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Le parole "giuste" per raccontare la vita dei braccianti agricoli nel Saluzzese

SALUZZO

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CUNEO CRONACA - Nei locali del Quartiere (ex Caserma Mario Musso) a Saluzzo, le classi 5A SC e 5C RIM dell'I.I.S. Denina Pellico Rivoira di Saluzzo hanno partecipato, con altre classi degli istituti superiori cittadini, all'hackaton (termine che indica una collaborazione intensiva per raggiungere la soluzione di un problema) nell'ambito del Progetto Ubuntu. L'incontro è stato costruito sotto forma di gioco sulla comunicazione per arrivare tutti insieme a una proposta sul tema del diritto alla comunicazione inclusiva nel Saluzzese. 

Il progetto Ubuntu, parola di derivazione africana che può essere parafrasata con “Io sono perchè noi siamo”, è finanziato dalla Fondazione Compagnia di San Paolo e dalla  Fondazione Cassa di Risparmio di Torino e, sul territorio, vede coinvolti il Comune di Saluzzo, la Caritas e il Consorzio Monviso Solidale. Le finalità del progetto si possono ricondurre a tre azioni: supportare i braccianti agricoli di origine migratoria a trovare alloggio nel Saluzzese, favorirne la socializzazione e capire come funziona la comunicazione sull’argomento da parte degli enti e dei mass media. 

L'incontro è stato gestito da Andrea Garassino, responsabile Ufficio stampa del Comune di Saluzzo, Sara Racca, ricercatrice universitaria in linguistica all'Università di Torino presso il dipartimento di studi umanistici, Martina Fea,  volontaria Caritas, e Maurizio Pagliassotti, giornalista scrittore, consulente del Comune di Saluzzo. 

Dopo un'introduzione sulla comunicazione inclusiva e in particolare sul caso del Saluzzese, territorio che a piccoli passi procede verso l’integrazione, gli studenti sono stati divisi in gruppi guidati da un animatore che li ha coinvolti nel gioco “Rosso e Nero” per condurli verso l'uscita dalla trappola della “comunicazione facile”.

I gruppi sono stati divisi fisicamente in due sottogruppi e questo è stato sufficiente perchè gli studenti perdessero di vista l'obiettivo comune, vincere più soldi possibile dalla “Banca”, basandosi su uno schema mentale di competizione, nonostante non lo fossero effettivamente e, quindi, perdendo entrambi inevitabilmente, secondo una dinamica competitiva denominata “loose – loose”, laddove, al contrario, le istruzioni del gioco richiedevano  una cooperazione “win – win”. Ne è seguita una discussione sulle finalità della comunicazione, non sempre chiara quindi pericolosa, soprattutto se ridotta a messaggi brevi come avviene sui social, e sulla differenza fra comunicazione inclusiva ed esclusiva.

In ultimo, gli studenti si sono riuniti per discutere sulle varie soluzioni al problema di fare comunicazione inclusiva pur mantenendo la complessità del messaggio. Dalla discussione sono emersi spunti interessanti: si è partiti dalla comunicazione implicita pubblicitaria per arrivare al “narrative change”, finalizzato a riformulare la narrazione sulla migrazione combattendo gli stereotipi legati al linguaggio e all'utilizzo di termini impropri soprattutto da parte dei media.

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