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Difficoltà burocratiche e niente sgombero neve per l'allevatrice

MONTAGNA

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ELISA AUDINO - A Paesana agricoltura e allevamento erano due dei punti cardini del programma elettorale dell'attuale maggioranza Anselmo, eppure c'è chi di allevamento perisce a Paesana. O meglio chi l'allevamento lo ha, lo ha voluto con forza e passione, ci vive, ma si sente come abbandonato dall'amministrazione nella ruotine quotidiana. Dai semplici adempimenti burocratici allo sgombero neve, che è il caso che racconteremo.

Intendiamoci, questa non è una storia come tutte le altre. È quasi un sogno quello di Elena Crepaldi, trentatreenne moncalierese che ha trasformato la sua passione innata per la natura e gli animali in un lavoro non più così comune - per chi non ci è nato e non lo ha ereditato dalla famiglia - e soprattutto in un luogo non facile. Perché di alta montagna parliamo.

Elena è approdata all'allevamento dalla sua vita cittadina, da figlia di operai, in modo quasi naturale: 'Ho lavorato per qualche anno nei rifugi perché la montagna faceva parte di me. Durante l'Università (corso di laurea in Scienze Forestali e Ambientali) ho vissuto in Val Chisone e ho preso due caprette. Mi sono innamorata di questo animale'. Di lì il passo è stato breve. Un po' per caso arriva in Valle Po e trova, in borgata Baite sopra Le Ferrere di Paesana, un luogo che giudica adatto, con sole e pascoli a sufficienza. Una visuale mozzafiato al limitar del bosco per chi ha già avuto il piacere di passare, magari in un giro in mountain bike o per una breve gita.

Era il 2012. Con non poche difficoltà - molte di carattere burocratico, come quando ha dovuto rinunciare ai finanziamenti per i giovani imprenditori per via della lentezza dell'amministrazione comunale, che le ha fatto perdere un anno e mezzo di tempo - inizia la sua attività. I capi, capre, caprette, agnellini aumentano fino a un centinaio e la stalla è posizionata al termine di una strada sterrata comunale.

Dal termine della strada asfaltata alla stalla ci sono cinquecento metri: una manciata a pensarci, ma chilometri quando cade la neve e il Comune le nega il servizio di sgombero. I mezzi arrivano fino all'asfalto, dopodiché - nonostante la strada sia di proprietà comunale e nonostante la sua attività economica sia proprio là in fondo - si fermano. Le capre hanno bisogno di cure giornaliere: acqua, cibo, pulizia delle stalle. Cinquecento metri i primi due anni, durante le nevicate, se li è fatti con buono spirito e forza. Ma gli animali sono aumentati e le sue richieste di intervento anche.

Dall'amministrazione qualche risposta laconica: 'la strada che si rovina' e lei che osserva che basterebbe tenere la pala un po' più alzata o il Sindaco Anselmo che le suggerisce di comprarsi un trattore. Cinquecento metri, tutto sommato, in un'annata in cui di neve se ne è vista davvero poca e il fondo per lo sgombero è rimasto pressoché intatto, non sono tanti.

Ci sarebbe, poi, da riflettere su quale tipo di attività economica debba contare la media-alta montagna e sul dove debba, a questo punto, essere impiantata. Perché se iniziamo ad adottare le logiche urbane in luoghi che urbani non sono, cioè se le periferie montane iniziano a discriminare le proprie periferie rimane da chiedersi quale sia l'identità montana su cui tanto si fa leva in campagna elettorale.

Elisa Audino

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