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Invecchiamento e demenza

CUNEO

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Buon giorno dottoresse, vi scrivo per una questione che da un po’ di tempo mi fa riflettere. Si sente parlare molto di demenza e Alzheimer: ciò che so è che si inizia a non ricordare più i nomi delle cose, a dimenticare cosa si stava facendo, l'umore peggiora. Mi sono reso conto che mia moglie qualche volta presenta questi sintomi e mi sto preoccupando che possa avere questa malattia. Cosa devo fare? Un vostro affezionato lettore.”

GIULIA MATTALIA e DEBORA BESSONE - Caro lettore, grazie per averci scritto. Per prima cosa è importante sottolineare che a tutti noi capita di dimenticare dei nomi, delle cose da fare, dove abbiamo parcheggiato la macchina, ma non sempre questi sono i sintomi di una demenza.

La malattia di Alzheimer è un tipo di demenza con determinate caratteristiche, ma vi sono altre tipologie a seconda delle aree cerebrali che interessano e delle rispettive funzioni cognitive che colpiscono.

La demenza viene anche detta “deterioramento cognitivo cronico-progressivo” in quanto i sintomi  sono la conseguenza a livello comportamentale di una patologia che colpisce il cervello in modo ingravescente. Generalmente si distinguono due quadri generali di inizio della malattia: può iniziare con la perdita della memoria per poi colpire le altre funzioni cognitive (linguaggio, movimento, e poi attenzione e motivazione, ecc); oppure può colpire da subito le cosidette funzioni di controllo, ovvero quelle abilità come l'attenzione, la motivazione e l'inibizione. Anche le aree cerebrali interessate sono diverse.

L'Alzheimer è un tipo di demenza il cui inizio colpisce la memoria al punto da interferire con le attività che una persona svolge quotidianamente. La persona inizia ad avere vuoti di memoria circoscritti a singoli eventi (qualche nome di oggetti, di persone, quello che stava per fare) per poi allargarsi ad eventi successi nel passato fino ad arrivare ad una totale amnesia. Inoltre si osservano, in breve tempo, anche delle difficoltà a comprendere il linguaggio, ad orientarsi nello spazio e nel tempo, ad utilizzare gli strumenti che fino ad allora si erano utilizzati senza difficoltà.

Dobbiamo però distinguere quello che è il normale deterioramento dato dall'età e quello invece considerato patologico. Infatti capita a chiunque di dimenticarsi cosa doveva comprare, o il nome del suo vicino di casa, o ancora di avere difficoltà ad orientarsi in alcuni momenti e luoghi, tutto ciò capita ancora più spesso quando iniziamo a non essere più tanto giovani.

Invecchiando è normale andare incontro ad un generale rallentamento, le nostre abilità iniziano a vacillare e “perdiamo i colpi”. Le persone anziane iniziano a non ricordare le cose appena accadute (memoria a breve termine) e magari  sbagliano i nomi dei loro nipoti, ma queste difficoltà rimangono abbastanza invariate nel tempo, senza interferire sensibilmente nella vita quotidiana. Invece nella demenza il declino è più evidente e repentino.

Si inizia ad ipotizzare una possibile diagnosi di demenza quando il soggetto supera i 45-50 anni di età. Inoltre vi è anche un elevato fattore familiare: ha maggiore probabilità di andare incontro ad un deterioramento progressivo cronico chi ha avuto in famiglia dei casi di demenza.

Ma cos'è che ci permette di distinguere un normale invecchiamento da uno patologico? Una valutazione neuropsicologica accurata. I neuropsicologi, ovvero psicologi specializzati in neuropsicologia, si occupano di effettuare una valutazione specifica per il deterioramento cognitivo. Tale valutazione, che coinvolge anche i familiari, comprende la raccolta della storia della persona per capire se in famiglia ci sono stati altri casi di demenza, quando si sono osservati i primi cambiamenti significativi, ecc. In seguito si somministrano dei test per valutare se vi è un deterioramento, quali funzioni cognitive interessa e a che livello di gravità. La valutazione neuropsicologica va integrata ad una valutazione di tipo neurologico (Tac, Risonanza magnetica, Pet) per vedere in vivo come sta il cervello.

Una valutazione di questo tipo è molto importante perché i disturbi di memoria si possono osservare anche in quelle persone che soffrono di disturbo ansioso e depressivo. In questo caso si parla di pseudodemenza ansioso-depressiva e sia la prognosi che la terapia saranno molto differenti.

Sicuramente una diagnosi di demenza di Alzheimer è difficile da accettare, sia per la persona che ne soffre, sia per i familiari. Questi ultimi infatti, dovranno convivere con il fatto che il caro arriverà a non riconoscerli più, ad avere comportamenti, in alcuni casi, anche aggressivi perchè incapace di controllare le sue emozioni e azioni; inoltre, in alcuni casi, potrebbe arrivare il momento in cui si deve decidere di portare il proprio familiare in una struttura adatta a lui perchè difficile da gestire.

Di fronte ad un malato di demenza, lo psicologo e il neuropsicologo intervengono con percorsi specifici mirati a rallentare l’inevitabile decadimento cognitivo. Inoltre, gli specialisti  possono offrire sostegno a coloro che si prendono cura del malato, in modo che non si sentano soli nello svolgimento di questo difficile compito e siano supportati dal punto di vista emotivo.

Dott.sse Giulia Mattalia e Debora Bessone
Facebook: “Lunettes studio di psicologia – Giulia Mattalia e Debora Bessone”
E-mail: lunettes.studiodipsicologia@gmail.com

 

 

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