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Tutta la Langa piange Beppe Rinaldi, spirito critico e libero del Barolo

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BRUNO MURIALDO - L'ultima volta che vidi Beppe Rinaldi gli regalai una delle mie fotografie "Marilylin" ed egli mi regalò "Gli occhi di Pier Paolo Pasolini", una litografia che conservo con amore, e delle meravigliose bottiglie di Barolo. "Facciamo cambio", mi disse.

Andare a trovare Beppe era una passeggiata nei ricordi, mi raccontava del suo lavoro, dei momenti belli delle sua vita, della sua collezione di Vespe che teneva in un luogo sacro, la sua cantina. La sapeva lunga Beppe sul lavoro della terra, lui era ancora uno di quelli che si sporcava le mani, non mollava mai, dal mattino alla sera sul quel trattore. 

Non amava i telefonini e tutte quelle diavolerie delle vita moderna, capiva che erano necessarie, ma non le amava. La sua cantina, in basso, sotto terra era una specie di rifugio. Quando poteva era lì nel il suo laboratorio, dove i pensieri e le idee si sviluppavano e prendevano vita.

Beppe Rinaldi faceva il Barolo come soltanto Dio lo sapeva fare! Era quell’amore per la natura e la rabbia per una certa modernità, per certi versi nemica, che lo spingevano ad elevare la sua cultura della memoria oltre il confine.

Beppe era un conservatore illuminato, di quelli che non vanno a finire nelle retorica, convinto che la memoria servisse per non commettere gli errori del passato e certo che il futuro fosse da affrontare con tutte le sue difficili proposte.

Non c’è più. Beppe, dopo una lotta titanica con la malattia, se n’è andato. Per noi che lo abbiamo conosciuto e gli abbiamo voluto bene, rimarrà sempre nei nostri cuori.

Se n’è andato a portare il vino buono in quel mistero che è la morte, avrà molto da fare e tanto da discutere. Lascia a tutti noi una grande lezione di umanità, a noi e a tutta la sua famiglia che lo ha amato e gli ha voluto bene.

Ciao Beppe.

Bruno Murialdo

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