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PEVERAGNO/ Cosa abbiamo imparato sul cibo durante il lockdown: riflessione del Birùn

MONDOVì

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CUNEO CRONACA - Riflessione ci arriva dalla presidente della peveragnese Compagnia del Birùn, Simona Grosso, sugli spettacoli proposti a Vernante. «La lettura teatrale "A noi ci piace mangiare", andata in scena a Vernante, ospite dell'associazione culturale Prismadanza, il 1° agosto, è stata prodotta alcuni anni fa per una cena di beneficenza ed ha replicato ospite di festival, rassegne e cene teatrali dalle vette dell'alta valle Maira al teatro Toselli di Cuneo per una lezione dell'Unitre. Tratta un tema all'apparenza leggero, anche grazie al taglio registico ironico e brillante della regista Elide Giordanengo. Ma è un tema a ben guardare molto importante. In quanto nutrimento il cibo soddisfa uno dei bisogni primari dell'uomo.

Il lockdown ci ha insegnato che nel cibo cerchiamo e troviamo anche conforto nei momenti di crisi. Ora che il momento di crisi non è ancora stato superato la Compagnia del Birùn al termine dello spettacolo ha invitato il pubblico a riflettere sul cibo e sul nutrimento pensando al suo contrario: il digiuno. Le sensazioni che provoca anche solo il pensiero del digiuno possono essere molto contrastanti: dall'inquietudine all'essere vissuto come una virtù per temprare fisico e spirito o per soddisfare un ideale narcisistico per essere più magri e più alla moda. Ma pensiamo anche a chi il digiuno lo vive quotidianamente perché nel suo Paese o nella sua condizione non c'è abbastanza cibo per sfamarsi più volte al giorno.

Non possiamo certo raddrizzare tutte le ingiustizie e le storture del nostro mondo - e che tra le altre cose l'emergenza sanitaria ha impietosamente “smascher(in)ato” - ma possiamo almeno rivedere alcune delle nostre pessime abitudini alimentari. Ad esempio lo spreco di cibo o l'assunzione eccessiva dello stesso. Nel nostro piccolo possiamo imparare ad esercitare una sana cultura della convivialità che annulli l'ingordigia e sappia essere come il teatro, capace di togliere la vigliaccheria del vivere come mero sopravvivere, la paura del diverso o dell'assenza e ci faccia assaporare appieno gli aromatici frutti della condivisione. Allora si che sarà davvero un buono e sano appetito per tutti». 

 

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