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Quei volontari Avo di Bra che in ospedale diventano parenti di chi non ha famiglia accanto

BRA

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FIORELLA AVALLE NEMOLIS - Il volontario dell'Avo, associazione volontari ospedalieri, è il parente di chi non ne ha.

Incontro Annamaria Esposito Guarino all'ospedale Santo Spirito di Bra dove ha sede l'Avo, di cui è presidente.

Apre la porta ed ecco mi mostra orgogliosa i locali dove si svolge l'attività in cui ha creduto con tutte le sue forze.

E' tutto molto ordinato, si respira serenità ed accoglienza: lo spirito dell'associazione.

Annamaria è una bella signora, tratti gentili, come il suo animo.

Occhi azzurri, chiari e profondi come il mare, e sorriso luminoso come il sole: le caratteristiche della sua bella Napoli che le ha dato i natali.

“Annamaria perchè hai scelto il volontariato puro?” Mi pare quasi una domanda inutile: è evidente la sua generosità di sé.

Ma la risposta, così profonda e semplice, riesce a sorprendermi: “Noi dell'Avo siamo i parenti di chi non ha parenti.”

Con poche parole ha espresso un concetto di Sofocle: “l'opera umana più bella è di essere utile al prossimo.”

“Da quanto tempo presti volontariato Avo?” “Come fondatrice e organizzatrice dell'Avo di Bra, sono 24 anni.

Mentre nel1982, con la dottoressa Mariangela Buzzi ho contribuito alla nascita dell'Avo di Cuneo, dove risiedevo.

Dal 1986, trasferitami a Bra, ho iniziato a mettere il seme per dare vita all'Avo che qui non esisteva ancora.

E' stato un po' faticoso contrastare l'abitudine all'assistenza a pagamento, ma nel 1994 finalmente è stato fatto l'atto costitutivo, e grazie alla convenzione con l'Asl, abbiamo a disposizione il locale all'interno stesso dell'ospedale, molto utile ai fini dell'assistenza.”

“Che genere di servizio offrite?” “Soprattutto l'ascolto, e, grazie ai corsi di formazione, siamo disponibili nei reparti dove le capo-i sala ci segnalano casi di particolare necessità.

Come ho già detto, un sostegno come quello del parente a chi il parente non ce l'ha.

Ma, sia ben chiaro, mai, sostituiamo il personale ospedaliero.”

Non è stato semplice vincere la diffidenza del paziente che rifiutava il nostro aiuto e metteva le mani avanti: “Io non posso pagare” e ancora qualcuno, che sorpreso e incredulo chiedeva: “ma chi vi paga?”.

Il malato non deve sentirsi abbandonato e se è povero e solo, è ancora più solo.”

“In che occasione hai deciso di aderire all'Avo?” “ Quando ho seguito mia mamma all'Istituto di Tumori a Napoli, polo di ricovero per tutto il sud, con pazienti provenienti da tutte le città.

Mi sono resa conto che i malati una volta entrati in ospedale sono soli.

Il personale si fa già in quattro, ma non ha il tempo di seguire e provvedere a quelle piccole necessità e soprattutto di fare compagnia.”

“Cosa spinge il volontario a donare del suo tempo?” “Può sembrare un sacrificio, ma non lo è. Impegnare un briciolo del tuo tempo per qualcuno che ha bisogno e che in quel momento ha problemi che tu non hai, ti fa davvero sentire bene.”

Se vi capiterà prima o poi di percorrere i corridoi degli ospedali, è bene sapere che sono 246 le Avo attive sul territorio nazionale.

Li riconoscerete quei volontari dai camici, in Piemonte azzurri, in altre regioni bianchi, che, gratuitamente, e mai invadenti si avvicinano ai pazienti.

A chiunque, afflitto da sofferenza e solitudine, è di conforto un sorriso, una parola buona per alleggerire momenti difficili.

A chi sia colto dal desiderio di condividere l'esperienza dell'Avo, non resta che entrare in una delle sue sedi.

Perchè, tra persone sensibili, il virus dell'amore verso il nostro prossimo è contagioso e di volontari ce n'è un grande bisogno.

Fiorella Avalle Nemolis

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