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Ieri per il prof. c'era anche una paga morale, oggi un grazie ogni tanto

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TERESIO ASOLA - «In questi 30 anni di insegnamento una sola volta un genitore mi ha detto "Grazie"». Così sussurra un professore a mezzo sorriso, sconsolato, quasi con vergogna.

Lo dice senza livore, dopo decenni di lavoro responsabile a insegnare una materia caratterizzante presso istituti secondari di secondo grado: la mattina con quattro classi di 30 alunni, (molti convinti dai discorsi a casa dell'inutilità della scuola e dei docenti), ogni sera e weekend a correggere compiti e preparare verifiche e lezioni, pomeriggi di riunioni e consigli, e un continuo penare e affannarsi come se la scuola fosse la propria impresa.

Il 27 uno stipendio dignitoso (da pochi mesi quasi 2.000 euro) ma risibile rispetto a quello di qualunque altra professione con un minimo di responsabilità, neppure arrotondato da straordinario a compensare le innumerevoli ore extra.

Almeno una volta c'era la remunerazione morale data dalla rispettabilità, la riconoscibilità e considerazione sociale che ponevano il professore in condizione di ricevere riconoscenza e un grazie, di tanto in tanto. E persino una levata di cappello. Oggi, no. In trent'anni di onorato servizio, un solo grazie.

Io, che non sono sereno se prima di accomiatarmi da un professore di mio figlio non ringrazio, non oso chiedergli quando sia successo. In cuor mio spero si sbagli e m'illudo che il prof ricordi solo il grazie più spontaneo e sincero, o il più recente dei tanti ricevuti. Quel prof non è uno che si lamenta.

Approfitto allora per ringraziare tutti i professori che hanno a cuore la sorte e l'educazione dei nostri figli.

Teresio Asola

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