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Quel ricercatore di Boves che in 97 minuti racconta come vive la gente in Val Maira

MONTAGNA

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ADRIANO TOSELLI - L'instancabile ricercatore bovesano Giovanni Bianco propone un nuovo, curatissimo video (97 minuti), "Gente di San Damiano Macra", con immagini e testimonianze di chi vive in Val Maira, girate tra novembre e gennaio scorsi. L’opera è dedicata al padre dell’autore, Alfredo, classe 1919, scomparso nel 1989, nato a Dronero ma con radici tra le montagne di Pagliero (borgata sopra San Damiano). La presentazione si terrà venerdì 15 marzo, alle 20,30, nel salone parrocchiale di San Damiano, a cura di Parrocchia e Proloco, ad ingresso libero.

La personale testimonianza di Bianco ricorda le probabili radici paterne alla grangio Gian Bianc di Pagliero, come registrato nel 2009 dai fratelli Bianco, Massimo e Bernardino in un precedente video parzialmente riproposto. Viene raccontata la bella festa di Sant’Antonio a Pagliero, con la messa celebrata da Padre Antonio Audisio, la processione, la "baudetta" (particolare campana) che suona, l’incanto con ricavato per la manutenzione della chiesa, la partecipazione di un gran numero di persone in una splendida mattinata di sole.

Immagini particolarmente suggestive testimoniano lo strano inverno tra il 2018 e il 2019, egregiamente accompagnate da parole e note del gruppo corale La Reis diretto da Andrea Einaudi. Brevi estratti sono pubblicati su you tube, sul canale di "gibi449".

Alberto Garnero (Bertu), classe 1920, già intervistato nel precedente "Reduci", racconta la presenza e il lavoro di tante famiglie nelle borgate di San Damiano.

Alessandro Dao, classe 1932, originario di Elva, borgata Villar, racconta l’emigrazione in Francia, a piedi, attraverso le montagne «’n dì e mes a pè» («Un giorno e mezzo a piedi») alla ricerca di fortuna «si iera gnente» («Qui c’era niente»). «Adesso vivo qui ma il mio cuore è lassù» (in italiano).

Alla Borgata Podio, Mario Alifredi, classe 1992, dopo aver frequentato l’agraria, è diventato giovane allevatore di capre, coadiuvato dalla famiglia, produttore di pregiate formaggette e conduttore di agriturismo, «il lavoro con le “bestie” è una passione».

Fabrizio Piasco, classe 1961, insieme al nipote, è alle prese con il restauro di una baita, nelle riprese alla posa delle «lose», ardesie, sul tetto

Alla Borgata Chiabreri Luisa Olivero, classe 1936, ricorda le sue origini in borgata Combe, dove si viveva con due, tre vacche, e nella scuola c’erano quaranta scolari. Per fortuna i figli continuano l’allevamento, in alpeggio d’estate.

Giovanni Rovera, classe 1952, insieme ai figli continua l’attività agricola di famiglia con una bella stalla di vacche, ancora al pascolo in questo ultimo scorcio d’autunno ancora caldo. Ricorda che a Pagliero c’erano più di milleduecento «bestie» e la borgata era Comune. «Sensa le bestie ‘n pastura la muntagna diventa ‘n desert!», «Senza mucche al pascolo la montagna diventa un deserto!».

In Borgata Serre Teresa Bianco, classe 1945, racconta che allora qui la scuola si fermava alla quarta, per la quinta bisognava scendere a Pagliero e accendere la stufa. A Serre vivevano diciassette famiglie, se ne sono andati tutti: «Iera tanta miseria!» («C’era tanta miseria!»).

Fredo Rancurello, classe 1948, è filmato nella splendida borgata Fracchie dove ha frequentato la scuola elementare e dove è vissuto insieme alla moglie fino ad essere ultima famiglia residente tutto l’anno, con un bel gruppo di capre che portava in alpeggio d’estate, nonostante il rischio lupi: «L’ultim an n’a mangiane quat, l’uma pi truvà gnente» («L’ultimo me ne ha mangiate quattro, abbiamo più trovato niente»).

In Borgata Rio, Sergio Piasco, classe 1963, ha un bel gruppo di vacche ancora al pascolo e produce verdura. Fino al 1972 viveva con la famiglia a borgata Robbio, a 1400 metri di altitudine, ancora oggi ben conservata e pulita, dove ogni estate sale in alpeggio e gestisce un agriturismo con vista mozzafiato. In borgata incontro con il cognato che sta scavando «’na gorgia ‘n bosc» («una grondaia in legno»); presenta la fotocopia di un articolo de «La Stampa» del 1962 che racconta la visita di un inviato con l’omaggio di una radio a batterie come richiesto dalla maestra Piera Conte per i ragazzi della scuola, delle case senza corrente.

In Borgata Grangette, Mariuccia Nasari, classe 1931, racconta i ricordi di ragazzina in guerra, papà e due zii feriti in quella del 1915/18, «L’an ben tribulà» («Hanno ben faticato, sofferto»). Parla della banda del partigiano Aldo Viglione, che passava spesso anche dopo la guerra e portava sempre qualcosa di buono. Ha memoria del l’uccisione, a valle, nel 1944, di un giovane e il ferimento di un altro (vedi la lapide) ,che curarono e nascosero in casa fino alla fine della guerra. Dopo lo sbandamento dell’8 settembre, lei ragazzina, accompagnò per un bel pezzo quattro alpini con i muli in arrivo dalla Francia, diretti in direzione di Sampeyre, dove vivevano. «Dop la guera sun venu a ringrasiè!» («Dopo la guerra sono venuti a ringraziare»). Conclude: «La muntagna l’è ‘l me vivi» («La montagna è la mia vita»).

In Borgata Serre Foresti Giovanna Einaudi, classe 1954, collabora attivamente alla conservazione e valorizzazione del gruppo di case, presepe nel forno, illuminazione del campanile, grande festa d’estate, a San Magno, dove lei è apprezzatissima cuoca.

Mario Garnero, classe 1951, operaio, autista alla «Coralba» per trentadue anni, racconta la nascita dell’azienda, la captazione della sorgente di Poca-Messori, la richiesta del Comune di riservare al paese una fontanella pubblica, il lavoro per molte persone, «Me piasaria anche adess» («Mi piacerebbe anche adesso».

Immagini sono con lo sfondo musicale del gruppo vocale «La Reis», pomeriggio augurale alla Casa di riposo «Don Grassino», con brevi interviste ad alcuni ospiti.

Carla Gertosio, classe 1950, maestra supplente a Serre Foresti e Caricatori nell’anno scolastico 1972/73, ricorda il direttore Nini Acchiardi, partigiano, «una persona squisita», che decise di spostare gli alunni in una sola aula nella borgata soprana, in quanto tutti provenienti da abitazioni a monte. Si è fatta visita con commenti nell’aula, purtroppo in condizioni precarie.

Don Ugo Sasia, dopo una importante esperienza pastorale in Africa (Camerun), è parroco a San Damiano, dal 1999, in vent’anni di grandi cambiamenti in valli sempre più spopolate. «Ad Acceglio ero l’unica persona residente». «In montagna più delle parole contano gesti concreti di vicinanza e solidarietà».

Giovanni Girardo, classe 1964, falegname dall’età di dodici anni a Celle, è a San Damiano nel 1999, dopo la realizzazione dell’area artigianale da parte della Comunità Montana. Purtroppo oggi il lavoro del falegname non è più apprezzato e quindi occorre riciclarsi con altri mestieri.

Andrea Rovera, classe 1993, gestisce «La Maison», una bella, grande area espositiva che propone a residenti e turisti prodotti alimentari e artigianali della valle Maira e non solo, compresi editoria e noleggio mountain-bike; non manca un accogliente salotto, spazio bar e ristorante, «una presenza giovane, importante e ricca per valligiani e turisti».

Michele Rinaudo, classe 1961, con la moglie Simona, da trentadue anni cuoce pane e grissini dopo essere stato apprendista da Ettore Albino a Boves, «Negozi e scuole son servizi importanti per il paese e i turisti».

Adriana Inaudi, classe 1958, con tanti anni di attività nel bel negozio di alimentari, casalinghi, giornali, tabacchi, un servizio essenziale per il territorio, soprattutto per gli anziani, oggi cede il passo al genero Mirko che ha deciso con voglia e coraggio di accettare la sfida «per noi stessi e per il paese».

Il maestro Giovanni Biglione, classe 1946, insegnante a Serre nell’anno scolastico 1972/73, con sette alunni. Successivamente si è laureato con una dettagliata e importante tesi sulla scuola in Valle Maira. Ricorda l’alunno che veniva presto ad accendere la stufa nell’aula, l’ottimo rapporto con le famiglie sempre generose di pane appena sfornato e formaggio. Per l’esame di fine anno portò i ragazzi giù a Pagliero con la cinquecento personale, «una bella esperienza umana e professionale».

Adriano Toselli

 

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