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Niente picnic e scampagnate di Pasquetta, ricordo indelebile di quando avevo 16 anni a Bra

BRA

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FIORELLA AVALLE NEMOLIS - Avevo 16 anni quando rivendicai a babbo Mario: "Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi!". Il messaggio era chiaro e diretto. Babbo Mario tirò su dal naso, segno di nervosismo. L'avevo preso alla sprovvista quella vigilia di Pasquetta del 1963, quando da pochi mesi abitavamo a Bra, in provincia di Cuneo.

Sapevo che il telegiornale era il suo momento sacro, volevo coglierlo di sorpresa, così buttai lì quella frase, che cadde come una pietra in un lago, creando mille cerchi nell'acqua: erano i dubbi del mio caro babbo. "Con questo che vorrà dire la mia scimmietta? - si stava chiedendo, mentre seguiva uno ad uno i cerchi che si allargavano nella sua mente, i suoi dubbi.

Come fosse oggi, rivivo quel momento significativo e memorabile della mia adolescenza. Di scatto, babbo abbandona la posizione rilassata di fine giornata sulla poltrona amica, anatomica e confortevole, poi, giù le gambe puff, e le ciabatte, patapum! Giù sul pavimento di marmo luccicante come uno specchio, incerato all'inverosimile da mamma Gina. La scimmietta, in silenzio, spia il volto del babbo, ne scorge solo i lineamenti appena illuminati dal riverbero proveniente dello schermo del televisore, mentre trattiene il fiato e aspetta la reazione. Gli occhi neri, color cioccolato fondente del genitore, lampeggiano nel buio mentre si domanda: "Cosa vorrà mai quella mina vagante?".

In cuor suo, e l'aveva tenerissimo, ricoperto per difesa, da un consistente strato di malcelata severità, sapeva benissimo che la scimmietta ormai sedicenne, presto avrebbe gridato: "Libertà!". "Giuly, sai qualcosa di cosa frulla nel capo di tua sorella?" tuona il babbo, con un'altra tiratina su di naso. L'ignara sorella cade dalle nuvole e con pupille luccicanti nella penombra televisiva, mi lancia uno sguardo di domanda.

Un respiro lungo e poi prendo coraggio e sparo tutta di seguito una mitragliata di parole: "Babbo, lo dice il proverbio. Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi. Domani è Pasquetta, vorrei fare una scampagnata con i nuovi amici di Bra". "Cos'è questa novità? Chi sono questi amici? Dove sarebbe la scampagnata? Chi vi accompagnerebbe?”. "Babbo, ci faremo compagnia tra noi amici. Ci sono anche ragazzi più grandi - mentii - e poi viene anche Giuliana".

Babbo sta perdendo la pazienza e soprattutto un pezzo di telegiornale. Prende tempo. “Gina, tu che ne dici?”. “Beh, ci sono anche dei grandi, e poi c'è anche Giuly...” E non finisce la frase, lascia intendere che darebbe il consenso. “Vabbè, ne riparliamo domani mattina". “Eh, no!” - salto su come un viperotto - Dobbiamo preparare il cestino con i panini al prosciutto, le uova sode, la carne, la frittata di verdure, la crostata di mele, un po' di frutta e l'aranciata!”.

Babbo sbalordito per il menù: “Cos'è, un pranzo di nozze?”. Capisco che ho un po' esagerato. Taccio, dò la buona notte, un bacio al babbo sfiorandone appena la guancia, mi ritiro in camera da letto e mi rivolto nel letto per tutta la notte, come una frittella. Sorge l'alba, balzo giù dal letto, tiro su la tapparella e saluto il nuovo giorno, chissà, forse sarà quello di una vittoria!

Giuliana brontola, si rivolta nel letto, infastidita dal rumore impietoso delle tapparelle, tirate su senza rispetto, la corda tirata all'inverosimile, che sbatte contro il muro a fine corsa. Un boato! E poi, la sorella non sopporta la luce, tanto che alla porta a vetri della camera da letto, ogni sera compie il rito macabro: vi appende sopra un drappo nero per non fare filtrare la luce che proviene dalle altre stanze.

Che dire? Noi componenti della famiglia Nemolis potremmo dare spunti come personaggi di una saga famigliare. Giuliana emette un lamento, si stropiccia gli occhi, a tastoni cerca gli occhiali sul comodino mentre indispettita farfuglia: “Ma, che ore sono?”. “Le sei! - io sveglia come un grillo - Guarda che bella giornata, ideale per una bella scampagnata!”. Tira su il lenzuolo coprendosi il volto, troppa luce per un risveglio sereno e mi supplica di abbassare un po' le tapparelle e di tornare a letto. “Non ti illudere, tanto non andremo alla tua scampagnata!”. Non è solo mia, verrai anche tu e ci divertiremo moltissimo! Per una volta una Pasquetta fuori da casa Nemolis, la casa del sonno!”

Per me, un po' troppo vivace, l'atmosfera di casa Nemolis, con riti sacri da rispettare, rumori molesti da evitare, pranzi e cene scanditi da orari precisi e argomenti selezionati: niente pettegolezzi, niente parolacce, nutrirsi in silenzio come i frati, e soprattutto con le inevitabili tirate d'orecchie di babbo, appena vedeva me, la selvaggia, ad appoggiare i gomiti sul tavolo. 

Una pratica fastidiosa, soprattutto per il lobo a rischio di inestetico allungamento. Però il babbo faceva ben attenzione a non farmi male, ma era l'unico modo per insegnarmi a stare a tavola “come tutti cristiani”, diceva così. Mi pareva un controsenso detto da lui, noto come mangiapreti. Non siamo a una cerimonia, siamo in famiglia!” osavo obbiettare. “Già, perchè noi chi siamo?”. 

Insomma l'unico momento vivace del pranzo era quando nel menù c'era la gallina bollita, così, di nascosto, ne sistemavo le zampe appena recise, nella piega del candido tovagliolo in lino di mia sorella. Le urla della poveretta, imploro ancora oggi il suo perdono, rompevano quel silenzio da convento di clausura, e babbo indignato, con sacrosanta ragione, mi impartiva la punizione: “Oggi, non sali sulla bicicletta!”.

Per me, centaura spericolata, professionista dei rasetti alle vecchiette, imploro ancora oggi il loro perdono, con incosciente abbandono del manubrio per l'ebbrezza del pericolo, era l'unico modo per dare sfogo alla mia incontenibile esuberanza! Già...ma torniamo alla mattina di Pasquetta dell'anno 1963, quando svegliai bruscamente mia sorella.

Mamma Gina, sentito il trambusto, entra in camera e mi supplica di non svegliare babbo con rumori molesti. “Potresti pentirtene!”. Mi trascina in cucina, dove si manifesta un miracolo di abbondanza: sul tavolo imbandito fa bella mostra di sé il menù completo, quello da me elencato la vigilia, che aspettava di infilarsi nel cestino da pic-nic.

Abbraccio, strizzo mamma Gina, che prova a contenere la mia gioia per non svegliare quel genitore tanto severo, con un cuore tenero e con gli occhi di color cioccolato fondente. Come fu quella scampagnata? Memorabile.

Fiorella Avalle Nemolis

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