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Ritorno da Auschwitz: per gli studenti di Bra la battaglia è informarsi, non chiudere gli occhi

BRA

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FIORELLA AVALLE NEMOLIS - E' una mattina assolata di febbraio e mentro salgo la maestosa scalinata che conduce all'ingresso dell'istituto "E. Guala" di Bra, in provincia di Cuneo, penso a quante volte l'ho sorvolata per arrivare in classe giusta sul trillo del campanello. Il passato di alunna mi sorride, ma ancora di più mi entusiasma salirle per andare incontro al futuro.

Mi aspettano sette ragazzi delle classi VD e VT, appena tornati da un'intensa esperienza che solo immaginare non basta: un viaggio verso la Polonia per ripercorrere la storia con la visita all'ex lager di Auschwitz - Birkenau, e poi a Cracovia al quartiere ebraico “Kazimierz”, all'ex ghetto nazista della città e alla fabbrica di Oskar Schindler.

Un percorso condiviso con altri 100 studenti degli istituti superiori braidesi con partenza giovedi 13 e ritorno mercoledi 19 febbraio, accompagnati dalle docenti Bogetti Anna e Giustina Mortarotti. Oggi è giovedi appena il giorno dopo il rientro, i volti segnati, e negli occhi si riflette l'orrore di ciò che hanno visto.

Ho di fronte a me il futuro, volti e menti giovani, sorrido e cerco di metterli a proprio agio, ma non ce n'è bisogno, sembrano arrivati da un altro pianeta e nulla li spaventa più: hanno visto il peggio che gli uomini hanno dato di sé. Il tavolo è lungo e avviciniamo le sedie per vederci meglio.

Un particolare che vi ha impressionato di più?

Alice prende la parola: "Nel campo di Auschwitz uno, il blocco dedicato agli oggetti ritrovati dopo la liberazione: grandi mucchi di scarpe, valigie, cappelli, occhiali. Mi fa molto male il pensiero che fossero tutti oggetti appartenuti a persone strappate alle loro famiglie, ai loro affetti. Tutta la loro vita tolta all'improvviso, senza una ragione. Mi hanno colpito anche le foto che i tedeschi scattavano ai reclusi e la disperazione sui loro volti".

Secondo voi perchè le foto?

Interviene Eleonora: "A scopo organizzativo, per poi replicarlo in altri lager. Anche le teche con i loro nomi, le foto scattate a persone malate oggetto di sperimenti, erano una documentazione di ciò che stava accadendo. Penso che in quel momento avessero la mente completamente annebbiata per compiere atti così atroci, così disumani. Non c'era più ragionamento, non erano coscienti delle proprie azioni, così tutti omologati per eseguire solo gli ordini. Altrimenti non me lo spiego".

Stefano: "Agghiacciante la brutalità dei tedeschi nell'infliggere patimenti agli ebrei, agli zingari, agli omosessuali. Hanno suscitato grande tristezza ed orrore in me soprattutto le camere a gas e le piazze su cui avvenivano le esecuzioni".

A qualcuno di voi questa esperienza ha suscitato rabbia incontenibile?

"Più che altro tutti noi ci siamo chiesti il perchè di questa follia", afferma uno di loro.

E' questa la domanda a cui non c'è risposta. Ogni ragazzo se la pone e la conversazione si allarga. Proviamo insieme a capirne la ragione, ma la conclusione è disiumanità dettata dalla follia.

Samuele: “Ho provato tanta tristezza, ma in particolare mi ha colpito tra le foto dei deportati appese nel corridoio, quella di un giovane, che in mezzo a tanti volti sconvolti, impauriti, al contrario sorrideva. Forse non immaginava ciò che gli sarebbe accaduto appena pochi giorni dopo, dalla data della deportazione a quella della morte, erano trascorsi appena tre o quattro giorni".

Marica: “Tante le emozioni provate appena entrata nel campo, c'era quasi incredulità, come poteva essere accaduta una tale atrocità? Ho provato tristezza, ma anche tanta, tanta paura nell'immedesimarmi in quelle persone strappate ai loro cari, così all'improvviso, vite distrutte senza una ragione per il volere di un folle - e non trattiene le lacrime quando conclude - tornata a casa ho subito abbracciato i miei cari, ed è rimasto in me lo sgomento e la paura che queste atrocità possano ripetersi".

Appunto, voi che siete i futuri cittadini come pensate di agire per evitare tutto ciò?

Tutti daccordo: non perdere la memoria, imparare dal passato, l'ignoranza alimenta i regimi dittatoriali, la battaglia è informarsi. Non rimanere indifferenti, non chiudere gli occhi, quindi, è già un passo avanti continuare a testimoniare e interessarsi veramente su ciò che accade e non lasciare solo che accada.

C'è anche un accenno all'impegno della signora Segre, che riscuote grande ammirazione per la l'amorevolezza con cui si rivolge ai giovani e soprattutto il messaggio del perdono per non alimentare l'odio. Sono belle menti, in ognuna intravvedo un futuro e un contributo a ciò di cui stiamo dibattendo, c'è l'intellettuale, l'insegnante, l'artista, il rivoluzionario, l'imprenditore, il politico, il filosofo.

I loro nomi: Alice, Marica, Elena, Ambrogio, Stefano, Eleonora, Samuele della V D e V T della sezione turistico dell'istituto "E. Guala" di Bra. Scendo le scale dell'Istituto grata ai ragazzi che si sono aperti, hanno mostrato i loro sentimenti senza timore del giudizio, ed io altrettanto. L'iniziativa è stata organizzata dall'associazione Deina di Torino in collaborazione con il Comune di Bra, e il supporto dell scuola di Pace e dagli Istituti superiori cittadini.

Fiorella Avalle Nemolis

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