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Gli alberi di Boves come la rosa del Piccolo Principe: "Da accudire e onorare"

CUNEO

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"Chi ha letto il Piccolo Principe ricorderà l'amore per la sua unica rosa: l’accudiva, le parlava, la riparava dai venti con una campana di vetro...

Il grande olmo, vissuto tra il quattordicesimo secolo e gli anni Trenta di quello passato, che svettava nella piazza davanti alla Parrocchiale di Boves (Cuneo) dedicatagli, unico, può essere visto come la rosa del Piccolo Principe. Simbolo amato della comunità, testimone di secoli di vicende locali, eventi eccezionali e vita quotidiana (mercati e fiere, battesimi e funerali, amori e dolori).

Almeno due "giovani" hanno provato a sostituire il vecchio olmo (taluni ricercatori ne contano ben nove), senza riuscirci. Poi, negli anni Ottanta (piantato il 29 marzo 1984), si è pensato ad un carpino bianco, albero forte, con bella chioma e ottime possibilità di sopravvivere. Potato spietatamente, addobbato come un qualsiasi abete rosso, umiliato in ogni modo, non più presentabile, nei mesi scorsi è stato rimosso e sostituito da un faggio.

Albero degnissimo, molto resistente, si può ipotizzare che i suoi antichi fratelli siano stati di ispirazione per i costruttori delle grandi cattedrali gotiche. Alcuni, con tronchi grandi come colonne, monumenti alla vita montana, vivevano sui terreni demaniali nella zona tra Ronchi e Ceresole, a San Giacomo, sulle pendici della Bisalta.

Piazza dell’Olmo è stata, sino al Dopoguerra, piazza Vittorio Emanuele II, padre della Patria. Tanti nomi di vie e piazze cambiano, si adeguano ai tempi, alle fortune politiche. Mai si è pensato di far diventare lo spazio davanti alla Parrocchiale "piazza del Carpino".

Oggi viene vista come una "provocazione", o, per ben che vada, una battuta di spirito, la richiesta di modificare la definizione di piazza dell’Olmo in "piazza del faggio". Mai era stata presa in considerazione l’idea di chiamarla "piazza del carpino" (molti visitatori e bovesani erano convinti che la pianta fosse, effettivamente, un olmo, del resto).

Invece è una decisione per cui ci vuole coraggio, comprensibilmente, ma sarebbe ridicolo e poco rispettoso non farlo. È in corso l’annunciato progetto di riqualificazione delle piazze centrali bovesane. In piazza Italia sono stati piantati ben trenta gelsi (nella foto), i «murè», le piante le cui foglie alimentavano i bachi da seta sino all’arrivo delle fibre sintetiche, una delle principali risorse locali.

Condivisibilissima è l’idea di ricoprire il "vestito della domenica" con fronde antiche, atte a fare memoria: il ricordo delle dodici filande censite nel 1807, periodo napoleonico, con le cronache che narrano come si allevassero bachi già nel 1777 (anno della dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America).

Nelle filande lavoravano mille persone, quasi tutte donne, le nostre antenate, per 14-15 ore al giorno. Diverse di loro, in ambienti malsani, si sono ammalate, e morte, di tubercolosi. Ad esse, con targhetta, andrebbe dedicato, con targhetta, ogni gelso, in piazza e sulle rotonde della periferia.

Alle persone, come agli alberi, servono un po’ di interesse e di rispetto...".

Sandro Dutto "Dutu"

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