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Ma è mai possibile che certi Ad prendano 400 volte di più dei dipendenti?

ALBA

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TERESIO ASOLA - Nella bufera la Volkswagen, artefice della storia dell'auto tedesca, di cui però ricordavamo anche che nel 1938 promise un'auto da 990 marchi in comode rate da 5 marchi a settimana, ma arrivò la guerra e nessuno dei trecentomila tedeschi che aveva collezionato su un libretto i bollini dei pagamenti fatti riuscì neppure a vederla (se non un prototipo, nei cinegiornali, destinato a Hitler).

Partiamo dalla frode sulle emissioni dei diesel. Assurda come quelle dei film di Totò e altrettanto ingegnosa: attraverso sensori, la centralina capisce se l'auto è sottoposta a test e cambia la miscela aria - carburante. In condizioni normali invece l'ossido di azoto emesso supera i limiti consentiti provocando danni ambientali e alla salute. La scoperta del trucco provoca il crollo del titolo in borsa e indagini giudiziarie a raffica.

All'Ad di Volkswagen, Winterkorn, che ora si è dimesso, spettano 28.6 milioni di liquidazione, aumentabile a oltre 62 con l'eventuale aggiunta di una buonuscita. Normalmente si premiano i capi in ragione dei benefici ottenuti, non dei danni causati ad ambiente, clienti (principale asset aziendale), azionisti (il cui capitale è sceso del 40%), e in definitiva alla propria azienda. 

C'è un concetto di azienda etica cui dover tendere, e in questo anche i trattamenti retributivi giocano un ruolo. Lontano è il tempo di Valletta che guadagnava 20 volte la media dei dipendenti: ora per i grandi gruppi si sente parlare di 435 volte e oltre. Ben spesi? Forse sì, purchè il loro operato vada a beneficio dei cosiddetti stakeholder intesi in senso lato: azionisti, dipendenti, mercato, clienti, contesto sociale e ambiente in cui i loro prodotti si muovono. O forse no, considerato che ci sono capi d'azienda che con 3000 netti/mese conducono imprese di centinaia di dipendenti. Senza trucco e senz'inganni.

Teresio Asola 

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