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Anche (e soprattutto) per medici e virologi dovrebbe valere il detto "prima pensa e poi parla"

CUNEO

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CUNEO CRONACA - Il virologo prof. Crisanti, prima di esprimere pubblicamente dubbi circa l’efficacia - e quindi l’opportunità di farne uso - del vaccino anti-Covid, avrebbe dovuto pensare non solo alle conseguenze di tale affermazione in campo scientifico. Laddove avrebbe avuto contraddittori all’altezza ed un teatro riservato e colto. Esprimendosi anche per la collettività, alla quale sono rivolti i mezzi di informazione, non ha saputo valutare le conseguenze della sua discutibile ed incauta affermazione. È stato difeso autorevolmente da un collega universitario, che gli ha fatto credito della buona fede, alla luce della professionalità e competenza riconosciutegli. Invece, è stato ufficialmente bacchettato dalla quasi totalità dei colleghi. È stato assai carente sotto il profilo della qualità che universalmente viene richiesta a tutti coloro che si accingono ad affermazioni importanti. Non ha tenuto conto del detto “prima pensa e poi parla” di cartesiana derivazione.

I no vax, che possono essere collocati ad un piccolo gradino prima dei terrapiattisti nella scala che indica un mix di malafede e di ignoranza su situazione universalmente condivise, lo considereranno un alfiere. Si troverà così, pare, suo malgrado, in una cattiva compagnia con pochi colleghi in malafede o in ignoranza o vana gloria, che difendono l’indifendibile. Insistere nell’affermare l’inutilità dei vaccini, nonostante le centinaia di migliaia di morti in ogni stato e ogni continente, gli ospedali al collasso, malati in ogni famiglia, significa rifiutare la realtà. Non si può affermare che i contrasti tra infettologi, virologi, epidemiologi, invitati nelle varie tribune televisive -talvolta denominate pollai- o oggetto di interviste giornalistiche, abbiano apportato conoscenze in materia di Covid, certezze sulle terapie, fiducia nella vittoria finale sul virus. A questa pletora professorale, finora non conosciuta se non nello stretto ambito universitario, si chiede maggiore ponderazione nell’esprimere valutazioni e giudizi al di fuori delle riviste mediche o dei convegni tecnici o delle aule universitarie.

Ho conosciuto un ottimo magistrato, di carattere impulsivo. Frequentemente esprimeva giudizi - ovviamente al di fuori della funzione - che apparivano non condivisibili. Successivamente, con grande onestà, si ricredeva. Nel corso dell’assunzione delle prove, conoscendolo, occorreva prestare particolare attenzione nel contraddirlo, ove fosse opportuno e necessario, per le esigenze difensive. Ogni magistrato, nel contatto con i difensori, sia nelle cause civili, che - ancor con maggiore attenzione - in quelle penali, nel corso degli incombenti probatori, esprime la propria obiettività in modo diverso. Deve applicare l’equilibrio e rendere giustizia in modo imparziale. I magistrati non sono robot, ma persone con il loro carattere, la loro formazione professionale. Non devono ledere i diritti delle parti e neppure far intendere una decisione finale probabile della vertenza. 

Il detto “prima pensa e poi parla” deriva dal “cogito ergo sum” di Cartesio. Dal momento che sono dotato di pensiero - caratteristica della specie umana - debbo usare tale facoltà prima di esprimere valutazioni, giudizi, volontà da tradurre in azioni o fatti. L’impulsività dev’essere frenata, per evitare figuracce e successive penose precisazioni, quali: sono stato frainteso; non mi sono ben espresso; la dichiarazione è stata arbitrariamente estrapolata dal contesto. Qualora si tratti di scritti: non è stato redatto da me; lo ha inviato il responsabile della comunicazione; è opera del collaboratore a mia insaputa; la segretaria ha dato seguito ad un appunto da rivedere. Secondo Cartesio occorre verificare ogni conoscenza pregressa, pur se di autorevole provenienza e comunemente fin ora accettata. Il processo di ricerca del sapere porta ad un principio, sul quale non è più possibile dubitare: la certezza. Il significato del “cogito ergo sum” è che l’esistenza è formata dal pensiero reale. Io esisto, sono un soggetto pensante ed il risultato di tale processo è una realtà certa.

Il virologo Crisanti e i tanti altri - medici e politici - che hanno fino ad oggi gestito o criticato la tragedia della pandemia, avrebbero dovuto e dovrebbero, prima di esprimersi pubblicamente, seguire il principio di derivazione cartesiana. Prima di effettuare dichiarazioni, concedere interviste, rispondere a richieste, occorre precisare non solo ciò che viene espresso - se è la realtà o la loro realtà - e prevedere le conseguenze di quanto dichiarato o scritto. Talvolta, peccando di presunzione, tutto ciò non viene posto in atto. Smentite, correzioni, precisazioni, non sono che inutili palliativi, talvolta ridicoli e controproducenti. L’avvocato Gianni Agnelli riteneva il ridicolo il peggiore dei giudizi. Dai politici non ci stupiamo se provengono contrastanti dichiarazioni, con altrettante precisazioni. Non ce le attendiamo invece dai medici. I greci antichi chiamavano “lalistatoi” i super chiacchieroni inaffidabili e li evitavano come la peste. Per i “lalistatoi” vale il detto: ”il silenzio è d’oro, la parola d’argento”.

Piercarlo Barale

 

 

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