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Un piede nel futuro a Cherasco: Cristian Ranallo svela il ruolo dell'Innovation manager

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FIORELLA AVALLE NEMOLIS - Incontro Cristian Ranallo alla Fondazione DIG 421 della Tesisquare di Roreto di Cherasco, in provincia di Cuneo. Salgo le scale del complesso architettonico realizzato in cemento, acciaio e vetro: luce e spazi aperti di grande respiro, idee che entrano ed escono, un continuo circuito di condivisione, conoscenza e cultura tra diversi attori.

Avverto un brivido mentre metto la punta del piede nel futuro dove, in parte, è già presente. Cristian Ranallo ne fa parte, in qualità di Senior Innovation Consultant alla Tesisquare di Roreto di Cherasco. Alto, fisico asciutto, sguardo penetrante, occhi magnetici azzurro fiordaliso.

Cristian, quale è il tuo ruolo?

"Sono un innovation manager, che significa individuare le opportunità nascoste all'interno di un certo sistema per svilupparle. E' una figura polivalente e trasversale all'interno dell'azienda, che in Italia si è ufficialmente conformata con il suo ruolo circa 10 anni fa. Quindi, ha il compito di dialogare con tutte le aree dell'azienda, dalla logistica, alla finanza, al marketing, e soprattutto con la direzione, per identificare le chiavi di volta atte a sviluppare una nuova opportunità di business per l'azienda. E' fondamentale la capacità di comunicare sia per iscritto, che verbalmente di fronte a un team, usando le piattaforme, soprattutto quelle digitali, sui canali più frequentati, per fare conoscere l'innovazione, sia all'interno che all'esterno dell'azienda".

Come si muove l'Innovation manager?

"In veste di divulgatore dell'innovazione, anche detto evangelist, gli compete un ruolo con i suoi pro e contro. Spesso gli interlocutori con i quali dialogo non sono informati sull'argomento che tratto, e oppongono resistenza all'innovazione, perché espongo punti di vista molto abrasivi. Abrasivo è il termine che ben definisce il significato di innovazione. Quindi, azione di evangelizzazione, affiancata alla funzione di riportare processi di innovazione, che ripetuti la facilitano. Questo è lo scoglio più alto da affrontare per le aziende".

Cosa segnala la carenza di innovazione in un'azienda?

"Quando a un amministratore delegato o a un manager chiedo quale sia, in termini di percentuale numerici, il fatturato prodotto con la loro innovazione negli ultimi due anni e mi rispondono che di primo acchito non sono in grado di quantificarla. A volte hanno fatto innovazione senza però generare fatturato. Mediamente, una grande azienda ha un fatturato per il 90 per cento, generato da prodotti che risalgono a circa 20/30, persino a 40 anni. L'altra domanda, soprattutto per le aziende che non lavorano su commessa, è quanti sono i progetti che hanno abbandonato negli ultimi sei mesi. La risposta rivela quanto siano disposti a credere in un progetto rispetto ad un altro. Il rischio è l'ostinazione nel mantenere in piedi tutti i propri progetti, poiché chiuderne uno è un atto di coraggio. Quindi, creare fatturato con l'innovazione impone di non scegliere progetti sull'onda di sensazioni, quando è determinante disporre di dati che ne confermino la validità. In caso contrario, si sono investiti tempo e denaro in un progetto che se non funziona, genera prodotti o servizi che fatturano poco o addirittura zero. Quindi tutti parlano di innovazione, ma sono in pochi disposti a farla".

La risposta a queste due domande già identifica il tipo di approccio verso l'innovazione.

Quale è il ruolo dell'Innovation manager?

"E' un ruolo ambivalente: gli compete sia lo stretto contatto con la direzione dell'azienda, sia quello di training formatore. Ma innanzitutto è un formatore che, a sua volta, si forma attraverso una costante ricerca di soluzioni, di nuovi metodi e di un approfondito arricchimento culturale, che poi trasmette alle altre persone. E' fondamentale l'evangelizzazione, dove la conoscenza culturale predomina su quella tecnica, infatti richiede una notevole spinta spirituale, avvalendosi di dinamiche molto diverse da quelle del business quotidiano".

Come si interfacciano tra loro le figure dell'amministratore delegato, il manager e l'Innovation manager?

"Tutte e tre le figure, con competenze diverse, convergono col fine di portare business all'azienda. L'amministratore delegato, o il manager, sono addetti all'ottimizzazione del progetto già sviluppato, potenziandone l'organizzazione e l'efficienza; mentre l'innovation manager ne potenzia l'efficacia, evitando di cadere nell'inefficienza, ossia individuando cosa può funzionare, che è ben diverso dalla pratica dei calcoli aziendali, che non consentono di prevederne il tempo di ritorno. Il terzo pilastro sia della mia formazione e delle altre persone consiste nella comunicazione interna ed esterna; mentre il quarto pilastro è l'ecosistema. Ecosistema, il termine biologico che negli anni Novanta è stato adottato e portato anche nel business. In un primo tempo l'ecosistema di business significava relazione tra attori (fornitori, produttori, azienda, cliente finale), dove tutto era collegato. Oggi per ecosistema di innovazione si intende un gruppo di più attori che aiutano a generare valore, costituito anche da startup, aziende, fornitori, clienti, centri di ricerca, scuole, università e istituzioni".

"Già negli anni Ottanta, alla nascita delle più importanti multinazionali high-tech nell'area industriale della Silicon Valley (California), si intuì che si poteva fare impresa e innovazione affiancando agli imprenditori talentuosi studenti che seguivano i corsi delle università, per esempio della Stanford, i quali, oltre alle competenze accademiche, potevano fornire un ottimo substrato di business. E' stato il primo passaggio, diventato poi l'ecosistema dell'innovazione della Silicon Valley, un meccanismo per cui gli imprenditori cercavano di accaparrarsi il ruolo di docente nelle università, perché era facile scoprire i talenti prima degli altri. Quindi, furono gli imprenditori-docenti più lungimiranti e facoltosi ad investire nei progetti ideati dagli studenti, generando business: Netflix ne è un esempio. L'innovation manager ha anche competenze tecniche, come la conoscenza dei processi per l'innovazione e il metodo per facilitare la replica dei momenti di genialità, quindi, favorendo la creatività. Può apparire folle, per esempio nel mio caso, per generare nuove idee, utilizzo il metodo Lego Serious Play. Consiste in un processo di base con 4 passaggi: una grande domanda, senza risposta, una costruzione, poi la condivisione, a cui segue una riflessione, che aiuta il gruppo di lavoro a definire le azioni di crescita e sviluppo da intraprendere. Esistono molti altri metodi: il design thinking; lean startup, ecc".

A questo punto della conversazione mi coglie la fastidiosa sensazione di inadeguatezza! Ma resisto, e supplico il mio cervello di accogliere, elaborare e tradurre questo linguaggio, per me alieno. Intanto Cristian Ranallo prosegue: "Questa è la parte per generare idee. Tornando all'ecosistema, viene la parte più impegnativa: quella definita networking, che consiste nella costruzione della rete, ossia il sistema di collegamento in essa, di più elaborati e utenti. In pratica è la creazione di una rete di contatti, che richiede di accreditarsi nell'ecosistema. E' il cosiddetto scambio della competenza, già in uso tra i grandi pittori e scultori italiani del Cinquecento, quando gli apprendisti di bottega non percepivano nulla, in cambio del dono del sapere. Allo stesso modo l'innovation manager, applicando il medesimo approccio all'interno del proprio ecosistema di relazioni, ne accelera notevolmente l'evoluzione".

C'è qualcosa di cui vai fiero?

"La fondazione del Great Innova, festival dell'innovazione, nato a Cuneo, oggi è diventato un'associazione senza scopo di lucro, per portare l'innovazione sostenibile sui territori".

E' intrigante il progetto attivato da Cristian Ranallo, merita un seguito per cogliere ogni aspetto della sua bellezza.

Fiorella Avalle Nemolis

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