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Mi è scappata la pipì nel letto, papà!

CUNEO

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GIULIA MATTALIA e DEBORA BESSONE - Generalmente i bambini iniziano ad acquisire il controllo della vescica, attraverso graduali passaggi, già a partire dal primo anno d’età, per poi regolarizzarsi e stabilizzarsi verso i quattro o cinque anni.

Il controllo volontario della pipì segna un momento molto importante sia per il bambino che per i genitori e richiede attenzione e pazienza. Deve rispettare i tempi del bambino ed è necessario tenere conto anche del suo sviluppo linguistico (il bambino deve saperlo dire quando ha bisogno di fare pipì).

I genitori alle prese con l’educazione al controllo sfinterico possono mettere in atto piccoli accorgimenti per facilitare questo processo: per esempio si può scegliere il vasino insieme al bambino, magari posizionandolo inizialmente in un posto anche diverso dal bagno.

Allo stesso modo, si può coinvolgere il bimbo nella scelta delle mutandine, trasmettendogli così l’idea che si tratti di un’attività condivisa ma allo stesso tempo lasciandogli un certo margine di autonomia. È importante inoltre inizialmente accompagnare il piccolo in bagno con regolarità (circa ogni mezz’ora) magari con frasi entusiasmanti come “andiamo a fare pipì!”. Ma la cosa più importante è non colpevolizzare, umiliare o punire il bambino se qualche volta non riesce a trattenersi, ma piuttosto complimentarsi con lui quando ce la fa e premiarlo per i successi. Tutto questo mette bene in evidenza quanto sia importante che ogni tappa e traguardo che il bambino raggiunge nel suo percorso di sviluppo sia inserita nella cornice di una relazione con un adulto di riferimento, che dà valore a ciò che gli sta succedendo.

Quando il bimbo non riesce ad acquisire il controllo della continenza urinaria si parla di enuresi primaria; se invece l'ha già acquisita e successivamente l’ha persa, si tratta di enuresi secondaria. Ciò può accadere soprattutto la notte.

Ma perché succede? Le cause possono essere sia medico-fisiologiche (per esempio vescica immatura, sonno pesante, cause ormonali) sia psicologiche. Indagando insieme al piccolino potremmo scoprire che per lui è un periodo di forte ansia e stress; magari una maestra nuova all'asilo, o il cambio di scuola o ancora qualche avvenimento familiare, come la nascita di un fratellino, un trasloco, una separazione.

Questo tipo di problema è generalmente accompagnato da emozioni di imbarazzo e ansia per il piccolo. Inoltre, può avere effetti negativi sulla percezione di se stesso e sulla sua autostima, sulle relazioni, e in generale condizionare negativamente la qualità della vita.

In terapia è molto importante lavorare con il bambino per potergli permettere di esprimere il disagio che ha determinato l’enuresi. Inoltre, lo scopo della terapia sarà anche aiutarlo ad acquisire adeguate abitudini; importante in questo contesto offrirgli una spiegazione dei meccanismi della diuresi e insegnargli alcuni esercizi di controllo. Oltre ad un lavoro relazionale tra terapeuta e bambino è essenziale il coinvolgimento dei genitori, insegnando loro alcuni piccoli accorgimenti: ad esempio far bere spesso il bambino, in modo che si abitui a sentire lo stimolo della pipì, ma evitare di farlo bere nelle ore che precedono il sonno. I genitori dovrebbero cercare di svegliarlo almeno una volta durante la notte in modo da fargli fare la pipì e, col passare del tempo, si potranno allungare i tempi del risveglio.

Questi sono solo alcuni degli interventi comportamentali che i genitori possono utilizzare.

Non dimentichiamo però che l'enuresi è un sintomo di un disagio emotivo; è importante quindi accogliere la difficoltà del piccolo senza esprimere rabbia o delusione, tranquillizzarlo su quello che succede, parlandone con lui e ascoltandolo.

Dott.sse Giulia Mattalia e Debora Bessone

Facebook: “Lunettes studio di psicologia – Giulia Mattalia e Debora Bessone”

E-mail: lunettes.studiodipsicologia@gmail.com

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