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La vicenda di Eitan come anni fa quella del bimbo di Cuneo richiede il rispetto della loro volontà

CUNEO

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PIERCARLO BARALE - Negli anni ’80 del secolo scorso, a Cuneo, si verificò un caso di sottrazione di minore da parte del padre, che lo portò con sé in Francia, probabilmente nel cofano dell’auto, raggiungendo Nizza attraverso il Tenda. Seguii la vicenda affidata dalla madre a un mio collega di studio, mentre il padre venne assistito da un altro avvocato. Il bimbo era stato affidato alla madre, italiana, nel corso del giudizio di separazione avanti il nostro tribunale. Il padre, francese e colà residente, poteva vederlo e tenerlo con sé settimanalmente per l’intero pomeriggio, con l’obbligo di riconsegnarlo per la cena. Tutto andò secondo le disposizioni per alcuni mesi, mentre il giudizio di separazione iniziato dalla madre, procedeva. Un pomeriggio, il padre contravvenne al disposto e portò con sé, a Nizza, il minore di circa sette anni. La madre si rivolse subito al collega, venne segnalata la violazione, ma nulla poté essere fatto per modificare l’accaduto.

Tra i coniugi la situazione pregressa a tale fatto era molto particolare. Avevano ottenuto in Francia quello che veniva allora definito "divorzio consensuale", al quale si poteva addivenire trascorsi pochi anni di matrimonio, senza farlo precedere, come invece dettava la nostra legislazione, dalla separazione coniugale. In forza di tale divorzio l’affidamento del minore era stato deciso per il padre - un po’ di sciovinismo non manca mai - con facoltà della madre di tenerlo con sé un giorno alla settimana, ovviamente a Nizza. Dopo il divorzio, la madre si era trasferita a Cuneo, utilizzando comunque la facoltà di vedere settimanalmente il minore a Nizza.

Il divorzio francese non era trascrivibile in Italia, in quanto contrastante con la nostra legislazione. La madre, cittadina italiana, aveva deciso di chiedere la separazione al tribunale di Cuneo. Nel corso di tale giudizio, l’affidamento del minore era stato deciso a favore della stessa. Il padre, con la sottrazione del minore affidatogli dal divorzio francese, riteneva di aver dato attuazione al dettato del tribunale di Nizza. Secondo l’ordinanza del giudice, l’affidamento era invece in capo alla madre, con la residenza in Italia presso la madre medesima.

Con il rapimento, il padre aveva sottratto il minore all’affidataria che lo custodiva legalmente. Aveva usato un metodo illecito, concretante il reato di sequestro di persona. Egli affermò di averlo fatto in forza dell’affidamento del piccolo, come stabilito dal tribunale di Nizza. La situazione, per alcuni mesi, fu di totale stallo. Non si attivò il ministero degli esteri e neppure vennero richiesti provvedimenti giudiziari e cautelari, fatta eccezione per l’immediata informativa al Tribunale di Cuneo, richiedendo la modifica alle condizioni della separazione.

La situazione si risolse ad opera della madre - affidataria in Italia del minore ed autorizzata in Francia a vederlo e tenerlo con sé ogni settimana. Pretese di esercitare tale diritto, parendo rassegnata al sequestro operato dal marito. Si recò a Nizza, prelevò il figlio per il pomeriggio, ma non lo riportò più al marito. Poco più di un’ora dopo, con il minore, attraversò il Tenda e ritornò a Cuneo. Non è stato accertato se il piccolo viaggiò come passeggero oppure nel baule. Il giudice modificò l’affidamento del minore, confermato alla madre, limitando però al padre le visite settimanali, da svolgersi nel domicilio materno alla presenza di un familiare.

Il bimbo venne sentito dal giudice, con l’assistenza di psicologo. Si verificò il buon andamento degli studi, il rapporto con i compagni e l’insegnante. Si accertò che la decisione era gradita al minore, molto affezionato alla madre ed assai poco al padre che lo aveva sottratto alla scuola, ai compagni, alla maestra. Tornò con gioia a tale modalità di vita. La situazione del piccolo Eitan, rapito dal nonno e portato in Israele, in violazione dell’affidamento disposto dal tribunale, assume, per la pubblicità conseguente alla tragicità dell’evento originario dello schianto della cabina teleferica e la morte della sua intera famiglia, la veste di questione di carattere internazionale. Si profila un contrasto tra lo Stato italiano ed Israele. Pare che il primo chiederà l’intervento del secondo, affinché il minore venga immediatamente restituito. Le rispettive famiglie minacciano liti infinite. Il minore avrebbe bisogno di tranquillità, non di colpi di testa, a partire da quello del nonno rapitore.

Talvolta un falso affetto - in realtà si tratta di egoismo - di persone vicine ai minori rimasti orfani e traumatizzati produce risultati irreparabili proprio a coloro che dovrebbero essere rispettati. Occorre talvolta rinunciare alla loro desiderata vicinanza. La vicenda cuneese che ho ricordato non aveva avuto la spettacolarizzazione della lite familiare ed era stata risolta con grande discrezione e rispetto dell’effettiva volontà del minore. Per Eitan viene annunciato l’ingaggio di un famoso avvocato israeliano in difesa del rapimento, eseguito dal nonno probabilmente con il concorso di altre persone a lui vicine e di chi si è occupato dei voli aerei. Per i mezzi di informazione, la vicenda promette una lunga messe di articoli e di interviste, con successi di vendita e audience, per l’interesse provocato dai fatti eccezionali ed insoliti.

In questo bailamme familiare non sono estranei interessi milionari per il risarcimento spettante al minore per la perdita dell’intera famiglia e la possibilità di gestire tali importi fino alla maggiore età. Delle conseguenze che il minore andrà a patire e portare con sé per tutta la vita, pare che non vi sia molta attenzione. Così come dell’esigenza di tranquillità e linearità della vita che la situazione richiede. Il minore probabilmente soffrirà della sindrome del sopravvissuto, che colpisce chi rimane in vita, mentre l’intera famiglia scompare in un attimo. L’hanno provata molti reduci dai campi di sterminio.

Piercarlo Barale

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