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E a Cuneo referendum difficili persino da proporre

CUNEO

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Riceviamo e pubblichiamo: 'L'articolo 75 della Costituzione Italiana recita che 500.000 elettori o almeno 5 Consigli Regionali possono proporre all'elettorato l'abrogazione totale o parziale di una legge o di un atto avente valore di legge, dopo l'ammissibilità da parte della Corte Costituzionale si può procedere così con la consultazione elettorale. La consultazione, per essere valida, deve portare alle urne il 50% + 1 degli iscritti alle liste elettorali, per cui a quel punto sarà vincente chi tra il 'Si' all'abrogazione ed il 'No' all'abrogazione avrà riscosso la percentuale superiore.

Ora mi chiedo se non sarebbe il caso di modificare in senso più democratico la parte relativa al quorum portandolo a zero come avviene in molti paesi europei dalla Francia, alla Gran Bretagna, all'Irlanda, ai Paesi Bassi, alla Spagna, all'Austria, alla Finlandia, alla Svizzera, agli Stati Uniti? Si eviterebbe l'invito esteso ai cittadini 'di andare tutti al mare' astenendosi così dal voto, incrementando i numeri di coloro i quali solitamente disertano le urne perché non interessati alle votazioni.

I due fronti del Si e del No si fronteggerebbero in modo equilibrato e porterebbero forse a chiarire meglio le posizioni attraverso le due tesi contrapposte. Nella situazione attuale è invece come un incontro di tennis dove uno dei due giocatori può colpire la palla con due racchette. Lasciando da parte l'imminente referendum di domenica prossima, analoga riflessione si può fare anche per quanto riguarda quelli propositivi o abrogativi che i cittadini del Comune di Cuneo possono promuovere.

L'articolo 71 dello Statuto della Città di Cuneo impone che si raccolgano il 10% delle firme dell'intero corpo elettorale per poterlo proporre con un quorum anche in questo caso del 50% + 1 degli aventi diritto per essere considerato valido. Anche in questo caso, ci sono esempi in Italia dove il quorum è stato abolito (vedi Vicenza) o mantenuto su cifre tra il 10% ed il 15% in molti paesi delle Province di Trento e Bolzano.

Due considerazioni finali: non stupiamoci se in futuro le percentuali dell'astensione cresceranno, quando da un lato si invita a non andare a votare su temi che dovrebbero richiedere un giudizio positivo o negativo da parte del cittadino elettore (referendum), mentre pretendiamo poi che esprima il suo voto su candidati calati dall'alto in altre tornate elettorali (politiche).

Un'istituzione nazionale o locale che gioca sull'astensione dal voto significa che ha paura del giudizio di merito sulla propria attività svolta sino a quel momento, mancando di rispetto sia a chi non l'ha votata, ma soprattutto a chi le ha dato il voto!  I referendum fatti su queste basi sono destinati a fallire, come il passato ci insegna, con spreco di denaro e occasione di mancata democrazia.

Valter Cavallo, Cuneo

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