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"Assalto al treno Ceva-Ormea: quando la cronaca diventa storia": si presenta il libro

MONDOVì

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SERGIO RIZZO - Mercoledì 19 aprile alle ore 20:30, presso la sala della Bocciofila di Ceva (Cuneo), sarà presentato il libro "Assalto al treno Ceva-Ormea: quando la cronaca diventa storia", a cura della giornalista del quotidiano "La Stampa" Paola Scola.

Giovedì 7 giugno 1973. La frescura della notte si perde tra le braccia del primo sole. In stazione a Ceva urla, risate, schiamazzi. Studenti e lavoratori si aggrovigliano intorno ai binari per poi dileguarsi improvvisamente verso la città. Il treno accelerato per Ormea è invece pronto a partire. A bordo impiegati, insegnanti, operai della Lepetit e quattro giovani sconosciuti con un biglietto di sola andata fino a Nucetto. Alle 7:56 il treno comincia a muoversi in direzione sud. Ordinato, pulito e puntuale. Tra il personale di bordo un messaggero postale, il capotreno e il controllore. Due minuti e uno tra i giovani misteriosi si alza improvvisamente. Con la mano destra afferra rapidamente una maschera nera dalla tasca e se la infila.

Una frazione di secondo e anche gli altri tre si nascondono il viso dietro un passamontagna. Lo sguardo dei passeggeri si blocca in un impasto di terrore e incredulità. Soltanto una donna grida a mezza voce "Attenti corrono verso il bagagliaio!". Tra le mani dei quattro si intravedono due pistole e una lupara. Nello scomparto scende il gelo. Qualcuno urla, altri si rannicchiano sui sedili. Fuori, invece, il sole si specchia nelle acque del Tanaro, ignaro e sorridente. Il treno, intanto, prosegue nella sua corsa, quasi senza fretta. Pochi metri e i quattro banditi azionano il segnale di emergenza. Il convoglio si ferma. I secondi si dilatano e la paura graffia l'infinito. "Fermi o vi ammazziamo. Dove sono i valori?".

Le grida squarciano il silenzio. Il capotreno e il messaggero postale si sdraiano faccia a terra. Uno dei banditi lacera i sacchi ammassati al fondo del vagone alla ricerca del denaro. Arraffa le lettere a manciate e le caccia in una borsa di plastica. Tra i passeggeri la paura si tramuta in panico e disperazione. Nella memoria scorrono le cronache del celebre assalto al treno dell'agosto 1963. Urla e spintoni, quindi silenzio improvviso. Con la coda dell'occhio qualcuno scorge un'Alfa 1750 poco distante dal convoglio, lungo una sterrata secondaria. I quattro corrono e salgono rapidamente a bordo. Una frazione di secondo e si dileguano verso la Liguria.

L’assalto alla Ceva-Ormea si concluse dunque senza morti e feriti, con un misero bottino. I quattro banditi (arrestati poche ore dopo proprio in Liguria) si aspettavano infatti di ritrovare sull’accelerato le pensioni destinate ai beneficiari della Valle Tanaro, per un valore complessivo stimato di cinquanta milioni di lire. Ma quella volta la lentezza burocratica italiana fu provvidenziale e il prezioso carico, a differenza di quanto preventivato, intraprese il viaggio in direzione di Ormea soltanto sul treno successivo. 

Sergio Rizzo

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