, classe 1990 laureata in Psicologia all'Università degli Studi di Torino nel 2014, iscritta all'albo degli Psicologi del Piemonte, esercita nel suo studio a Bra (provincia di Cuneo).

Il suo aspetto fisico è accogliente: giovane, minuta, lineamenti delicati, carnagione chiarissima, e una particolare dolcezza che brilla negli occhi di limpido celeste: sono la porta del suo cuore. Al suo aspetto, quasi angelico, si contrappone fermezza, preparazione e soprattutto passione.

Tina, la tua spinta emotiva nella scelta professionale?

"Accompagnare i pazienti alla ricerca del proprio benessere psicologico, fornendo loro gli strumenti per uscire da un momento di difficoltà, per ritrovare l'equilibrio e mantenerlo in un futuro. Lavoro sia con adulti che bambini e ragazzi. Sono nel direttivo dell'associazione Gruppo Narrazioni: si occupa di attività creative, didattiche e ludiche per bambini della scuola materna ed elementare".

Di fronte alla pandemia le persone in generale come hanno reagito?

"C'è chi è riuscito a riorganizzare la propria vita in base alle nuove norme, e chi invece non aveva gli strumenti per affrontare una difficoltà finora sconosciuta. La pandemia ha sorpreso tutti, anche noi psicologi".

Come hai affrontato questa criticità?

"Rientro nella categoria dei sanitari, quindi potevo tenere aperto lo studio, ma ho preferito non mettere a rischio me stessa e soprattutto i pazienti, che oltre all'obbligo delle certificazioni per uscire di casa erano giustamente spaventati all'idea di frequentare uno studio medico. Da subito ho ricevuto moltissime richieste di aiuto, così ho fornito consulenze telefoniche. Chi era già in cura ha continuato il percorso già intrapreso, a maggior ragione consapevole dell'utilità del supporto. Mentre per chi sentiva il disagio ed era al suo primo consulto il passo è stato difficile. E' scattata la paura di guardare negli occhi la quarantena: ci ha messi a confronto con i fantasmi, le paure, le angosce, anche in modo inconscio. Incide molto il timore di esporsi al giudizio altrui, anche se lo psicologo né giudica, né fa apprezzamenti, tuttavia riscontra sul campo che la società è molto giudicante, quindi quelle paure non sono poi così infondate".

Cosa prevaleva?

"La paura della morte e l'angoscia della solitudine. Per chi ha una vita molto piena, tra impegni di lavoro e sociali, c'è stato tutto il tempo di stare da soli con se stessi e guardarsi dentro. La condizione di quasi relegati in casa ha evidenziato i problemi delle relazioni interpersonali. Per alcuni, la ritrovata intimità con i propri famigliari è stata positiva; ma in un secondo tempo, il prolungarsi della chiusura, e la stretta convivenza, hanno provocato anche irritazione, scatti di rabbia causati dagli spazi limitati, dalla mancanza di libertà e quindi di azione con il veto di non uscire per le norme di sicurezza".

Le categorie che hai riscontrato più in difficoltà?

"Ho avuto molti contatti con figure sanitarie, hanno vissuto il dramma del Covid-19 come un mix esplosivo: il diretto contatto con la sofferenza e spesso la morte del paziente, il rischio e il timore per la propria incolumità. Per le tante risorse psichiche profuse sono soggetti a rischio per la patologia detta 'Burnout'che letteralmente significa bruciarsi, un completo esaurimento e inaridimento delle proprie risorse emotive. Ma anche le mamme e bambini sono stati messi a dura prova. Oltre alla preoccupazione per la salute, le mamme hanno affrontato giornate faticose da reggere, sia fisicamente che psicologicamente, per assolvere a tutti i compiti: molte di loro impegnate col lavoro a distanza, la fatica di occuparsi della casa e dei figli, e in più di seguirli con didattica a distanza per l'apprendimento, con tante problematiche anche di origine tecnologica".

Qual è stato l'atteggiamento dei bambini?

"Anche i bambini hanno compreso che stava succedendo qualcosa di strano. La mancanza di contatto con i coetanei, del gioco, dello stare all'aria aperta, è stata destabilizzante: la routine è fondamentale per il benessere del bambino. Ho sentito molto sofferenti le figure genitoriali, mentre il bambino con una capacità superiore di adattamento, non conosce ancora tutti gli aspetti della vita, quando trova l'adulto disposto a lasciarlo esplorare e seguirlo nelle fasi più difficili, si lascia guidare molto. Invece, noi adulti con abitudini più consolidate, soffriamo di ansie, paure, angosce molto più complesse, e quando tutte le certezze di cui noi ci vestiamo ci vengono strappate di dosso, ci sentiamo denudati e in balia di ciò che ci accade".

Quali i maggiori dubbi dei genitori nei confronti dei bambini?

"Se metterli al corrente della criticità, ed io consigliavo di farlo con un linguaggio idoneo a seconda dell'età. Va data risposta alle domande che il bambino fa per capire cosa stia succedendo. E' importante quindi, l'accoglienza, il contenimento, fare capire al bambino che il genitore è in grado di trasmettergli quella sicurezza, quella serenità di cui ha bisogno".

Nel caso di un genitore ansioso?

“In questo caso fatica molto, insorge la problematica del nervosismo, isterismo, paura o malinconia. Dico una cosa forte: per ogni genitore dovrebbe essere quasi obbligatorio un percorso di autoconoscenza, di un supporto psicologico, quel tanto da svolgere il proprio ruolo genitoriale, riuscendo a gestire le proprie emozioni per trasmettere al bambino la sicurezza e la serenità".

Per la fascia adolescenziale cosa hai constatato?

“L'isolamento, purtroppo, li sta avvicinando alla patologia dei ragazzi giapponesi hikikomori, così definiti perché considerando la casa come una fortezza, non escono ed accentuano la iper connessione che è una forma per sciogliere i legami con la società".

Ci sveli il tuo il mantra?

"Seguire con attenzione il proprio termometro interiore, che è la misurazione della temperatura intima dei nostri stati emotivi".

Fiorella Avalle Nemolis

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