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"I bambini e la Shoah" a Saluzzo: musica, gesti, disegni e silenzi che raccontano storie

SALUZZO

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"Le classi 2° B e V Ginnasio del liceo "Bodoni" di Saluzzo, in provincia di Cuneo, nell’ambito delle celebrazioni per il Giorno della Memoria, hanno preso parte allo spettacolo intitolato "I bambini e la Shoah" che si è tenuto al teatro Magda Olivero di Saluzzo, a cura del gruppo teatrale "Gli Instabili di Torino" in collaborazione con l'associazione "Monginevro Cultura". Lo scopo era di far conoscere da vicino ai giovani questo tema, i cui eventi, nonostante si siano svolti oltre settant'anni fa, continuano a far parte della quotidianità odierna. Ancora oggi troviamo tristemente casi di antisemitismo e razzismo che devono cessare. La rappresentazione era suddivisa in due momenti che si intrecciavano: uno musicale e uno recitato, entrambi accompagnati da disegni proiettati su un grande schermo fatti da bambini nei campi di concentramento.

Il momento musicale comprendeva brani del cantautore Giuseppe Novaira, i quali riflettevano sulle favole e sul gioco, le sole cose che dovrebbero accumunare tutti i bambini, alcuni dei quali furono al contrario tristemente avvicinati dal vedere i lager e sentire parlare delle persecuzioni, delle delazioni, dei "cattivi", delle bombe e soprattutto della diffusa paura. A questo momento si alternava quello che corrispondeva a letture da parte del gruppo teatrale “Gli instabili di Torino” di alcuni diari di uomini e donne che riuscirono a scampare alle persecuzioni nascondendosi o addirittura cambiando il proprio modo di vivere e l’identità.

I narratori di questi fatti, alcuni dei quali hanno partecipato allo spettacolo, al tempo della guerra e della persecuzione non erano altro che semplici bambini di età inferiore agli otto anni, per cui i diari erano scritti in modo semplice da cui trasparivano nitidamente i loro sentimenti, le loro emozioni, spesso manifestando una certa incomprensione per ciò che stava accadendo attorno a loro e per gli effetti che ne subivano. La più totale inconsapevolezza non delineava solo i profili dei giovani ma anche quelli degli adulti i quali non si sentivano in pericolo, credendo sempre che non sarebbero stati interessati da esso, sbagliandosi.

Ognuno di loro raccontava la propria storia e quella della propria famiglia, dei genitori licenziati dai loro posti di lavoro (come gli insegnanti che di punto in bianco non poterono nemmeno più recuperare i loro beni personali, per l’eccesso di zelo del Preside) e addirittura un nonno messo in congedo dall'esercito dopo anni di onorevole servizio reso alla patria con distintivi che ne confermavano il valore, i bambini stessi umiliati nelle scuole e mandati fuori dalle aule. E questo fu solo l'inizio, il peggio arrivò dopo con l'entrata in guerra dell'Italia nel '40 quando iniziarono i bombardamenti, e le bombe che non fanno alcuna distinzione tra bambini, donne o uomini, semplicemente vengono sganciate anche da coloro che i perseguitati consideravano i “buoni”, i quali pensavano di vedere nemici anche nelle località più improbabili.

Uno dei bambini ha raccontato che una sera suonò l'allarme e così la maggior parte dei paesani scesero nel rifugio, dopo che la bomba venne fatta cadere, dopo il momento di silenzio surreale in cui si cerca di capire se si è ancora vivi o no era cessato, scoprirono che il palazzo davanti a casa loro, dove abitavano alcuni compagni di gioco del piccolo, con cui aveva fatto una partita di calcetto quel pomeriggio stesso, era andato completamente distrutto e tutte le persone che vi erano dentro erano morte. Questo è solo una delle storie raccontate, in quelle pagine sono narrate fughe tra i monti o su vecchi camioncini, fanciulli che videro i loro genitori piangere per la disperazione in preda al panico riguardo all’avvenire o ridere e urlare di gioia al momento della fine della guerra e della liberazione, videro partigiani combattere, fare razzie, uccidere e essere uccisi, videro i propri animali presi dai nemici, videro persone che misero in pericolo la propria vita per salvare quella delle persone care e non solo, anche di persone che non si conoscevano ma che si sapeva fossero senza colpa, sentirono di bambini entrati in contatto con il nemico stesso, ad esempio, come citato nello spettacolo, un soldato tedesco andava sempre in chiesa e fissava un bambino (ebreo), che si fingeva il nipote di un prete detto Don Cirillo, solo perchè notava una somiglianza tra di esso e il figlio che aveva perso.

Le storie che ci sono state presentate non parlano di campi di sterminio o di torture violente, parlano di cosa significhi lasciare ciò in cui si è nati, quel posto che noi tutti chiamiamo casa, che dà una sicurezza, una protezione, per avventurarsi nell'ignoto temendo cosa possa succedere il giorno successivo. Per questo quello che è successo a loro non va dimenticato, nessuno dovrebbe vivere ciò che hanno vissuto questi ragazzi che crescendo hanno acquisito la consapevolezza che le loro esperienze per quanto difficili possono insegnare qualcosa a tutti noi e da esse bisogna andare avanti e continuare a vivere come hanno fatto loro. Il mondo intero deve ringraziare i sopravvissuti che nonostante le atroci emozioni, che anche solo il più pallido ricordo può creare nel cuore dove la ferita è grossa e sempre fresca, ricordino e raccontino le loro esperienze con schiettezza, semplicità e occhi velati, puri. La cosa più importante è che trasmettano il tutto a noi giovani che porteremo nel cuore le testimonianze e non lasceremo che andando avanti con gli anni si dimentichino queste atrocità".

“Non penso a tutta la miseria, ma alla bellezza che rimane ancora”. Anna Frank

Chiara Boccardo e Artemis Ferraresso - V Ginnasio liceo "Bodoni" Saluzzo

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