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Dal 1967 la storia dell'hockey femminile "Lorenzoni" di Bra continua...

BRA

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FIORELLA AVALLE NEMOLIS - “Con quei bastoni ricurvi..." racconta Silvia Brizio della gloriosa squadra braidese di hockey su prato, che non si è fermata alla Coppa Italia con l'ultima recente vincita della Super Coppa. Silvia, tra le undici ardimentose giocatrici dell'hockey femminile Lorenzoni di Bra, racconta di quel lontano 1967. Chi poteva immaginare un futuro tanto luminoso?

“Come nasce l'idea di formare una squadra di Hockey, per giunta al femminile?"

“Augusto Lorenzoni, noto imprenditore braidese nel campo abbigliamento, appassionato sportivo, aveva praticato tutti gli sport possibili e immaginabili, anche con il nostro braidese Giovanni Arpino, il quale raccontò della sottile invidia che provava per le sue scarpette, quelle costosissime e specifiche per atletica. Praticavano ambedue atletica e Francesca, la figlia di Augusto Lorenzoni, mi mostrò una loro foto in posa sul campo".

“Come avete coinvolto Giovanni Arpino?”

“Dopo la perdita di Lorenzoni l'abbiamo nominato presidente, con Riccardo Bigone vice presidente e Giovanni Grosso allenatore. Si dedicava molto al giornalismo sportivo, e in un modo speciale. Svolse il suo ruolo con una particolare sensibilità, raccontando di noi: si calava nei personaggi per dipingerli con la sua penna. Scrisse due lusinghieri pezzi su di noi: “Campionesse col panino”, in cui ci poneva come esempio ai grandi calciatori per la nostra umiltà. E un secondo articolo, apprezzatissimo, dedicato a Giovanni Grosso. Tornando a Lorenzoni, giovanissimo, nel 1960 commissario nella delegazione italiana alle Olimpiadi di Roma, rimase folgorato nell'assistere ad una partita di hockey su prato. Con entusiasmo e lungimiranza, coinvolse nel progetto il braidese Attilio Bravi, più volte campione italiano di salto in lungo, e in breve tempo nacque la prima squadra maschile di hockey su prato, a cui seguì quella femminile".

“Quando siete apparse voi ragazze sul campo?”

“Nel 1967. Fu il braidese Giuseppe Panni, che in Francia, vista una formazione femminile di hockey su prato, lanciò l'idea: furono sette allieve dell'istituto "Guala" a proporsi per prime, e coinvolsero poi le altre, me compresa".

“Cosa vi colpì di questo sport?”

“E' vero che ci piaceva molto. Ma all'epoca, appassionate e volonterose sportive, ci saremmo lanciate in qualsiasi altra disciplina. Cavalcavamo il mitico anno 1968: rivoluzione, innovazione e soprattutto affermazione di noi donne. Non ci pareva vero di praticare uno sport praticato solo dai maschi".

“Nel 2017, nella ricorrenza del cinquantenario, è stato pubblicato il libro, da te curato: 'Emozioni in gioco, la lunga storia dell'Hokcey Femminile Lorenzoni di Bra'. Quale il momento toccante durante la sua presentazione?”

“La testimonianza sul palco dell'ex giocatrice Ketty Fasano, della prima storica formazione femminile, che lesse brani del suo prezioso e dettagliato diario sulle gesta sportive, in seguito pubblicato. Seguì il suo esempio l'atleta Adriana Tibaldi, e la tradizione del diario si tramandò negli anni. Preziosa documentazione, molto fotografica, per redigere il libro 'La storia dell'Hockey Femminile Lorenzoni di Bra'".

Silvia mi mostra il libro che ha con sé: in prima pagina appare la suggestiva fotografia delle prime undici giocatrici, schierate, fiere e sorridenti, che impugnano la mazza. Nella didascalia appaiono i nomi delle undici atlete: Laura Gualzetti, Cicci Cocco, Annamaria Rapetti, Anna Berbotto, Caterina Fissore, Anna Grazia Puglia, Marisa Lizzi, Beba Rinaudo, Silvia e Franca Brizio e Liliana Gandino.

“Quando vi sponsorizzò Lorenzoni?”

“Lorenzoni ci osservava a distanza: eravamo solo un fenomeno da baraccone? o facevamo sul serio? Sicché una sera ci invitò a cena, e inaspettatamente ci offrì il suo nome e la sponsorizzazione. Persona straordinaria! Imprenditore torinese nel campo dell'abbigliamento, aveva un negozio a Casale e a Bra e ogni martedi non mancava la rituale visita al palazzetto dello sport, quando io allenavo le allieve giovani. Capì subito che eravamo molto motivate per passare il testimone ai giovani. E sovente anche la domenica si presentava a bordo campo, per dare addirittura servizio all'arbitro. Ha individuato subito la nostra e serietà, e sovente, riportato dalla figlia Francesca, in casa ci menzionava per la nostra determinazione e dedizione".

“Il momento di crescita della vostra squadra?”

“Per un po' di tempo, caparbie sì, ma con stile un po' campagnolo, ci siamo improvvisate fino all'arrivo, nel 1972, di Inder Singh. Fu la magica scoperta della tecnica di questo sport. Con quel bastone curvo, Inder, ci svelò quanto si potesse fare! Con trovate semplici ma istruttive riusciva a coinvolgerci: dal campo alla Madonna dei Fiori, ci conduceva verso la strada della Riva. E, col bastone, ci incitava a correre e toccare la palla in un certo modo, per manterne il controllo. Non è un caso se l'anno successivo abbiamo vinto il primo campionato indoor (specialità invernale al coperto)".

La narratrice Silvia Brizio espone con dettagli intriganti, emozioni, entusiasmi e anche trepidazioni per le competizioni. Narra momenti salienti, le prime sconfitte, la crescita. La sua é nostalgia, gioiosa e propositiva nel proseguire e incrementare, tutti insieme, la storia di questa squadra, cresciuta a poco a poco.

Narra della nascita dell'hockey femminile che coincide con momento storico: i favolosi, indimenticabili per chi li ha vissuti anni, anni Sessanta. Simbolo di rivoluzione, innovazione, soprattutto per le donne. Ripercorre le emozioni di giovani donne, fiere di conquistare una fetta di sport, fino ad allora territorio solo maschile, con quei buffi bastoni ricurvi, come li chiama lei.

Non immaginatela troppo sportiva nell'aspetto e nei modi, é energica sì, ma molto femminile. Curata, senza eccedere in fronzoli, ex docente in disegno e arte, si dedica anche alla pittura. Mostra sensibilità artistica che ben si sposa con la fermezza di giocatrice, allenatrice, ed ora di direttore sportivo, oltre che moglie, mamma e anche nonna felice!

“Certo non ci mancava la determinazione - commenta Silvia -. Era tanta la voglia di uscire dagli schemi, nelle vesti di donne libere e capaci di stupire, senza eccessi e senza perdere la propria femminilità. E con l'aiuto di tutti, per il successo è stato importante anche il coinvolgimento delle ragazze straniere che incontravamo nelle competizioni. Per essere ai vertici, conta anche avere la classica cigliegina sulla torta. Ma questa è un'altra lunga storia...".

Insomma, avete raggiunto vette importanti: titolo di indoor; titolo di prato (assoluto); Coppa Italia e in questi giorni, a Roma, premiazione Super Coppa!

“Irripetibile!” esclama Sivia Brizio.

Ma, la storia continua...

Fiorella Avalle Nemolis

(Nelle foto: la squadra con Silvia Brizio, la premiazione a Roma e Stefy Tosco, miglior giocatrice dell'anno)

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