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L'attore di Alba Paolo Tibaldi: "Il teatro non è solo intrattenimento, ci manca molto"

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FIORELLA AVALLE NEMOLIS - Tanta nostalgia di teatro! Così mi intrattengo al telefono con l'amico Paolo Tibaldi, attore albese classe 1989, che spazia tra teatro e varie forme di cultura del territorio.

Paolo, raccontami del tuo esordio sul palcoscenico.

"Fu durante una recita all'asilo quando, dopo prove estenuanti, la semplice e unica battuta "Oh, sì! Bella idea", mi uscì in modo lezioso e inguardabile, tanto che poi divenne motivo di sfottò in famiglia. Ho inseguito la mia passione recitando negli oratori, in laboratori, e mi sono iscritto all'Istituto superiore Einaudi di Alba, attratto dal laboratorio di teatro, coordinato dalla professoressa Panizza e dal professor Marengo, ai quali va la mia riconoscenza. Un'esperienza entusiasmante durata fino al diploma".

Quando è iniziata la tua effettiva formazione artistica?

“Dopo il diploma ho iniziato il mio percorso di studi al Teatro delle Dieci di Torino, diretto da Massimo Scaglione, ho seguito corsi di specializzazione alla scuola di recitazione di Paolo Grassi di Milano. Ho fatto corsi intensivi con gli insegnati Michael Margotta e Danny Lemmo dell'Actor Studio di New York, e seguito il metodo divulgato dal russo Sergei Ostrenko. Da tredici anni faccio parte della Compagnia del Nostro Teatro di Sinio, diretta da Oscar Barile".

Cosa ti smuove particolare emozione sul palcoscenico?

“Percepire quel tipico profumo del legno che emana il palcoscenico, l'olfatto è tra i sensi più sviluppati in me. La memoria olfattiva mi evoca sensazioni, ma va oltre il teatro come edificio, che in questo momento manca. E' l'opportunità di raccontare storie dal vivo con il pubblico in sala, che è ciò che fa di un artista la sua vocazione".

Mi dai una breve panoramica della tua attività artistica?

"Teatro di prosa principalmente, dalla tragedia greca, a Shakespeare, alla prosa contemporanea, teatro piemontese, e poi la parte letteraria che prediligo è legata a Beppe Fenoglio. Spero presto di riprendere le camminate letterarie con gli studenti sui luoghi di ambientazione o ispirazione delle sue opere, come San Benedetto Belbo, Alba, Murazzano".

Nel periodo di chiusura in che cosa ti sei cimentato?

"Ho partecipato alla realizzazione del documentario “Le colline del mare” su Beppe Fenoglio e Cesare Pavese, e sui luoghi letterari dei due scrittori. Questa passione letteraria nasce dal profondo attaccamento alle radici, e ne motiva la scelta, il forte desiderio di restare nel paese in cui sono nato: Alba. E' un richiamo ancestrale, che non mi impedisce di allontanarmi per brevi periodi, tuttavia il viaggio di ritorno è vissuto con più gioia di quello dell'andata”.

La tua famiglia come vive la tua attività artistica?

"Non sono figlio d'arte, con mio papà contabile e mia mamma operaia della Ferrero, estranei al mondo del teatro e alla divulgazione culturale, agli inizi non è stato semplice, però dopo poco hanno creduto nella mia vocazione artistica. Mi seguono e sono miei grandi sostenitori".

Qual'è il momento più magico durante la tua esibizione sul palco?

"Quando le sensazioni dello spettacolo si sintonizzano con quelle del pubblico: quello è il momento in cui raggiungo la massima espressione di attorialità. Il teatro, sia per l'attore che per il pubblico, è un'occasione per riflettere sui rapporti sociali nel quotidiano: come l'individuo si riflette nello specchio, così la società si rispecchia nel teatro. Si rappresenta la realtà, dando spunti al ragionamento su come muoversi nelle varie fasi che la vita ci presenta. Il teatro non è solo intrattenimento, è anche dialogo intimo e inconscio tra attore e pubblico".

La tua massima aspirazione artistica?

"Raccontare storie, portare messaggi. Non aspiro ad emigrare in grandi città artistiche, benché abbia l'inclinazione alla recitazione, intendo svolgere la mia professione in Piemonte, dove sono le mie radici. Ho scelto di vivere ad Alba dove sono nato, circondato dai miei affetti".

Com'è nata la tua fortunata rubrica "Abitare il Piemonte", divulgata anche sui social, bustine di zucchero, radio e settimanali cartacei?

“E' figlia del teatro piemontese, concepita grazie alla collaborazione col Nostro Teatro di Sinio, in cui recito in dialetto, sia ben chiaro: inteso non come adorazione delle ceneri, ma come custodia di un fuoco. Non è solo nostalgia del passato, ma in quanto lingua viva segue un'evoluzione continua. L'intento è di proiettarla anche nel futuro, quindi non intesa come espressione folcloristica o umoristica, ma come lessico famigliare, quel modo di esprimersi nel quotidiano, in sostanza, Abitare il Piemonte racchiude anche parlare, pensare e sognare in piemontese".

Quindi, con la tua rubrica, non abiti solo il Piemonte, ma attraverso la recitazione ne indossi anche la lingua.

"Ritengo unica al mondo la morfologia del nostro territorio. La recitazione in dialetto non va intesa solo come spettacolo, include anche un messaggio culturale. Almeno, questo è il mio intento".

Tornando al teatro, quale è la fame dell'artista Paolo?

“E' la ricerca di materiale, di storie da fare proprie, immedesimandosi nel personaggio, arricchendolo con sfumature del proprio sentire, quindi, interpretandolo: questo è il grande confine tra recitazione, intesa come esecuzione, e interpretazione".

Come si entra nel personaggio?

“Non è fare finta, è interpretare quella cosa come se succedesse veramente. Se il pubblico percepisce questo, allora è il lato artistico che viene fuori".

Ti capita di interpretare personaggi che non ti piacciono?

“A volte sì, ma poi ti immedesimi così tanto nel personaggio che arrivi quasi a difenderlo, tanto che si rivelerà poi una benedizione mascherata, perché i personaggi che non ci piacciono, in realtà, sono proprio quelli che ci somigliano di più. E' paradossale come indossando la maschera di un altro personaggio, riusciamo a conoscere meglio noi stessi, perchè entrando nei panni di qualcun altro ci guardiamo dal di fuori. Una sorta di esercizio umano".

Arrivederci Paolo! A quando, in prima fila, sarò attenta a cogliere quell'attimo magico della tua massima espressione artistica, per applaudirti. Diceva bene il grande Gigi Proietti: "Benvenuti a teatro. Dove tutto è finto ma niente è falso".

Un breve sunto dell'attività artistica di Paolo Tibaldi su più fronti: dal Teatro di Prosa classico e contemporaneo (Variazioni Enigmatiche di E. E. Schmitt, Il Calapranzi di H. Pinter, Cyrano de Bergerac di E. Rostand, Sogno di una notte di mezza estate di W. Shakespeare, I sette a Tebe di Eschilo, L’angelo di Caino di L. Santucci, L’importanza di chiamarsi Earnest di O. Wilde, ecc..), all’interpretazione di personaggi in svariate fiction di entità cine/televisiva (Una Questione Privata, Regia Fratelli Taviani, Processo a Mata Hari, Regia R. P. Siclari, Mia Madre, Redia R. Tognazzi, La Leggenda del Bandito e del Campione, Regia L. Gasparini). Nel 2020 riceve il Premio Davide Lajolo.

Fiorella Avalle Nemolis 

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