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Olimpiadi: l'altra faccia della medaglia

CUNEO

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TERESIO ASOLA - Olimpiadi generose di memorabili vicende, epiche perchè intrise di umano: la giovane ginnasta cinese Shang Chunsong, ai Giochi per guarire il fratello cieco; la prima medaglia dell'autoproclamatasi repubblica del Kosovo, subito oro, grazie a Majlinda Kelmendi, prima nel judo davanti alla nostra Odette Giuffrida; il duecentesimo oro del fino allora sconosciuto Fabio Basile, allegro judoka di Settimo; nel nuoto, il primo oro di una nata nel 2000 (Penny Oleksiak) e di una nera (Simone Emanuel); e poi i volteggi della statunitense Simone Biles ignara della gravità, la squadra dei rifugiati, l'abbraccio tra la ginnasta nordcoreana Hong Un-Jong e l'avversaria sudcoreana Lee Eun-Ju, e Gaurika Singh, tredicenne atleta nepalese che vuole ricostruire il Paese devastato dal terremoto. 

Per non dire della bandiera europea in mano a Elisa Di Francisca sul podio e della medaglia d'argento conquistata da Phelps, eterno ragazzo battuto e reso umano da Schooling, suo tifoso singaporeano, a diversificare un'ineguagliabile collezione di ori. E i fantastici 1500 di Paltrinieri e Detti.

Sul rovescio della medaglia, la vergogna: i sei atleti palestinesi rimasti senza divise da gara e allenamento perché bloccate alla dogana israeliana, i libanesi che rifiutano di far posto agli israeliani sull'autobus per il Maracanà, nel judo l'egiziano Islam El Shehaby che si rifiuta di stringere la mano all'israeliano Or Sasson avendo già rischiato rappresaglie al ritorno affrontandolo, e la saudita Joud Fahmi che si ritira per non incontrare Gili Cohen, israeliana. 

Teresio Asola

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