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"Tutti i luoghi dove bambini e adolescenti sono più esposti al rischio di abusi e maltrattamenti"

CUNEO

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In Piemonte, per circa 1 adulto su 4 scuola e centri sportivi sono i luoghi abitualmente frequentati da bambini e adolescenti dove maggiore può essere il rischio di subire comportamenti inappropriati, maltrattamenti e abusi da parte degli adulti. Mentre sono gli oratori o parrocchie ad essere percepiti come maggiormente a rischio dagli adulti piemontesi (30% percentuale tra le più alte in Italia). D’altra parte, la percezione dei minori della regione sugli stessi luoghi, cambia leggermente con quasi uno su 5 che considera luoghi maggiormente a rischio la scuola e gli oratori, mentre uno su 4 si sente più in pericolo dove si pratica sport.

Minacce concrete alle quali i minori sono esposti soprattutto in Internet, considerato un luogo a rischio in Piemonte per quasi la totalità degli adulti (il 88%) e per circa 7 ragazzi su 10. In un caso o nell’altro, nella regione, tra i pericoli principali per i bambini la possibilità che vengano loro imposti rapporti fisici indesiderati (per il 50% dei ragazzi e per il 57% degli adulti) o che vengano compiuti una serie di illeciti attraverso internet, tra cui la richiesta di inviare immagini intime in cambio di regali (secondo il 51% dei ragazzi e il 67% degli adulti) o di diffonderle senza il consenso dell’interessato (67% degli adulti e il 43% dei ragazzi).

Sono solo alcune delle evidenze di un’inedita indagine ”Minori e percezione dei rischi” realizzata da Ipsos per Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro, di cui si discuterà oggi al Senato, a partire dalle ore 11:45 presso la Sala Caduti di Nassyria, in occasione della presentazione di un Manifesto in 10 punti, intitolato “10 in condotta!”, promosso da Save the Children per favorire nel nostro Paese l’adozione da parte di tutte le realtà che operano con i minorenni di un sistema di tutela, a partire da una Child Safeguarding Policy, che promuova un modello organizzativo di prevenzione e gestione di comportamenti scorretti da parte degli adulti di riferimento, afferenti all’Organizzazione o esterni.

“Troppo spesso, in tutta Italia, le cronache ci consegnano casi di abuso e maltrattamento ai danni dei minori, anche molto piccoli, consumati nei luoghi che dovrebbero essere per loro sempre i più sicuri. Come la scuola, l’asilo nido, l’associazione o il centro sportivo. Ancora più doloroso il fatto che questi abusi siano compiuti dalle figure adulte di riferimento – educatori, insegnanti, allenatori sportivi – violando un patto di fiducia essenziale per la crescita, con conseguenze che possono essere molto gravi e durature nel tempo. Non possiamo occuparcene solo quando questi casi esplodono in tutta la loro gravità. In Piemonte, come in tutto il Paese, l’adozione di un sistema di tutela – regole di comportamento, chiare procedure di segnalazione, individuazione delle figure responsabili – per prevenire abusi e maltrattamenti ai danni di minori dovrebbe essere un requisito essenziale per tutti i servizi, educativi e ricreativi rivolti ai minori” ha dichiarato Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.

Dai dati dell’indagine Ipsos per l’Organizzazione, che oltre a sondare l’opinione di adulti e ragazzi a livello nazionale realizza un focus specifico su 8 regioni italiane[2], emerge invece che a un aumento della consapevolezza dei rischi non corrisponde ancora la messa in campo di misure in grado di proteggere concretamente i minori nei luoghi che normalmente frequentano. In Italia, più di 1 genitore su 4 afferma infatti che in palestra o in altri centri ricreativi i propri figli non abbiano mai ricevuto informazioni su cosa fare in caso di maltrattamenti, abusi o condotte inappropriate, e, rispetto alla scuola, in Piemonte, più di 1 genitore su 4 e 1 ragazzo su 5 sono convinti che anche lì non esistano regole chiare per tutelare i minori.

Dal sondaggio Ipsos per Save the Children, emerge che solo il 7% degli adulti, in Piemonte, ritiene che i minori siano completamente tutelati e al sicuro da comportamenti inappropriati da parte degli adulti nei luoghi che sono soliti frequentare o riferendosi al web e alle chat usate dai propri figli. Più di 1 minore piemontese su 4 (il 27%) si dice a conoscenza di esperienze negative vissute in prima persona dai loro amici, percentuale che sale al 32% se riferita agli episodi in rete. I luoghi più a rischio. Tra i luoghi fisici ritenuti maggiormente a rischio e dove i minori potrebbero essere vittime di comportamenti scorretti o abusanti da parte degli adulti figurano soprattutto gli oratori o le parrocchie (30% adulti e 17% dei ragazzi), la scuola (28% degli adulti e il 17% dei ragazzi) e i centri sportivi, le palestre o le piscine insicuri per il 24% degli adulti e il 21% dei ragazzi piemontesi. La scuola è a rischio soprattutto per i ragazzi in Sicilia (1 su 4), meno per i coetanei campani ed emiliani (16%). Da segnalare in chiave positiva i gruppi scout considerati nella regione, luoghi sicuri per il 94% dei ragazzi e per l’88% dei genitori.

 Lo “spazio” considerato meno sicuro è comunque quello virtuale. E con la diffusione delle nuove tecnologie e la sempre maggiore possibilità, per bambini e ragazzi, di accedere alla rete, cresce la percezione dei rischi collegati all’uso di chat e app online. In Piemonte, la rete è infatti un luogo a rischio per l’88% degli adulti e il 74% dei ragazzi. A conferma di ciò, la ricerca rivela che il 26% dei ragazzi nella regione ha provato disagio per avere ricevuto determinate richieste o contenuti online da parte degli adulti (percentuale più alta in Campania – 35% - e più bassa in Lombardia, 19%), un dato confermato anche da circa 1 genitore piemontese su 10 (1 su 5 in Sicilia e Campania). I dati mettono in luce anche uno scarso controllo da parte dei genitori su quello che i figli fanno online. Più di 1 genitore piemontese su 4 (28%) dice di non controllare mai i contenuti che i figli condividono in rete, mentre il 36% lo fa solo occasionalmente. La scarsa consapevolezza, da parte dei genitori, delle attività online dei figli, del resto, è confermata dal fatto che più di 1 su 4 (34%) non sa se i loro ragazzi utilizzino app a tempo per scambiarsi messaggini, foto o video e più della metà (57%) nella regione, non è in grado di dire a quante chat partecipi il figlio. E se i genitori italiani che credono di saperlo rispondono mediamente che i figli usano al massimo 2 chat, i ragazzi piemontesi affermano di essere coinvolti in media in quasi 6 chat ognuno.

Ma quali sono i principali rischi ai quali sono esposti bambini e ragazzi? In Piemonte, contatti fisici e rapporti indesiderati pretesi o imposti dagli adulti rappresentano un pericolo concreto per più della metà degli adulti (57%) e per la metà dei ragazzi (50%), con percentuali che, per gli adulti, salgono al 61% e al 64% in Lombardia e in Toscana. Circa la metà dei ragazzi (48%) e più di quella degli adulti (67%) in Piemonte, considera inoltre un pericolo reale che i minori possano essere vittime di cyberstalking da parte degli adulti, così come che venga loro chiesto, in cambio di regali, di inviare immagini o video che li ritraggono nudi (67% adulti e 51% ragazzi) oppure che gli adulti possano inviare a ragazzi conosciuti in rete materiali intimi che mettono a disagio (53% adulti e 37% ragazzi). Tra gli altri rischi segnalati in Piemonte, troviamo la possibilità che i minori vengano criticati o ridicolizzati per il loro comportamento o aspetto fisico (un rischio per il 66% degli adulti e il 49% ragazzi), che possano essere indotti ad assumere sostanze o che possano ricevere promesse in cambio di qualcosa (entrambe per il 39% dei ragazzi e il 53% degli adulti).

In Piemonte, i ragazzi intervistati mostrano un significativo senso di responsabilità: ben il 92% afferma che se fosse a conoscenza di un comportamento inappropriato nei confronti di un amico, sicuramente ne parlerebbe con qualcuno. Soltanto circa 1 ragazzo su 10 nella regione, preferirebbe invece restare in silenzio. Ma a chi si rivolgerebbero bambini e ragazzi piemontesi? I dati dicono che si fidano soprattutto di famiglia e coetanei. Più della metà dei ragazzi (59%) preferirebbe rivolgersi ai propri genitori, che si mostrano quindi come figure di riferimento fondamentali in caso di pericolo da parte dei figli, mentre il 16% ne parlerebbe con gli amici. Colpisce e deve far riflettere la mancanza di punti di riferimento all’interno della scuola. Solo il 6% dei ragazzi vedrebbe negli insegnanti un punto di riferimento e addirittura solo l’1% si rivolgerebbe agli altri referenti scolastici (psicologo, preside). Davanti al racconto da parte dei figli di un abuso o maltrattamento, la totalità dei genitori intervistati in Piemonte ne parlerebbe con qualcuno (99%), nel 30% dei casi si rivolgerebbero al preside o agli insegnanti (percentuale più alta in Italia), solo nel 22% andrebbero dalle forze dell’ordine e nel 20% ne parlerebbero con i propri familiari. Mentre nel Lazio il principale punto di riferimento per i genitori è la famiglia (34%).

Seppur contenuta una parte di adulti e ragazzi piemontesi sembra non riporre fiducia nei confronti degli educatori, a scuola come negli altri luoghi da loro frequentati con assiduità. D’altronde una percentuale, che anche se bassa non è del tutto irrilevante, di ragazzi (8%) e adulti (10%), infatti, pensa che, se un insegnante o un educatore venissero a conoscenza di un comportamento inappropriato non si attiverebbe per segnalarlo, per salvaguardare l’organizzazione in cui lavora o per evitare conseguenze personali. La non completa fiducia che emerge dall’indagine, riguarda in particolar modo i genitori in Campania, per il 20% dei quali gli educatori non farebbero niente. Il 25% dei ragazzi e il 26% degli adulti in Piemonte, tuttavia credono che gli educatori si attiverebbero se a loro volta ricevessero indicazioni chiare su come agire in questi casi (percentuali che salgono al 29% tra gli adulti in Emilia Romagna e Toscana).

In Piemonte, genitori e ragazzi credono che alcuni luoghi siano privi di regole e procedure in tema di tutela dei minori, in particolare, i centri ricreativi (75% adulti e 70% ragazzi), palestre e centri sportivi (67% adulti 58% ragazzi), oratori e parrocchie (66% adulti 59% ragazzi) e quasi la metà degli adulti in Italia, afferma che i propri figli non abbiano mai ricevuto informazioni in tal senso da queste strutture. Quanto alla scuola, merita una riflessione il fatto che, seppur parliamo di dati abbastanza contenuti, più di 1 genitore su 5 sia convinto che i figli non ricevano informazioni in merito dal personale scolastico, in Piemonte il 28% è convinto che la scuola non sia dotata di un sistema specifico per proteggere gli studenti da comportamenti inappropriati degli adulti (in Lazio lo pensa quasi 1 adulto su 2). L’assenza di procedure ad hoc a scuola è segnalata anche da un non irrisorio 19% dei ragazzi in Piemonte, con una situazione migliore in Emilia Romagna dove 9 ragazzi su 10 testimoniano la presenza di simili procedure. Inoltre, il Piemonte si distingue in positivo con percentuali del 16% per gli adulti e l’8% per i ragazzi che possono affermare di aver ricevuto materiale scritto con informazioni chiare da parte delle strutture frequentate dai minori. Invece, in Italia, quattro genitori su 10, inoltre, dicono che i propri figli non sono mai stati incoraggiati a segnalare episodi di questo tipo, a scuola così come nelle altre strutture, opinione condivisa dalla stessa percentuale dei ragazzi.

Dall’adozione di un codice di condotta alla formazione di tutto il personale che opera con i bambini, dalla individuazione di una figura che gestisca le segnalazioni alla informazione dei minori e delle famiglie: questi alcuni dei passi attorno ai quali ruota il Manifesto in 10 punti promosso oggi da Save the Children. Le organizzazioni che sottoscrivono il Manifesto “10 in condotta!” intendono mettersi direttamente in gioco per rafforzare la prevenzione degli abusi a partire dai propri ambiti di intervento e, allo stesso tempo, promuovere la diffusione e l’applicazione di un sistema di tutela in tutto il Paese, anche nel rapporto con le istituzioni. Da segnalare il fatto che di recente – è il caso dei bandi sulla povertà educativa promossi dall’impresa sociale “Con i bambini” – l’adozione di un sistema di tutela (child safeguarding policy) è stata considerata un requisito essenziale per la partecipazione ad un bando per progetti dedicati ai minori.

“Nonostante sia cresciuta negli anni, anche in Piemonte, una sensibilità attorno al tema, ancora oggi chi dovrebbe cogliere i segnali di rischio spesso non è in grado di sapere come e a chi rivolgersi e troppi allarmi restano inascoltati. Vogliamo impegnarci - con il coinvolgimento di tutte le organizzazioni attive nella protezione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza – nella realizzazione di un monitoraggio periodico e serrato del funzionamento di sistemi di tutela in tutti gli ambienti frequentati dai minori. Chiediamo alle istituzioni, nazionali e piemontesi, che i sistemi di accreditamento e le procedure di affidamento di servizi educativi e ricreativi considerino l’attivazione di un sistema di tutela come requisito essenziale in tutti i servizi educativi e ricreativi. Allo stesso tempo, chiediamo che all’interno del sistema scolastico la tutela dei minori divenga un asse portante affinché ogni scuola sia sempre uno spazio di ascolto e di protezione per ogni bambino e bambina. Una violazione non è mai un fatto privato e se riguarda un minore è più che mai una responsabilità etica, oltre che legale, degli adulti in posizione fiduciaria non averlo saputo prevenire”, ha concluso Raffaela Milano.

Il sondaggio Ipsos per Save the Children “La tutela dei minori” è disponibile QUI.

 

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