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Monviso, i rilievi dell'Arpa mostrano la crisi del ghiaccio perenne e come siano possibili altre frane

MONTAGNA

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Il 26 dicembre scorso, un settore della parete nordest del Monviso, posto circa 200 metri a sudest del Canalone Coolidge, è stato interessato da un crollo in massa di grandi dimensioni. Il distacco si è verificato alla sommità del Torrione del Sucai, indicativamente alla quota di 3200 metri s.l.m. e si è sviluppato fino circa a quota 2800 metri; l'ampiezza della fascia rocciosa coinvolta è di circa 45-55 metri. Il materiale crollato, dopo aver percorso il canale sottostante il torrione, si è distribuito sul cono detritico preesistente tra le quote di 2650 e 2520 metri.

Sulla base dei parametri dimensionali stimati è plausibile ritenere che il fenomeno abbia mobilizzato circa 200.000 metri cubi di roccia e che i blocchi di maggiori dimensioni, distribuiti sul bordo inferiore dell’accumulo, raggiungano dimensioni di 150-250 metri cubi. Il settore di parete dove si è sviluppata la frana aveva già dato segnali di attività nel passato, come testimoniano i numerosi blocchi di grandi dimensioni presenti alla sua base; in particolare, dal confronto tra le fotografie aeree, si osserva un netto aumento dei massi nel periodo successivo al 2010.

Tenendo conto della quota e dell'esposizione del settore di parete crollato, si può ipotizzare che, oltre alla fratturazione della roccia, la degradazione del permafrost abbia rivestito un ruolo determinante nell'innesco del processo. L’8 gennaio scorso i tecnici Arpa hanno effettuato un sopralluogo che ha permesso di perimetrare con precisione il bordo inferiore dell’accumulo e di effettuare riprese fotografiche della parete interessata dal crollo; dal confronto con immagini precedenti è stato possibile delimitare la porzione rocciosa crollata.

Nel corso del sopralluogo e ancora nei giorni successivi si è constatata una residua attività della zona con crolli di piccole dimensioni. Considerata la marcata fratturazione dell’ammasso roccioso è probabile che la parete non abbia ancora raggiunto un equilibrio e quindi che siano ancora possibili fenomeni importanti di frana.

(Testo e foto tratti dal sito di Arpa Piemonte. Nella prima immagine la parete interessata dal crollo, poi la porzione rocciosa crollata)

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